La donna nei secoli, ha assunto una posizione subordinata all’uomo sebbene ai tempi di Roma antica, prima e dopo l’Impero, fosse la matrona, la padrona di casa , ma tenuta a osservare molti doveri che l’uomo le imponeva. Amata sì, ma solo a certe condizioni.
Quando si diffonde il cattolicesimo con i Vescovi e con le loro gerarchie, i loro dogmi si diffonde l’Istituzione cattolica in modo rigido, la subordinazione della donna all’uomo aumenta di molto. Questo avviene nel corso del IV secolo quando l’imperatore diventa anche papa.
Diciamo che sino al 1966 la posizione sociale della donna non migliora di molto in senso umano rispetto all’antico, medio, tardo medioevo, ma rimane sostanzialmente in posizione sociale e psicologica asimmetrica rispetto a quella dell’uomo. L’uomo rimane il Padre Padrone.
Negli anni settanta come tutti sappiamo, storicamente le lotte delle donne dalle quali l’espressione femminismo, riescono a cambiare molto faticosamente la posizione sociale e psicologica della donna portandola, da alcuni anni, a una posizione simmetrica rispetto all’uomo. L’indipendenza economica, la specifica sensibilità, l’intelligenza, la capacità di esprimere le emozioni e la sua corporeità consapevole, l’autenticità che scaturisce dalla sofferenza passata, la disinibizione sessuale contribuisce a un aumento dell’immagine complessiva di Sé e quindi di ottenere un miglioramento netto del rispetto sociale.
Naturalmente ben sappiamo che sto parlando di una tendenza generalizzata nel pianeta, ma tante sono ancora le donne costrette a subire molti soprusi a causa dell’antica supremazia e dominio dell’uomo e su questo punto, non mi dilungo. Due esempi: l’infibulazione e che a tutt’oggi continua ad essere praticata in alcuni Paesi e violenza sino al femminicidio.
Femminismo, femminicidio, maschilismo, omacismo, sono espressioni neologistiche inventate dalle donne quando la loro consapevolezza le ha portate a reagire alla loro condizione psicosociale e cioè a distinguere quel che della loro condizione sembrava scontato da una condizione nella quale ci possono essere invece pari opportunità e simmetria reciproca con l’uomo, come, infatti, sta avvenendo oggi.
L’uomo però in molti casi si trova smarrito e non è in grado di assumere una posizione autentica verso la donna perché in parte è spaventato e deprivato dei suoi tradizionali riferimenti. Troppi secoli sono passati sotto il ponte della storia!
Analogamente, molte donne che non hanno ben elaborato l’attuale condizione di parità con l’uomo che esse stesse hanno conquistato, continuano a sentirsi sottomesse e mantengono il loro rapporto di coppia come se fosse necessario subire e dimostrare il loro amore attraverso il sacrificio passivo che si eredita dal passato intriso di cattolicesimo che indica il sacrificio come principio d’amore.
La relazione d’amore dovrebbe essere sostenuta da complicità, stima reciproca della persona basata sulla sua sensibilità, intelligenza, fiducia, conoscenza di alcuni tratti della personalità in un’interazione fondata sulla reciprocità. In altre parole, l’amore non si fonda sul sacrificio sopportato per non deludere l’altro partner. Se invece si basa su tale passività da parte specialmente femminile, si accumula un’aggressività passiva che esplode o implode con l’andare del tempo rovinando la coppia. Gli esiti a volte sono appunto drammatici.
I sentimenti dovrebbero rivelarsi autentici ed espressi in base alla parità di condizioni nella relazione, cioè espressi spontaneamente e sentire l’assimetria, cioè il fatto che il partner si sacrifica per non deludere chi ha potere, dovrebbe far sentire solo un’umiliazione, perché tu sai di non essere amato per quel che sei, ma solo di essere temuto, dato che l’accondiscendenza ai tuoi desideri sono l’espressione di un sacrificio: vedi quel che faccio per te ? Vedi quanto ti amo ? Ma dietro questa sopportazione potrebbe nascondersi l’odio che prima o poi esploderà.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Personalmente non penso mi sarebbe possibile amare qualcuno ” attraverso un assimetrico sacrificio”, perchè mi chiederei che fine possa aver fatto il desiderio per entrambi.
Ritengo invece che alcune volte, anche nelle coppie che conosco, il “sacrificio” possa esere chiamato a colmare la difficoltà emotiva di scegliere.
Per esempio: un conoscente, alle soglie del divorzio, mi raccontava di come avesse da poco ripreso a coltivare le proprie passioni personali: viaggiare in motocicletta d’estate, frequentare gli amici, abbandonate, a suo dire, per non dispiacere, con la solitudine, la moglie: la sudditanza mi sembra palese, ma mi chiedo se entrambi i partners non avessero paura, sin dal principio, di scoprirsi ed essere soli?
Raffaella