Il percorso della vita umana è costituito da adolescenza, età matura e vecchiaia, differenziando anche quattro epoche di vita fondamentali: quello che dalla nascita porta sino ai vent’anni che attraverso la fanciullezza, la pre-adolescenza e che si intreccia con la pubertà.
L’orologio della pubertà che compare già nella preadolescenza avviene ad opera dei fattori genetici tramite l’ipotalamo e infine viene l’adolescenza vera e propria che si può protrarre anche di due o tre anni, fisiologicamente e sopra tutto mentalmente che chiamiamo, tarda adolescenza.
Dai ventiai trenta anni, si parla di età adulta, daitrenta ai quaranta anni, si parla di maturità, mezza età, a sessanta, sesssanta cinque si parla di età anziana: oggi dai settantacinque ottanta anni in poi si parla di vecchiaia: la vecchiaia può eccezionalmente superare il secolo di vita.
Gli anziani in media godono oggigiorno di buona salute psicofisica, salvo naturalmente eccezioni che sono dovuti a problemi costituzionali, sia a possibili incidenti di percorso di vita.
Tale fortuna dicono i geriatri, è sostenuta anche alla medicina e a una vita sana, può riguardare anche i vecchi che possono vivere a lungo in condizioni ottimali di salute anche mentale.
Il cibo del quale il soggetto dovrebbe avere consapevolezza, grazie alle conoscenze scientifiche, in particolare sulle sostanze antiossidanti, cioè antinvecchiamento, aiuterebbero una sopravvivenza sana molto più a lunga.
La cattiva alimentazione invece penalizza le condizioni di salute, ma le informazioni, grazie ai media, non mancano a questo proposito.
La farmacologia scientifica permette ottimi interventi sulla salute grazie alla conoscenza sempre più avanzata del DNA in continuo progresso e anche attraverso la chirurgia sempre più sofisticata e tecnicamente adattiva e creativa.
Trascurando il fenomeno dell’amnesia nominum che riguarda piccoli disturbi transitori della memoria che si evidenziano quando si deve richiamare un nome di persona o di oggetto, vediamo che ci sono difficoltà nel richiamo veloce come avviene per i giovani. Ci sono problemi assai più seri.
La demenza senile o di malattia di Alzheimer si può presentare anche al primo stadio dell’anzianità o addirittura prima.
In questi casi, la prognosi non è purtroppo buona. Migliore è la prognosi quando i sintomi compaiono molto tardi in questa malattia.
Durante l’anzianità coloro che sono affetti da deperimento neurologico non possono aspettarsi una vita mentale qualitativamente buona: si può sperare che vi sia una progressione molto lenta che consenta, come invece nella vecchiaia accade, di vivere in maniera accettabile, grazie a cure con farmaci che allevino il senso di smarrimento che predomina in loro.
La nebbia che offusca la mente genera frustrazione e rabbia a causa dell’impotenza di non poter richiamare alla mente le informazioni depositate e usufruirne.
La sensazione dell’esistenza chiara del proprio passato e della propria storia esistenziale, quando è ben ricordata, rafforza il senso d’identità e compensa il deterioramento prodotto dagli acciacchi tipici dell’età e gratifica la vita anche se anziani perché ci si può sentire orgogliosi di quanto si è fatto sino a quel giorno.
Ma quando si perdono le abilità nell’orientarsi all’interno di un contesto spazio-temporale e gli anziani cominciano a sentirsi senza bussola che indichi un minimo di direzione anche nei luoghi noti come la propria casa, cresce un forte disagio che può far sentire perduti.
Sorge un senso di solitudine infinita come un astronauta che ha perso i contatti con la base a terra.
Il problema del disorientamento degli anziani e vecchi si rileva appunto a livello psichico: cresce un’ansia che fa percepire di non esistere perché trasparenti, non visti, non importanti perché si è in balia degli eventi. Si trema, ci si sente deboli.
Che fare? I parenti dovrebbero puntare alla rassicurazione della propria identità, cioè a fare sentire all’anziano che la perdita delle facoltà rimarrà sempre limitata.
Occorre far sentire che la confusione non annulla la persona e che continua ad essere stimata come prima, più di prima. La vita dell’anziano deve continuare ad avere un senso e la depressione dovrebbe essere curata in tutti i modi.
L’affetto, il dimostrare quanto sia importante per i familiari è fonte di vita.
Tutto cià vale per chiunque, ma la debolezza psicofisica dell’anziano lo richiede maggiormente indipendentemente dalle sue condizioni di salute.
Il saggio concepito di un tempo sempre utile agli altri come maestro di vita è oggi purtroppo scomparso.
Stiamo vivendo in un Paese di anziani che rischiano di portarsi via i valori di un tempo con se stessi,senza poter lasciare nulla in eredità, nonostante si debba accettare che il mondo è in continuo cambiamento.
L’eredità culturale dovrebbe però restare non per frenare ciò che è nuovo e rivoluzionario, ma per arricchire la nostra cultura con le antiche radici.
La funzione del diario nel quale l’anziano potrebbe riportare con più esattezza possibile come si è svolta la sua giornate mi sembra assai utile per contenere la tendenza alla dispersione e esercitare il senso del tempo e della sua organizzazione spazio temporale e mantenere in se stesso una certa unità psicologica.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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