E’ una domanda che è sempre stata posta dagli esseri umani sin dall’inizio della storia dell’umanità.
Le risposte di oggi, in un mondo frenetico e infelice, possono confondersi tra eccitazione ipomaniacale e piacere costante, ottimismo, gratitudine, soddisfazione e capacità di amare in modo costruttivo.
Ho già scritto in altra occasione che noi siamo felici nell’attimo fuggente, nel carpe diem del qui e d’ora (hic et nunc) durante il quale, noi percepiamo di essere fortunati nel godere di una condizione di privilegio, di ricchezza interiore di fortuna di un guadagno aspettato o non aspettato.
Non sempre la felicità è goduta appieno. Qualcuno sperimenta di non meritarla e si vergogna come se fosse stato privilegiato,anche se in fondo è eccitato per ciò che è accaduto. Ci si mette un po’ di tempo prima di realizzare che è vero ciò che è accaduto, che c’è stata un’acquisizione concreta e che nessuno può portarcela via.
La felicità è un’emozione e non un sentimento. Mentre il sentimento positivo di buon umore riguarda uno stato costante d’animo che dura un periodo prolungato nel tempo, cioè riguarda uno stato di benessere, di buona salute che ci fa sentire in forma e vivaci, la felicità è un’emozione. L’emozione è molto istantanea, anche se certamente lascia in noi in genere uno strascico di altre emozioni e un buon stato d’animo.
Cosa interiormente accade in noi?
In realtà sperimentiamo un senso di riconoscimento della nostra identità, ossia del senso della nostra esistenza.
Dubitiamo di esserci guadagnati certi privilegi e così, di aver incontrato con fortuna certe persone e per questo, siamo stati riconosciuti e confermati da altri con un successo o attraverso una sorta di premio. Sentiamo di essere forse stai bravi e capaci, forse solo molto fortunati?
Chi ci protegge ha voluto essere generoso con noi! Spesso la fortuna si rivela dopo aver vinto un concorso o di essere saliti sul palco del successo che è prima avvertito da ciascuno in modo soggettivo e poi verifichiamo che é anche oggettivo. Abbiamo fatto bella figura quindi ci sentiamo amati, desiderati da qualcuno e in particolare riconosciuti nella nostra identità come qualcosa di nostro e di forte!
Da un punto di vista fisiologico, alcuni neurormoni entrano in circolo nell’organismo come la calcitonina, serotonina, endorfine, dopamina, acetilcolina, noradrenalina e altri.
Tali neuro-trasmettitori devono essere prodotti dallo stesso organismo in seguito ad alcuni vissuti positivi riguardo a noi stessi. Contribuiscono anche certe emozioni, sentimenti, eccitazioni che derivano da buone notizie o sensazioni di piacevolezza nel trovarsi in un contesto percepito come meraviglioso, oppure percepire il proprio successo e la conferma della propria identità.
Trovarsi in un’isola bellissima, e gioire della splendida natura, può significare il sentire di meritare di trovarci in quel posto, essere premiati, come se indicasse di essere stati accettati in paradiso, ecc
L’emozione di felicità invece non è costante, serena, ma spesso oscillatoria tra alto e basso, altrimenti non si parla più di felicità, ma solo di sentimento euforico.
Si può dire tuttavia che sia l’emozione della felicità, sia i sentimenti siano molto soggettivi e che ciascun essere umano sia felice in modo differente e completamente diverso.
Tante sono le felicità esistono al mondo quante sono le persone che esistono. Le felicità che si sperimentano attraverso emozioni e sentimenti si manifestano sempre in modo soggettivo e personale, in base ai propri vissuti, così come l’amore sembra molto soggettivo in ogni essere umano. Ci sono infiniti modi d’amare.
Penso che la felicità dipenda molto dalla propria storia o meglio dalla fiducia di base che genera in noi l’ottimismo o il pessimismo, la visione della vita e della realtà che può essere vissuta ricca di speranza. La speranza insegna ad apprezzare ciò che succede in genere e a tollerare le esperienze negative.
Poter ridere sembra un eccellente antidoto allo stress e può aiutare a rinforzare il sistema immunitario e quindi guarire prima dalle malattie.
I buoni rapporti umani vivaci e ricchi d’ironia e di simpatia sono rilassanti, divertenti e salutari.
Le osservazioni dei primi filosofi e medici greci come Ippocrate, Epicuro e Esculapio avevano notato che il ridere migliora la qualità della vita.
In medicina s’ipotizza che incrementare la secrezione di sostanze chimiche delle quali ho accennato sopra, aiuti a diminuire invece la secrezione del cortisolo che alza lo stress. Ridere invece è dimostrato che abbassi il tasso di sedimentazione e per questo l’organismo sia più protetto. L’ossigenazione del sangue poi s’incrementa e l’aria residua nei polmoni diminuisce.
Le pulsazioni del cuore aumentano come la pressione del sangue ma poi le arterie si rilassano, causando la diminuzione delle pulsazioni e della pressione arteriosa stessa.
La temperatura cutanea si alza perché la circolazione periferica del sangue è più veloce.
Il ridere quindi sembra avere un effetto positivo anche su alcuni problemi cardiovascolari e respiratori.
Il medico Patch Adams ha passato già metà della sua vita negli Ospedali allo scopo di far ridere i pazienti, in particolare i bambini malati di cancro, e ha creato il metodo Patch che consiste nell’allenare altri medici a somministrare la cura del buon umore, trasformandosi in clown.
La felicità forse non è facilmente raggiungibile per chi vive in Clinica medica, ma un po’ di buon umore sicuramente, se possibile rimane una buona medicina.
A volte troppa euforia non va confusa con la felicità: l’una è stressante per l’organismo, la seconda invece tende a stabilizzarci complessivamente e confermarci nella nostra identità.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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