La denominazione dell’inconscio è diventato, a mio parere, un termine desueto, non perché Freud non avesse ragione nell’aver capito d’aver scoperto un mondo che era diverso da quello della consapevolezza.
Tale mondo era caratterizzato da sue proprie leggi, sintassi, grammatica, spazio e tempo, ma perché tali scoperte, a forza di abusarne, rischiano oggi di essere reificate e il concetto d’inconscio può diventare fuorviante.
L’abuso che si fa del concetto d’inconscio permette di paragonarlo ad un enorme magazzino nel quale sono depositate tutte le istanze psichiche, tutti i ricordi, tutto il rimosso, tutti gli atti mancati ed agiti, tutta la pulsionalità biologica, tutte le psico-dimamiche più strampalate.
Sono pulsioni che seguono il processo primario, cioè irrazionale ed emotivo, senza regole.
L’inconscio sembra equivalere a una sostanza, una res, una X, una variabile indipendente e dipendente, una K che finisce per spiegare tutto.
Il concetto d’inconscio assomiglia al processo onirico, dove appunto il tempe spazio non esistono, né la logica matematica e razionale, nemmeno la sintassi e grammatica.
Si usa continuamente l’inconscio per giustificare qualunque evento, la cui logicità viene a mancare.
Sin dall’inizio della storia della socio-cultura umana e della storia della filosofia, l’anima era intesa come una psicologia che includeva qualcosa di misterioso, sconosciuto e quindi anche inconscio.
Preferirei che si indicasse direttamente ciò che noi non abbiamo presente nella nostra coscienza e focalizzare gli aspetti dei quali non siamo consapevoli e che impediscono l’integrazione di un discorso mentale.
Tuttavia, vorrei soffermarmi sulla psicologia dell’atteggiamento maschile e femminile che tanto viene discusso.
Il femminicidio e maschicidio come espressione omicida di un possesso psicopatologico dell’altro che promuove una gelosia mentale e ideologica come retaggio culturale antichissima, che esiste sin dal periodo neozoico in cui l’uomo era sulla terra.
Si tratta di un archetipo, diremmo di un mondo antico le cui abitudini, hanno fondato una cultura che ha come base un’anima collettiva. Jung avrebbe citato il suo inconscio collettivo.
Il comportamento maschile, per esempio si è da subito orientato ed è stato dedito alla caccia, con l’uso di dardi e frecce di selce e predisposto alla protezione di sé, della femmina e prole.
La femmina si occupava di allevare i figli e del governo del rifugio-casa.
Cuciva la pelle d’animali cioè dei vestiti per ripararsi e ricoprirsi dal freddo, si occupava di accendere il fuoco, del cucinare le carni, cioè le prede, ecc.
La femmina all’interno della comunità anche desiderava essere posseduta dall’uomo.
Di fatto era appartenente a quell’uomo che l’aveva scelta e viceversa,
Fin qui ciò che gli antropologi ci raccontano.
Dopo il trascorrere di tanti secoli durante i quali, nonostante i progressi tecnologici e culturali, non sono cambiate le usanze fondamentali, come possiamo pensare che l’uomo abbia rinunciato alle sue convinzioni profonde costruite nei secoli rispetto al possesso?
C’è un mondo psichico latente, radicato e immodificabile per ora per il quale si potrebbe usare il termine inconscio.
Tutto ciò non significa che non si possa modificare l’atteggiamento violento e sessista dell’uomo, e spesso anche della donna.
E’ naturalmente inaccettabile che esista socialmente e individualmente lo stupro, le molestie, il mobbing, l’harassment, l’offesa verbale, la prepotenza, nonché il bullismo e il cyber-bullismo entrambi assai diffusi negli giovani uomini e ragazze.
Odioso e insopportabile appare il riscatto specialmente se rivolto alla donna come strumento che potenzia il servilismo verso l’uomo.
Naturalmente, anche viceversa, perché anche la donna potrebbe, seppur in misura minore, adottare comportamenti simili ed emulativi verso quelli dell’uomo, quando si trova in una posizione di potere assai simili, come nella posizione di una dirigente d’azienda.
Il maschilismo ha dunque origini antichissime e perpetuato nei secoli, se non nei millenni.
La donna ha potuto negli ultimi settanta anni raggiungere e in molte occasioni, mostrarsi molto brillante e affidabile da ogni punto di vista.
Per la verità il paragone con l’uomo non ha, a mio avviso, molto senso perché non si tratta di competizione tra due sessi, ma di due mondi che contribuiscono alla costruzione della qualità del reale con differenti sensibilità, approcci e intelligenze che in molti casi si sovrappongono, ma spesso trovano strade diverse per raggiungere il meglio nei vari contesti.
La cooperazione e la complicità nella vita possono costituire l’obiettivo migliore pur mantenendo la diversità sia delle persone, sia dell’identità di genere.
Che fare per migliorare la situazione ed estirpare il maschilismo tanto violento e sopraffacente quanto privo di senso, senza umiliare la dignità dell’uomo?
Mi sembra infatti che certi uomini si sentano confusi e disorientati, tanto umiliati quanto inquieti perché interpretano i messaggi inviati loro dalle donne riguardo al possesso come una umiliazione e una svalorizzazione del loro pseudo-amore, ma che loro considerano invece Amore.
Si tratta invece di bisogno di essere amati tramite l’illusione del possesso e grazie all’idea antica del potere?
E’ necessario che sin dai tempi della Scuole gli insegnanti e i docenti in fase di Education tali convinzioni siano profondamente elaborate nella mente maschile e riportate alla realtà sociale attuale tanto realistica quanto civile.
Non basta punire e sanzionare severamente gli uomini malati di bullismo e di convinzioni insane e mai eradicate dalla loro psiche.
Sono secoli che dai nostri avi, nonni e padri il maschilismo è vigente nella società nel suo insieme.
Il rischio che, nonostante le sanzioni penali la cultura machista si conservi nel mondo interno di alcuni maschi e che l’atteggiamento delinquenziale scompaia solo in apparenza dal loro comportamento.
Le generazioni cambieranno gradatamente e le acque si calmeranno. Le tendenze incontrollate che sono ancora attive andranno sotto controllo nel senso che la cultura sociale e psicologica cambierà definitivamente .
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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