Titolo originale: Bedoone Tarikh, Bedoone Emza
svolto in Iran,Teheran
Commento di Roberto Pani, psicoanalista, dopo il film : Il dubbio di Vahid Jalilvand
Il dottor Nariman, anatomo-patologo, un uomo virtuoso e di solidi principi, ha un incidente con un motociclista e la sua famiglia, in cui ferisce un bambino di otto anni.
Si offre di portare il bambino in una clinica vicina, ma il padre rifiuta il suo aiuto. Il medico gli offre denaro che l’uomo accetta con fatica.
Il suo bambino di otto anni accusa un dolore alla testa,
Nariman lo ausculta e pur non trovando nulla di alterato nel ragazzino, poi consiglia ai genitori di portarlo ugualmente in Ospedale.
L’inter famiglia che viaggiava in uno scooter, non segue le prescrizioni del medico.
Due giorni più tardi un corpo di un bambino arriva morto all’Istituto di medicina legale dove Nariman lavora.
L‘autopsia rileva un’intossicazione alimentare compiuta dalla moglie del medico anche lei medico legale, ma Nariman ha un tormentoso dubbio.
Alcuni giorni dopo, il dottor Nariman scopre che il bambino che é stato portato in ospedale per un’autopsia per morte sospetta, é lo stesso che giorni prima lui stesso aveva investito con la sua auto coinvolgendolo nell’incidente.
Nariman deve affrontare un dilemma: è lui stesso il responsabile della morte del piccolo a causa dell’incidente o la morte è dovuta a un avvelenamento da cibo, carne avariata botulismo 15 ore di vita, come sostiene la diagnosi degli altri medici?
L’angoscia del dubbio comincia d quella leggera deviazione dell’auto del dottore, una lieve sbandata che accidentalmente mette i due uomini in contatto in due diversi mondi.
Due mondi estranei l’uno all’altro che entrano in collisione generando un dramma che il regista Vahid Jalilvand porta fino in fondo con sguardo attento.
Il padre soffre per la perdita di un figlio e si sente in colpa per aver comperata carne avariata che lo porterà ad uccidere colui che senza scrupoli gliela aveva venduta: l’altro uomo un onesto medico che non potrebbe sbagliare uccidendo un ragazzo e sente la sua colpa al quadrato !!!
Da quel momento un caso di coscienza diventa un dramma sociale, confrontando la coscienza di un medico e quella di un padre decisi a indagare ciascuno a modo proprio, secondo i propri mezzi, la propria condizione, il proprio ceto su una morte intollerabile.
Scienza o azione, potere o violenza, qualunque cosa per conoscere la verità e rendere giustizia a chi non c’è più.
Si attivano tutte le azioni per far tacere il tarlo che sta divorando dentro entrambi gli uomini.
La carne di scarto avariata provoca il botulismo, ed é stata comprata dal padre che é povero con pochi soldi …
Si tratta un teatro interiore che apre uno sguardo implacabile sui difetti umani, sulla cecità della macchina (legge del taglione), burocratica giudiziaria.
Il coraggio delle proprie azioni, sia del dottor Nariman, sia di Vahid va in primo piano!
Sono presenti due diverse classi sociali che si mettono a confronto. Mi sembra però che si rispettino reciprocamente pur attoniti!
Nariman non solo è un medico noto per la sua meticolosità ma è anche sposato con una collega altrettanto scrupolosa.
La loro abitazione, in cui hanno appena traslocato e in cui dominano ancora gli scatoloni, denuncia il loro status economico elevato.
La famiglia invece che deve affrontare la morte del loro bambino vive in condizioni dimiseria assoluta.
Per sopravvivere il padre acquista pollame deteriorato, a bassissimo prezzo, senza sapere che si trattava di volatili morti per malattia, portatori di veleno come il botulino.
La consapevolezza di essere stato truffato e aver procurato lui stesso la morte al primogenito non gli dà pace e forse non volendo, ucciderà chi lo ha ingannato.
Allo stesso modo non si dà pace il medico all’idea di aver lui stesso provocato la morte del piccolo paziente, anche se la causa non sembra affatto essere evidente che venga riportata a lui stesso.
Al contrario, durante l’indagine legale, non sembrano le eventuali vertebre del collo del cranio ad aver provocato infezione come teme il medico, ma la cause sembra causata dall’avvelenamento da botulino!
Mentre il padre agisce spinto dalla disperazione e dal senso di colpa, il dottor Nariman pur tormentato, tace su quanto accaduto e rinvia ciò che dovrebbe invece affrontare a viso aperto?
Il film a mio parere va così oltre il caso specifico per interrogarsi (e interrogarci) su quanto, in ogni società e non solo in quella iraniana, l’occultamento della verità sia un veleno diffuso dagli effetti letali.
Il regista si riferisce a una società sconnessa, povera e instabile dove la lotta di classe è implicita come la paura di perdere quello che si possiede e che si cerca di mantenere (vedi la moglie del medico).
Secondo il regista, la giustizia sembra puntare solo sulla responsabilità individuale e la colpevolezza in una società rigida, un po’ oscurantista che non è flessibile, ma piena di paura.
Il dubbio a mio parere è una parola risonante, ma non precisamente adatta al caso.
Si tratta del dubbio di non possedere una solida dignità, di essere uomini di mostrare il coraggio di vivere!
Tutte le prove che portano al bambino morto dimostrano che egli aveva già precedentemente accusato stati di malessere prima dell’incidente, e quindi confermano l’estraneità del medico alla morte del piccolo.
La morte del piccolo è senza dubbio dovuta al botulino.
Perché il medico insiste all’atroce dubbio, anche dopo la sua stessa autopsia che egli esegue dopo la riesumazione della salma? Una tale verifica lo assolverebbe? Sembrerebbe non sufficiente!
Ipotizzo che il regista Vahid si soffermi sul silenzio della coscienza, sugli sguardi silenziosi di tutti eccetto le mogli.
Perché?
In una società povera, travagliata da morti e impiccagioni, da ineguaglianza sociale a favore della classe ricca e corrotta, che a mala pena sopravvive, rassegnata alla sventura, ipotizzo che il medico Nariman voglia mantenere una certa dignità tanto da mantenere la sua colpevolezza e pagare anche se non colpevole con la sua stessa morte per impiccagione?
Sembra dire: anche se fossi assolto, sarei lo stesso colpevole, non posso perdere l’occasione di ripristinare il mio onore!
Lui si sente colpevole di tanto altro che riguarda l’ingiustizia sociale, forse anche la sua?
Finalmente, il dottore vuole pagare i propri conti, incolpandosi dalla posizione di innocente?
Ha senso questo comportamento? Per noi occidentali no, di certo!
Entrambi gli uomini devastati dalla colpa e dal dolore poi, a mio parere, cercano solo la dignità e diventano masochisticamente coraggiosi, anziché fuggire come avrebbero fatto tutti nei loro panni, quasi entrambi delirando per entrare in un mondo di salvezza!
Entrambi cercano la punizione come se fossero assassini, senza attenuanti. Infatti in Tribunale proprio non si difendono per salvarsi, ma recuperano la loro anima!
Un ultimo aspetto, oltre al valore e coraggio dei due protagonisti uomini, sottolineo anche il coraggio e valore delle due donne, la moglie del medico e del padre che compera i polli ammalati.
Pur mantenendo i costumi tipici, il lungo velo nero che copre tutto il corpo, il hijab in contraddizione con la loro personalità, si rivelano forti sia come personalità e ottime e assai intelligenti compagne di vita.
Sguardi e silenzi lunghi e comunicativi ne valorizzano i loro comportamenti.
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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