Per ragioni connessi con la mia storia personale, non sono mai stato tifoso verso alcun sport.
Ho prediletto la pratica di alcune attività sportive come l’equitazione libera, perché amo sia i cavalli, sia la campagna e anche ho praticato il tiro con l’arco.
La maggioranza della gente, uomini e donne, seguono il calcio. Il tifo per questo sport, sappiamo che è molto diffuso. Alcune persone condividono simpatia l’uno per l’altro proprio per il fatto di essere tifosi per la stessa squadra e sviluppano con più facilità una collaborazione anche riguardo a alcuni lavori, tanto questo sport è appassionante. Conosciamo anche quanti investimenti economici vengono fatti in questo campo, e di conseguenza, purtroppo tante scommesse circolano nel mondo insieme anche a tanti inganni che s’accompagnano alle scommesse stesse.
Il tifo è la conseguenza di un’identificazione psicologica di una parte del soggetto, verso la squadra prediletta, e con alcuni giocatori, simbolo di abilità, professionalità, di grandezza e spesso entrambi, sono elevati a mito.
Esiste dunque per alcuni persone una sorta di religione dello sport, in particolare del calcio che rappresenta lo sport più diffuso, e la celebrazione relativa e consapevole di un dio che è l’equivalente del giocatore più celebrato e considerato un vincitore dalla squadra stessa.
Niente di male perché lo sport è di per sé, sano ed è per i giovani un’antagonista alle dipendenze compulsive patologiche che sono nocive alla salute psicologica, nonché il possibile evitamento dell’uso degli stupefacenti. Sotto tale aspetto, ben venga tale passione calcistica e anche il tifo.
Molti giovani padri però si rivolgono ai figli maschi promuovendo in loro la passione e anche il tifo che loro sperimentano per una squadra di calcio.
Come sostiene però Anna Ancona, Presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, l’identificazione dei padri con i figli piccoli potrebbe essere tale da incentivare una forte proiezione psicologica su di loro riguardo all’intenso bisogno di trovare negli stessi bambini anche una sorta di amici con i quali condividere la stesa passione per una squadra di calcio. Se questa passione corrispondesse a un bisogno inconscio del padre di contare sul figlio per condividere tale passione, potrebbe trasformarsi per il piccolo bambino in un dovere, quello di non deludere mai il padre e quindi cadendo in una dipendenza da esame.
I bambini si potrebbero caricare d’ansia, di paure di non essere all’altezza delle aspirazioni dei padri che a quel punto vivono i figli come una parte di se stessi anche nel tifo dello sport.
Umiliazioni, offese e tensioni possono essere pertanto il frutto di adulti che cercano rivincite personali attraverso i figli e dell’idea che l’eventuale sconfitta sia sempre responsabilità di qualcun altro ! sostiene la dott.ssa Ancona.
I bambini invece dovrebbero sentirsi liberi di appassionarsi per il desiderio di giocare a qualunque opportunità, magari presentata dai compagni di scegliere quel che più di confà a loro.
La scuola offre già tante regole e la necessità di sottomettersi a queste e anche qui, spesso i bambini temono di deludere padri e madri e quindi sopportano in tale contesto, un doppio esame: con gli insegnati e con i genitori.
Quello che il padre tifoso e in buona fede, convinto inconsciamente di far bene aumentando l’agonismo sportivo, nei figli maschi, non vede è il rischio di un rigonfiamento egosintonico e narcisistico.
Anziché anziché essere avviato al dialogo e all’ascolto, il bambino, senza se e senza ma, si convince della necessità di trasformarsi in un vincitore
Una possibile sconfitta sportiva potrebbe essere vissuta come un doloroso e frustrante fallimento personale .
Il bambino il suo egocentrismo e, come in molti casi già in precedenza citati in altri post, si trasforma in un forte perfezionismo all’interno di un immagine di Sé che è sempre sotto esame osservata da interlocutori interiorizzati che giudicano e criticano, se il bambino non è appare vincitore nella sua futura vita anche in altre situazioni.
Nulla, tale atteggiamento ha a che fare con la sana ambizione, ma solo con aspetti di natura narcisistica.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
__________________________________________
E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...