In molte occasioni, ho tentato di commentare le infinite modalità di esprimere i sentimenti e di rispondere a domande riguardo al sentimento di autentici sentimenti a riguardo di cosa si intende con amore in una relazione.
Considero le modalità d’amare talmente personali e soggettive da equivalere al numero delle persone che abitano il pianeta. In altre parole, l’amore è talmente composito da un complicatissimo intreccio di elementi di natura esperienziale, derivanti dal passato, che non può essere definito, se non volta per volta, cercando di identificarsi con il singolo soggetto.
Si può al massimo cercare di ritagliare atteggiamenti e sentimenti che si condividono per via di alcuni comuni denominatori.
Molti giovani sono convinti che l’amore sia identificabile con la passione che fa perdere la testa, cioè che induce a perdere il controllo e che magari, si possa controllare, ma la tendenza sarebbe di commettere follie per una persona amata. I protagonisti lo scrivono sui muri e ovunque, si auto-producono tatuaggi indelebili, perché si deve dichiarare la propria eccitazione amorosa al mondo intero. Tale amore che si chiamerebbe romantico, è spesso indotto in realtà dagli ormoni e ciò induce a ignorare la realtà dell’altro, cioè la persona che si crede di amare.
Frequentemente, segue a tale amore, delusione, la scoperta di lati del carattere e della personalità del partner che non piacciono ai soggetti coinvolti: quindi seguono espressioni di rabbia, disdegno e rifiuto.
Ci sono amori basati sul fascino del potere dell’altro che viene super stimato, iper-idealizzato , scambiando la persona amata per una sorta di padre, madre, entrambi onnipotenti, angeli custodi che non ci abbandoneranno mai e ci proteggeranno con il loro fascino per sempre.
In molti dei nostri pazienti emergono i bisogni che provengono dalle aree infantili che esprimono dipendenza, simbiosi reciproca. Spesso traspaiono nella relazione di coppia dall’amore iniziale, sentimenti sempre più ambivalenti, cioè amore misto a odio, insopportabilità, umiliazione, vergogna di se stessi, mancanza di autonomia e di sentimenti vendicativi.
Un senso di appartenenza reciproca è naturale, è sano, ma quando spunta nella relazione il bisogno arcaico di possesso assoluto dell’altro possono sorgere molti guai.
Tale possesso può facilmente far scivolare verso sentimenti di dominio dell’altro spesso incontrollato.
Il bambino anarchico che abita l’uomo o la donna adulta, cerca una pericolosa imposizione sull’altro che può indurre gradatamente a vendetta.
Ecco comparire, a causa dell’estremo senso di possesso, lo stalking che pur essendo da sempre esistito, non sembrava tanto pericoloso per le donne come oggi grazie anche alla visibilità attuale, nel senso che mai come in questi ultimi otto anni le donne sono state inseguite, perseguitate e controllate, minacciate e uccise.
Perché la criminalità del femminicidio è aumentata tanto?
Penso che il passaggio all’atto da parte dell’uomo, spesso ex-fidanzato e marito sia direttamente proporzionale all’indipendenza e autonomia della donna.
Tale padronanza culturale di per sé, più che legittima, provoca spesso nell’uomo una destabilizzazione psicologica e in qualche caso d’inaspettata sproporzione.
In alcuni uomini, si riattiva un’arcaica insicurezza, e un bisogno di recuperare ad ogni costo l’oggetto interiorizzato che si sta per perdere.
Si sente spesso che qualcuno, riferendosi alla moglie che lo aveva abbandonato rivolto a un interlocutore imprechi: ti ho persino sposata e poi ho avuto figli da te, per farti piacere non tollero di essere fregato da te e da quell’altro per nessuna ragione al mondo
La donna ingenuamente in alcuni casi, anche essendo ancora coinvolta sentimentalmente, ma decisa ad andarsene non può credere che il proprio fidanzato o marito possa essere così disturbato mentalmente, tanto da compiere una vendetta criminale, nel caso lei decidesse di lasciarlo.
Lei si accorge che nella coppia c’è qualcosa che non funziona e per questo, decide di separarsi dal fidanzato o marito, ma agisce perché si sente in pieno diritto, ormai consolidato da alcuni anni di potere agire tale personale convinzione dovuta da una disillusione e sofferenza nella convivenza. Lei percepisce che la sua vita non ha né più un obiettivo, né più un senso.
La giovane donna non conosce la storia del mondo psicologico maschile. Non ricorda le tracce che ancora sono insite in alcuni uomini sul bisogno di possesso di una femmina, erroneamente a livello inconscio, considerata forse una sorta di madre nelle sembianze di bambina.
Tale bambina, divenuta moglie , finalmente, può essere gestita e controllata dal marito con padronanza assoluta per l’eternità.
L’uomo criminale, quello che può vendicarsi uccidendo la sua compagna, tende ad alimentare la fantasia secondo la quale avrebbe vinto la sua battaglia per l’inconscio bisogno di dominio onnipotentemente.
Il marito cioè, consente al bimbo che sente bruciare in Sé, (a causa dell’angoscia derivante dal rischio di perder l’oggetto d’amore del quale ha l’illusione di avere il controllo assoluto), a agire per fondersi con l’oggetto che per lui é linfa vitale.
Per tale ragione incredibilmente frustrante, questi uomini si sentono violati nel Sé, e perdendo il controllo, uccidono portando con Sé, insieme alla morte della donna uccisa, anche l’identità ormai distrutta di Sé adulto.
Vediamo che alcuni di loro si sentono disperati e pensano di essere tanto umiliati a morte, quanto incapaci di vivere senza quel tipo di potere che è da loro considerato unicamente distintivo della loro identità vitale.
Questi uomini probabilmente mantengono l’eredità dei loro padri sul possesso della donna: sono quelli che oggi appelliamo come maschilisti, e che non hanno elaborato e assimilato il cambiamento che é avvenuto culturalmente e psicologicamente durante l’evoluzione del mondo femminile e, caso mai, lo considerano un fatto sociale tanto formale, quanto intellettualistico.
Tali accuse provocano in loro disprezzo infantile e sadico, quasi un tradimento della natura che si riversa contro di loro.
Le giovani donne spesso non sospettano tale dinamica psichica maschile e aderiscono alle promesse dei loro ex-compagni, sempre cercando di fidarsi della loro comprensione e onestà.
Alcuni segnali da parte di alcuni uomini mariti ecc, che sono vendicativi perché ispirati a un possesso assoluto della ex-compagna, dovrebbero innescare in loro una sorta di allarme e non di negazione e di perdono del partner.
Lo stalking spesso precede un comportamento sado-masochistico del vendicatore criminale ed è gia un indice che la donna non dovrebbe trascurare, anche se apparentemente l’uomo sembra promettere di non ripetere tali atti.
La battaglia contro il maschilismo possessivo comincia dall’educazione dei più giovani. Sin dalle scuole medie occorre parlare ai ragazzi con una tecnica psicologica che consenta di elaborare una cultura maschile che è cambiata negli anni e che non riconosce il possesso verso altri essere umani. La scuola non dovrebbe limitarsi a fare lezioni e fornire informazioni sui diritti e il rispetto delle donne, ma ricorrere a strategie educative rivolte ai maschi, verificando in modo indiretto quanto si è assorbito sui sentimenti e sull’amore.
L’essere padre-padrone, il nonnismo, il nepotismo, il mobbing, il vandalismo cittadino, ogni tipo di bullismo e infine la possessività malata hanno radici comuni di criminalità che, prima o poi, potrebbero manifestarsi in modo grave.
Se ad alcuni uomini capita di entrare in un tipo di ossessione, di possesso e di gelosia morbosa, quando lo stalking sta per diventare un bisogno e una compulsione, il consiglio è di cercare lo spazio psichico per rivolgersi a un professionista, evitando di mettersi allo scoperto per paura di mostrarsi deboli. Psicologi, psichiatri e professionisti potranno aiutare a elaborare molte loro sofferenze.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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A volte il cambiamento culturale auspicato è più complicato, forse, proprio perchè, mentre avviene, fa sentire impreparati ad accoglierlo.
Ad esempio, nelle scuole, ma anche in contesti sociali diversi, ciò che è psicologico: vale a dire l’emotività nelle sue diverse espressioni, non è abitualmente ascoltato, in diverse situazioni è quasi un qualcosa di più di cui gli insegnanti, a volte, si fanno carico.
Ho una amica che insegna alle medie italiano e mi racconta quanto spesso sia l’adolescenza degli allievi, sia a livello scolastico che familiare, ha caratterizzare la sua materia, ma sottolinea quanto sia un passaggio prezioso, poichè flessibile ed aperto ai cambiamenti, ma anche molto fragile: ci sono molte voci in gioco, anche l’amore in tutte le sue vesti: forse la cultura psicologica finisce per rappresentare i nostri interrogatvi e così diventa una difficile integrazione anche in ambito formativo?
Raffaella