Giovanna di quarant’anni ha ricevuto una lettera, ossia un lungo messaggio mail nel quale Luciano, uomo sposato di quarantaquattro anni, le scrive annunciandole che non ha più intenzione di continuare la loro storia perché sua moglie essendone venuta a conoscenza e sentendosi fortemente tradita, sta decidendo di rompere il matrimonio. Luciano per varie ragioni, tra le quali anche economiche, non è pronto ad accettare tale divorzio e preferisce che la storia con Giovanna si fermi dove è arrivata. E’ stata bella è durata sei anni, ma ora deve finire per tutti e due, e pensa che sia meglio in tal modo per entrambi.
Si tratta di una catastrofe che fa sentire a Giovanna un senso di perdita d’identità, e si può ipotizzare che derivi anche dal suo stesso passato.
Non è il caso di prendere in considerazione il comportamento disgustoso di Luciano e la mal riposta fiducia in lui che deriva dall’ingenuità di Giovanna.
Nella mia esperienza, due ipotesi si potrebbero prendere in considerazione per partecipare a una sofferenza enorme che invade le persone che, oltre a psico-somatizzare l’esperienza, potrebbero commettere atti irreversibili come il suicidio.
La famiglia nel primo caso, nel suo insieme, non avrebbe offerto sufficiente sicurezza e fiducia di base in se stessi, per cui il futuro appare impossibile da affrontare, nella condizione abbandonica che prevale con sentimenti di sentirsi tanto soli, quanto piccoli e indifesi.
Sono perduta/o e non credo, né posso farcela da sola/o nella mia vita di domani.
In molti casi, le persone sofferenti si sentono figli non desiderati, non considerati e naturalmente non amati. L’insicurezza o immaturità dei genitori trasmette un tipo di messaggio ai figli che consiste nel far sentire che loro sono al mondo per sbaglio. Non sono considerati, ascoltati e protetti. I figli si sentono indegni, come se camminassero in un terreno che assomiglia alle sabbie mobili o che crolla a causa di un terremoto. Si percepiscono quindi inadeguati per vivere una loro vita autonoma. Loro non hanno ricavato alcun modello da imitare con identificarsi, e pertanto l’insicurezza domina nella loro vita incontrastata. La persona alla quale si legano e dalla quale, dipendono inevitabilmente, in modo assoluto, costituisce inconsciamente, la nuova famiglia fantasma che per loro, mai é veramente esistita.
Donne e uomini possono trovarsi in tale disperata situazione. Vivono solo per non perdere il partner, mai per se stessi, ma solo per l’altro.
Non riescono ad avere un pensiero progettuale che implicherebbe una certa autonomia perché le persone non riescono a percepire lo spazio psichico per organizzare il loro pensiero, ma si sentono stretti da un bisogno tanto forte quanto incombente per consentirsi la propria esistenza.
La seconda ipotesi non riguarda una famiglia assente, ma al contrario, genitori troppo presenti, in particolare una madre iper-prottettiva.
Quella che si chiama strange situation, cioè una situazione incoerente, fatta da parte materna di affermazioni e negazioni, di consenso e di svalutazione, di contraddizione permanente in base alla personalità e al carattere che fa sentire la bambina-bambino all’interno di un mondo insicuro che si sfalda, surreale e confuso. Il mondo psichico appare quindi inconsistente, nonostante il forte bisogno, in particolar della madre di essere addosso ai figli bambini, cioè di controllare la situazione della famiglia per confermare di essere madre protagonista, donna importante e di contare come madre.
J Lacan, psicoanalista francese, offriva un’immagine metaforica assai pregnante:
noi esseri umani con-viviamo con un’essenza d’immagine materna arcaica con la quale nasciamo che rimane interiorizzata e la sentiamo sempre come dietro le nostre spalle, sempre con noi come un fantasma.
La metafora che egli usa immagina una femmina di coccodrillo che scorre nel fiume con dentro alla bocca che tiene spalancata, il figlio appena nato, forse per proteggerlo dagli altri coccodrilli che come mostri primordiali non si fanno scrupolo di mangiare i propri simili anche della stessa specie se sono affamati. Il coccodrillo rappresenta quindi un’immagina assai inquietante perché arcaica e imprevedibile perché dominata dagli istinti incontrollati.
A un certo punto, secondo la metafora lacaniana, la madre-coccodrillo, chiude la sua bocca e mangia il proprio figlio. Forse era stanca di tenerla aperta, forse aveva fame?
In questa seconda ipotesi, immaginiamo una madre tanto primitiva quanto persecutoria e minacciosa, che è sempre giudicante e svalorizzante. La sicurezza di averla con sé dalla propria parte non è mai certa.
In questa considerazione, traspare l’illusione di una figlia ingenua e ingannata da una madre che sembrava protettiva, ma era stata solo iper-ansiosa che quindi non sapeva mantenere le promesse di costanza e autentico amore.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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bello! il rapporto tra ansia e amore…daniela
Comprendo profondamente entrambe le ipotesi e probabilmente insieme sono un cocktail rilevante emotivamente, la scelta di intraprendere una relazione tanto precaria, a mio parere, quale descritta, però, racconta forse quanto si può essere artefici inconsapevoli delle proprie vicende sentimentali e quindi poi, forse, riconoscendolo, protagoniste di un copione nuovo e personale?
Raffaella