Ogni giorno sentiamo notizie drammatiche che riguardano il femminicidio che ha raggiunto in Italia e nei Paesi occidentali un numero sterminato. Il maschicidio in Italia quasi non fa notizia perché è infinitamente inferiore come fenomeno criminale che riguarda il numero degli uomini uccisi da donne, mogli, sorelle, madri, confrontandolo con il numero delle donne che hanno subito la stessa delittuosa sorte.
Ricordo che queste denominazioni femminicidio e maschicidio sono neologismi recenti che normalmente si chiamano delitti o omicidi. L’enorme aumento di delitti verso le donne come ho già scritto di recente, ha proposto di analizzare il grave fenomeno battezzando un nome specifico nominalismo.
Il maschicidio contrapposto al femminicidio però esiste ed è in aumento ovunque. Le azioni omicide delle donne sono anche più crudeli rispetto a quelle dell’uomo compiuti verso le donne.
Si tratta quindi di delitti tenuti, nell’effetto che suscitano attraverso i media nella gente, quasi in ombra.
Il comun denominatore di questi delitti sembra a mio parere essere molto simile e cioè il possesso dell’altro partner che, si considera più o meno consapevolmente, di assoluta propria proprietà.
Le vicende che si alternano con alcune differenze, accadono e sono dovute a una radice comune, sia nella donna, sia dell’uomo e cioé quando uno dei due decide di separarsi dall’altro e l’altro non riesca ad accettare la separazione, ossia la perdita di ciò che crede gli appartenga.
Alcuni omicidi avvengono per impulso irrefrenabile, altri sono premeditati da tempo.
In alcuni casi, la persona assai debole, non può pensare di vivere la sua futura vita senza il partner sul quale ha sempre creduto di avere potere quasi assoluto, pertanto si vede deprivato, sia della persona, sia dello stesso presupposto potere, ritrovandosi davanti ad un’esistenza priva completamente di senso.
Mi sembra di veder una prevalenza di sentimenti profondi per alcuni aspetti che differenziano il genere maschile da quello femminile.
A parte la gelosia irrefrenabile che accomuna entrambi i generi si suppone che la persona prendendosi la propria libertà possa crearsi un’altra vita con un’altro partner e quindi la frustrazione che genera rabbia sminuisce il valore dell’omicida: l’uomo fantastica se lei mi lascia io divento niente e quindi debbo eliminarla così non sarò umiliato dalla derisione su di me rimasto solo e sconfitto.
Dalle confessioni della donna si potrebbe ricavare che fantasticasse così: mi ha fatto perdere parte della mia vita più importante, mi ha rubato la giovinezza e ora, lui si godrà tutto ciò che gli ho offerto con passione e pazienza, tutti gli insegnamenti che gli ho dato per migliorarlo come una mamma premurosa verso il suo bambino con un’altra. L’uccisione del partner non solo ha lo scopo, come nei delitti nell’uomo, di vivere per cancellare la storia del passato, ma anche di riprendersi indietro quanto si è donato a lui proprio attraverso la vendetta. E la vendetta può essere molto sottile e crudele.
Una vendetta sanguinosa che mostra la sofferenza fisica dell’uomo con il sangue, accoltellamento di parti intime, sfregio con l’acido e con il fuoco.
Le madri gravemente ansiose e iper-protettive a livello patologico, possono ingenerare potenti illusioni sia nell’uomo che nella donna, perché la fantasia del possesso dei figli è fortemente trasmesso e in primo piano nella mente degli omicidi. Tale fantasia non li abbandona mai.
Abusi sessuali consumati anche all’interno del mondo domestico, soprattutto nel maschio, ma violenze anche nella ragazzina, possono portare a disturbi dissociativi della personalità.
La cultura che è fortemente cambiata a proposito del concetto di possesso contribuisce molto a fare confusione delirante in alcuni momenti nella vita della coppia.
Insegnare dalle scuole elementari alcune differenze, per esempio, tra amore e rispetto come differenziazione dalla simbiosi fusionale che viene sentita nelle coppie come un bisogno dell’amore dovrebbe essere di grande aiuto alla società.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Stupita della rilevanza del maschicidio, che non pensavo diffuso a tale livello da determinare la nascita di un neologismo, rifletterei sull’idea che sembra alla base di questo gesto delittuoso: “il volersi riprendere ciò che si avverte di aver dato all’altro”.
Espresso in questi termini mi sembra richiamare più un rapporto asimmetrico simile ad una relazione genitoriale, dove regna un vissuto simbiotico, piottosto che una relazione di coppia tra due partners sullo stesso piano.
Da questo passaggio forse nasce un’ulteriore confusione?
Mi sembra, invece, centrale poter pensare, in coppia, di scambiare esperienze, vissuti, sentimenti, piuttosto che dare all’altro qualcosa di cui, forse, si cerca solo, emotivamente, di liberarsi, illudendosi di controllare così una parte di Sè?
Raffaella