Molti genitori spesso mi chiedono come si dovrebbero comportare con i propri figli di fronte a diversi disagi che provano sia i figli sia, di conseguenza, anche i genitori.
La domanda che di per sé, potrebbe sembrare lecita, indica non solo l’impotenza della famiglia nel trattare figli sconclusionati, svogliati, annoiati, oppure che abusano di stupefacenti in modo più o meno, serio, che rischiano guai con la giustizia, ecc.
In questi casi, mi metto in posizione d’ascolto con molta attenzione e la mia risposta tiene conto della personalità dei singoli genitori, poi della loro interazione con i figli e mi accorgo che madre e padre ingenuamente s’illudono che esista una soluzione standard, stereotipata per educare bene. Fanno riferimento all’esperto psicologo, allo psicoterapeuta come se fosse un avvocato cioè conoscesse a memoria un manuale fatto di regole, leggi precise da seguire e che loro genitori non conoscono perché ignorano le basi della psicologia educativa.
Non è in realtà così. Il buon senso rimane sempre l’ancora di salvezza per trovare l’atteggiamento più adatto, più sano. Certo che il buon senso deriva anche dalla conoscenza e dall’esperienza professionale: allora che fare?
Certamente è bene rendersi conto che i figli, come i genitori, come tutte le persone che vivono nella nostra epoca, si trovano socialmente in un pianeta costituito da società schizofreniche, società dense di vuoti di potere, di contraddizioni e incoerenze, di opposti e conflitto che promettono di non poter, né contarci né affidarsi. La politica è spesso deludente perché in molti casi i politici cercano la poltrona e di mantenerla, ma non usano il loro potere per il bene della gente.
Le battaglie politiche in altre parole, deludono perché i cittadini percepiscono che alcuni politici non si stanno autenticamente occupando dei cittadini, ma più di se stessi.
Il senso di vuoto psichico, il vuoto di riferimenti quelli che motivano e appassionano è mancante. L’iper-protezionismo dei genitori, più frequentemente da parte materna, invece non manca.
L’eccessiva presenza così come proteggere in eccesso, stare addosso ai figli può essere un atteggiamento difensivo da parte dei genitori e può mascherare la loro insicurezza, cioè uno stato di ansia che indica che loro come genitori si sentono troppo responsabili e per questo motivo reagiscono diventando ingombranti, nel vietare o gratificare in eccesso. Tutta la famiglia sembra che non sappia che pesci prendere!
I genitori non assumono più comportamenti tradizionali e mi sembra che in famiglia domini il reverse playing, cioè quando la madre assume un ruolo che un tempo era tipico della figura paterna e viceversa. Questo è inevitabile per via di una continua trasformazione sociale delle mode e dei costumi, specialmente da parte delle donne che si evolvono continuamente, svolgendo compiti che appartenevano un tempo all’uomo e che lui spesso disconosciuto nelle sue capacità, non è in grado di mantenere con lo stesso impegno. Mi sembra che la flessibilità dei ruoli all’interno della famiglia possa funzionare bene, se alcuni cambiamenti non sono avvertiti come conflitti, né come competizione.
I figli percepiscono le ansie sotterranee dei genitori e spesso ai loro occhi, padre e madre perdono credibilità e autorevolezza, e così i ragazzi imparano ad approfittarne trasgredendo per protesta.
I figli in altre parole, non sentono una concretezza convincente alla quale riferirsi, ma percepiscono sempre più astrattezza nei valori e delle cose della vita.
La scuola dovrebbe motivare i giovani e costituire un riferimento educativo funzionante, proprio quando collabora con una famiglia, quando interagisce seguendo un modello che enfatizza alcuni valori, dignità e amor proprio.
Mi sembra che dagli anni di contestazione giovanile le ideologie hanno nel tentativo di liberalizzare le gabbie culturali del passato, abbiano prodotto modelli educativi molto permissivi che non vietano nulla e che è concesso dare del tu a tutti senza distinzione. Tale tendenza democratica di uguaglianza sarebbe bella, interessante e liberatoria, poi offrirebbe fratellanza e lealtà se non fosse che tale modalità si è diffusa per altri motivi.
Le persone di mezza età, i genitori stessi, sono contenti quando si sentono amici dei figli e dei più giovani. Si percepiscono ringiovaniti, sportivi, interessanti e divertenti a se stessi, vivi e vitali, senza più età.
I giovani si sentono più adulti di quel che in realtà sono, possono immaginare di godere la vita più liberamente contando su apparenti amici più potenti, generosi perché in debito verso i più giovani e grati a loro per essere stati donati di giovanilismo.
Rimane un grosso problema. I genitori sono scomparsi!
E i figli a chi si rivolgono per ottenere modelli convincenti?
Penso che non sia solo il caso di rintrodurre socialmente regole e oppressioni varie, ma di rispettare e di ascoltare le oggettive difficoltà psicologiche e materiali che i giovani adolescenti incontrano nella loro vita. Mettersi nei loro panni non è facile, ma necessario. Aiutare a elaborare gli enormi cambiamenti sociali e psichici può essere la nuova educazione. Ogni anno che cresce negli adolescenti, produce una nuova generazione, di mode, di apparenti punti di riferimento, perché il mondo corre molto più in fretta di nemmeno tanti anni fa’. Il cambiamento dovuto alla globalizzazione rivoluziona l’economia, le lingue, il gergo linguistico, ma soprattutto, la comunicazione elettronica alimenta il cambiamento continuo e quindi tutto ciò che ne consegue. L’immigrazione è si potenzialmente ricchezza, ma porta con sé uno sforzo adattivo da parte di tutti che non sempre é facilmente assimilabile da alcuni.
La distinzione, la differenziazione nella nostra società è penalizzata perché vige la con-fusione.
La famiglia fa molta fatica a trovare il modo più conforme per aiutare i propri figli, perché non ci sono, come dicevo, regole generali, ma tutto è diventato più soggettivo e i genitori si sentono soli! Si sentono isolati, perché non possono imitare nessuno, perché tutti hanno da gestire altri problemi differenti dai loro: divorzi, amanti , figli di altri, adozioni, separazioni in casa , di fatto, ecc
Ci si difende in estremo con il disperato individualismo, ma sembra prevalere il conformismo povero e il rischio sempre maggiore di un appiattimento psichico.
Dobbiamo impedirlo!
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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In realtà, per quanto mi riguarda, posso solo riportare esempi: frequentando amici genitori coetanei ed anche figli adolescenti e un pò più cresciuti: l’educazione come ascolto dell’altro e la difinizione di alcune regole cioè punti di riferimento anche all’interno del confronto generazionale vengono a volte, probabilmente inconsapevolmente, schernite da una finta “spavalderia” che cela timore sia da parte dei figli che dei genitori.
Mi chiedo se un primo passo possa essere, da parte dei genitori, avere un po’ meno paura delle proprie fragilità: in altre parole, potersi guardare in uno specchio dove si rifletta anche il presente?
Raffaella