Spesso per alcune persone il periodo natalizio come festa tradizionale costringe alcune persone a indossare una maschera simbolica del buon umore e far buon gioco a cattiva sorte.
Le ragioni sono innumerevoli.
Le esperienze passate del bimbo che c’è in noi, evocano situazioni tristi.
L’epoca natalizia a tempi dell’infanzia rispecchiava un clima familiare di evidente conflitto da parte dei genitori e molto spesso anche di contrasti tra parenti.
Tutti quanti si sentivano legati ad un copione consistente nel riunire per forza tutta la famiglia in un clan benedetto.
Cene o pranzi di Natale composte da dieci, quindici, venti persone. Dovevano trasmettere affetto, allegria,
spensieratezza, promesse, regali e generosità tutto proiettato nel futuro.
In realtà in alcuni casi già da allora si animavano conflitti espressi sotto forma di acida ironia e erodente l’anima
perché coperta da ipocrisia.
L’ipocrisia è devastante in questi casi perché uccide la spontaneità, nonché il desiderio di credere nel futuro e di
affidarsi con fiducia a qualcuno.
Si tratta di ricordare e di vivere da parte dei bambini molte illusioni tradite.
Il Natale si propaganda come festa, sia religiosa, sia pagana, come filosofia dell’affetto, panacea antisolitudine,
portatrice di umana onestà e solidarietà, ma i bambini credono all’inizio in questa atmosfera, avvinti dalle
aspettative dei doni, che rinforzano il simbolo di sincero affetto, nonché di premio e conferma di essere stati buoni.
Alcuni bambini però percepivano già da allora che poteva manifestarsi nella gente qualche contraddizione rispetto
all’elargire amore.
I cibi sono dolci come il panettone, generosi nella quantità, permissivi data la circostanza, le musiche tradizionali
dei film come per esempio tratti dai Walt Disney intontiscono di illusione, spesso sentita autenticamente, ma qualche
volta percepita come ingannevole.
In questo periodo natalizio il consumismo particolarmente si sprigiona.
Le svendite o meglio i prezzi dei saldi, di i ciò che si vende sono proposte come magicamente ridotte, e tutto
sembra più facile. Non si è più esclusi, ma anche ciò che è costoso può apparire raggiungibile.
Normalmente i bambini sono felici di attraversare un periodo di vacanza dalla scuola, di sentire ottimismo per i progetti
futuri e l’ingenuità vince su tutto.
Gli adulti che hanno figli diventano complici dei bambini stessi e cercano di condividere la loro illusione che di per sé
esprime gioia in tutti: dai genitori ai nonni a altri parenti che adorano i bambini.
La malinconia spesso negli adulti è però dietro l’angolo: per molti, non c’è più la possibilità di mantenere alta l’euforia che è nei bambini.
Le emozioni di ottimismo si sono consumate, spesso esaurite.
I pensieri della vita quotidiana non si possono tenere a freno e vincono sulla serenità.
Inutile dire che una certa melanconia è pre-sistente, forse costituzionale e non incontra tante resistenze per riemergere durante le feste come espressione di delusioni pregresse.
La persona rifiuta certe feste consacrate in nome dell’amore, sperimentandole come un inganno e le snobba, le contesta, le rifugge.
Le persone depresse si arrabbiano addirittura, se sono invitate a condividere festività o
a partecipare a incontri di felici di affetto perché sentono che riemerge una disillusione e l’umore diventa nero.
Nasce Gesù Bambino. Egli simboleggia colui che è portatore di amore e di speranza, ma c’è chi sino a quel momento
ha incontrato solo frustrazioni.
La nascita richiama tante accoglienze e benvenuti con promesse non necessariamente verbalizzate secondo le quali
la vita in futuro sarà bella e piena di amore.
Molta gente si sente accerchiata dalla solitudine che, come sappiamo, è in certi casi aggravata dalla tarda età che
fa sentire se stessi fragili e in compagnia dell’incubo dei disturbi incombenti di salute.
In altre parole, l’euforia infantile del periodo natalizio che porta con sé gioia e fiducia in alcuni casi si trasforma in
malinconia e rabbia a causa di una formalità sacrale che suona tanto seducente quanto ingannevole.
Ogni festa andrebbe vissuta in modo molto relativo e non proiettando in essa quel che sembra a ciascuno essere
mancato nel passato.
Un punto dolente in questa circostanza è manifestato dall’impossibilità di avere avuto figli da parte di una donna
che molto ha tentato di averli nel passato.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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