E’assai frequente che persone si dichiarino e addirittura si vantino di essere generose perché sono prodighe negli atti di regali costosi a diverse persone. Si tratta in genere di uomini e donne ricche che dispongono di molto denaro e sentono piacere nel regalare.
Ciò non significa che la gente ricca sia spendacciona perché loro se lo possono permettere economicamente: infatti, sappiamo che c’è gente molto ricca che non ama spendere e preferisce sempre risparmiare e comunque essere parca con il proprio denaro.
Inoltre, come é noto la generosità si esprime in tantissimi modi e il denaro forse, rappresenta una delle tante espressioni di questa sensibilità dell’animo umano.
Ci sono persone impulsive che vedono nel regalo elargito agli altri una sorta di autocelebrazione di se stessi . A volte si fanno regali perché si vorrebbe riceverne.
Alcuni scelgono tale tipo di attitudine e manifestazione di Sé, ben accetta da quasi tutti, al fine forse inconscio, di ricevere inconsciamente gratitudine, emulazione, prestigio, conferma della propria magnificenza e in fondo tanto credito quanto potere.
Il piacere nell’esibire la propria grandiosità non è da vedersi certo come un crimine, ma penso sia utile distinguere la generosità nei suoi molteplici aspetti, anche da quelli che sono manipolativi le personalità di coloro che si lasciano confondere attraverso un’immagine che più che essere generosa tende appunto alla grandiosità di Sé.
La buona educazione insegna che fare un dono non significa aspettarsi di ricevere l’equivalente, ma non per tutti vale la stessa sensibilità: chi si aspetta di ricevere ad ogni costo l’equivalente di quel che ha donato, se non addirittura di più di questo, non è generoso, ma alimenta inconsapevolemnte un contratto.
Di contratto in contratto si giunge agli scambi politici infine alla corruzione dei poteri.
Penso che la sincera generosità sia un atto spontaneo, ma anche valutato con il pensiero elaborato perché di solito ha un costo, un senso di condivisione, d’identificazione con l’altro verso il quale o verso i quali si avverte un senso di fratellanza.
Effettivamente c’è un detto che consiste che chi è disponibile in tanti sensi verso l’altro offrendo una piccola parte di se stesso, guadagna di più di chi riceve.
Il medico dovrebbe essere vocato alla generosità verso i malati che cura con i quali dovrebbe identificarsi, sia con il loro corpo, sia con la mente, nel senso sopra tutto con ciò che essi sperimentano psichicamente nel corso della malattia.
Lo psicoanalista che in particolare si occupa di sofferenza psichica dovrebbe essere felice nel condividere la propria esperienza e la personale formazione professionale per aprire a nuove alternative combattendo i meccanismi che costringono alla coazione a ripetere della sofferenza e impotenza di coloro dei quali si prende cura.
Non dovrebbe sentire un sacrificio nell’identificazione con il vicolo cieco dell’altro, ma un piacere nel vedere che l’altro migliora, sta meglio e s’impadronisce maggiormente della propria vita arricchendosi psichicamente.
La storia è piena di màrtiri che si sono sacrificati per altri.
Gli stessi cristiani al tempo degli antichi romani e anche dopo negli anni bui del tardo medioevo, hanno spesso basato sull’eroismo e sull’esibizione del proprio martirio nei loro credo come punti di riferimento da difendere con la vita: come sappiamo, non sono stati e non sono gli unici.
La generosità dovrebbe far rima con la solidarietà umana, perché penso che di umanità si tratti!
Mi identifico con il mio simile e se può stare meglio o se egli soffre, anch’io non sono insensibile e non fuggo dal dolore, ma cerco di alleviarlo a lei/lui quasi come a me.
Certo che coloro che hanno avuto sin da bambini modelli positivi, cioè genitori o chi per loro, che hanno sensibilizzato a non fuggire dalle persone, a immettere prima la fiducia e poi la diffidenza, quei genitori hanno contemporaneamente anche infuso il profilo della generosità.
I bambini quindi sanno ascoltare i loro bisogni primari, ma stanno anche imparando a sentire i loro desideri più maturi, cioè ad avere una visione globale della vita umana e quindi a provare piacere nel governarla anche attraverso il piacere che l’altro potrebbe provare.
I regali sono immaginabili come espressioni di tante tipologie , ma tutti contengono una forma di generosità se veicolano la condivisione e quindi sentimenti positivi e costruttivi per tutti.
Non credo si debba accusare tanto l’egocentrismo che è in tutti noi, come l’egoismo o l’egotismo, o bisogno narcisistico del Sé grandioso: nessuno poi dovrebbe essere masochista nel senso di cercare di esibire a se stesso e agli altri la propria sofferenza, impotenza, martirio, quanto comprendere perché se stesso o l’altro ha tanto bisogno di fuggire, chiudendosi nella propria prigione non muovendosi con i nostri simili. Non essere generosi assomiglia a nuotare sempre con il salvagente perché si è diffidenti rispetto al proprio saper galleggiare con gli altri, e viceversa!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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