Sin dall’inizio del metodo scientifico che Freud, (Religione Chiesa cattolica), aveva studiato per curare i pazienti affetti da relativamente lievi disturbi psichici è sorta in molta gente la fantasia che lo studio analitico, considerato nella realtà un laboratorio per comprendere il funzionamento della mente, potesse assomigliare a un confessionale di Chiesa.
In realtà, ciò che avviene riguarda la cura delle relazioni con la relazione stessa, considerando che il rapporto di coppia sia uno dei potenti organizzatori degli affetti nella vita delle persone.
Il bisogno della gente di avere contatto con la religione, induce molti a pensare che il rapporto intimo che c’è tra paziente e psicoanalista assomigli a qualcosa di sacrale e ricorda molto fortemente il modello del sacerdote e fedele cristiano. Il fedele, infatti, confessandosi svolge il sacramento della confessione al fine di liberarsi delle colpe detergersi dai peccati e sentirsi puro. Il sacerdote pur perdonando in nome di Dio, consiglia nel modo giusto il devoto affinché si comporti in modo conforme ai precetti cattolico-cristiani.
Il culto della fede, i rituali religiosi possono indurre i soggetti a servire i precetti a obbedire e l sacrificio inteso come difesa contro i peccati che inevitabilmente esistono sempre nell’essere umano.
La psicoanalisi potrebbe aver profanato con il suo metodo laico certe difese ossessive coperte dalla fede e generare una certa ansia nella gente che si trova a dover gestire la realtà in condizioni di solitudine, con una cera indipendenza dall’al di là.
Il sacerdote offre consigli, lo psicoanalista aiuta a trovare se stessi e diventare autonomi.
La psicologia, la psichiatria, la psicoanalisi riecheggia nella mente dei più e ancora richiama a ciò che si considera un sinonimo di anima, (psiché). Ciò genera confusione nella gente.
Pensare che fede e cura della mente sia una simile è pericoloso. Pensare inconsciamente al sacerdote come ad un clinico o viceversa. é molto sbagliato.
La confessionalità che da un lato vede il confessionale in Chiesa e dall’altro il laico studio psicoanalitico dall’altro, crea una similitudine difficilmente eliminabile.
Entrambi condividono una relazione intima.
Ma cosa significa questa parola per entrambi i rapporti, quello che prevede la intimità e sacralità dell’istituto confessionale e l’intimità che intercorre tra psicoanalista e paziente ?
Il sacerdote chiede al devoto di confessare ciò che ha commesso contro i precetti ecclesiastici al fine di perdonarlo e assolverlo con una piccola penitenza. Lo psicoanalista come dicono gli psicoanalisti George Klein, Lichtenberg, Fonagy, invece alimenterà una relazione basata sulla comprensione profonda delle psicodinamiche che hanno condotto il paziente a farsi del male, oppure a non essere libero di farsi del bene.
Il paziente si apre con le sue libere associazioni, contemplando fantasie, emozioni e sentimenti e stati corporei sensorialità: tutto ciò serve a intercettare e ricostruire situazioni che s’intrecciano tra loro, diventando un bastone che si mette tra le ruote del carro della vita del paziente spegniendogli la speranza nel futuro.
L’intimità emotiva esiste perché l’ascolto del paziente da parte dello psicoanalista è di tipo sognante: la reverie di A. Bion significa: io ti ascolto, io ti penso e io ti sogno .
Sognare il paziente non significa naturalmente dormirci sopra, ma ascoltarlo in modo completo come essere vivente che sintetizza il suo passato di bambino e la sua vita attuale di adulto.
La psicoanalisi, mira a una conoscenza profonda, auto osservativa e ricerca la complessità per ridurla a ciò che può essere gestito.
L’intimità rigurda una complicità che è basata su una fiducia di è con te in ogni modo e cerca di gestire la relazione affinché sia efficace e proficua in alternativa alle altre che sono andate male.
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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