Dipendenza da antidolorifici

Dipendenza da antidolorifici

Negli USA i painkiller, gli ammazza dolore, sono potenti farmaci prescritti ai malati oncologici, a chi soffre di dolori cronici insopportabili. Il fatto è che spesso anche i malati non oncologici ottengono prescrizioni mediche per ceti farmaci, non solo per debellare un dolore dovuto a qualche lesione din seguito a fratture dolorose, ma anche per certe emicranie e a cefalea aurea che può essere effettivamente assai dolorosa.

L’abitudine di assumere antidolorifici, molto spesso, in seguito, viene mantenuta e così si genera una dipendenza pericolosa che può ia causa di alcuni sovradosaggi in concomitanza di un fisico stressato e indebolito portare al collasso cardiocircolatorio come nel caso di alcuni noti artisti come Michael Jacson, , Heath Ledger, Anna Nicole Smith, Prince.

I principi attivi dei painkiller sono generalmente l’ossicodone e l’idrocodone, ma anche tanti altri.

Sono riportati dati che ci allarmano perché sappiamo che alcune prescrizioni mediche di potentissimi analgesici sono assunti per qualunque inconveniente doloroso fisicamente; tutte queste prescrizioni sono spesso dovute medici non ospedalieri che corteggiati da ricche signore e uomini molto facoltosi, desiderano sentirsi sempre benissimo.

Alcuni farmacisti, sono facilmente derubati e i ladri rapinano su commissione. Le drugstore spesso sono costrette a scrivere: non vendiamo painkiller. La Food and Drug Administration, cerca di fermare la produzione di ossicodone, ma spesso con scarso successo.

Anche in Europa ci sono forti segnali di aumento di ricette per questi medicinali. Molti farmaci sono comperati via internet e non riportano alcuna garanzia per las alute.

Dobbiamo considerare l’abuso di altri Paesi europei inclusa Italia, dove in genere i prodotti da banco che sono a base di Iboprofene vengono usati continuamente. La tendenza in alcune persone è quella di orientarsi verso qualche antidolorifico molto più pesante, senza che in alcuni casi, ci sia una vera necessità. Sappiamo dai dati statistici che il numero delle confezioni di oppioide è salito del 30%.

I farmaci potenti, seppur prescritti, possono danneggiare, con la loro frequente assunzione, l’organismo, anche se in alcuni casi , certi farmaci a protezione del dolore vanno assolutamente prescritti.

In Italia, infatti, dobbiamo considerare che la terapia del dolore è scarsamente considerata, al contrario che in altri Paesi occidentali, anche se, come si diceva, in qualche caso, gli painkiller si diffondono con un consumo esagerato.

Gli adolescenti sono a rischio perché inseguono la filosofia del tutto e subito , cioè in questo caso con il preciso fine di sballare. C’è forse una diminuzione di droghe tradizionali, ma anche di nuove sostanze reclamizzate in rete. Si cerca con pochi soldi a disposizione di raggiungere ugualmente lo sballo. Si cerca calma e ottimismo artificiale. Nei giovani e on solo, la tossicodipendenza appare confusa. Esiste di tutto, il terreno è sempre fertile e non ne conosce le implicazioni etiche e sociali. Si scoprono e s’inventano sempre nuove drug alle quali si diventa dipendenti.

In una ricerca pubblicata recentemente su Neuropsychopharmacology, chi ha iniziato con l’ossicodone, ha 5 volte più probabilità di passare ad altre dipendenze rispetto a chi debutta con la cannabis. E questo è rischio, anche italiano.

Le organizzazioni criminali cercano di fidelizzare il cliente. Ciò può ottenersi provocando l’abuso di oppioidi inizialmente prescritti e legali, ma poi trasformandosi in veri e propri oppiacei che circolano con le droghe pesanti e illegali, come l’eroina fumata che è meno costosa e più accettabile socialmente.

 

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Un commento

  1. Raffaella Buttazzi

    Avendo vissuto a volte il dolore fisico sin da bambina, mi viene da dire che, forse, ho appreso come tollerare piuttosto bene la sofferenza senza cercare un sollievo immediato.

    Inoltre, in rapporto allo “sballo”. trovo triste dover cancellare una parte di sè per divertirsi

    Mi chiedo, poi, se un miglior rapporto a più livelli con una cultura della terapia del dolore possa in qualche modo far risaltare i legami tra malattia e tolleranza del dolore, arginando l’esperienza di una dipendenza che forse risponde ad altro?

    Raffaella

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