Le scene modello sono state identificate e utilizzate dallo psicoanalista Lichtenberg a cominciare dagli anni 80 e costituiscono una modalità di rappresentazioni e di situazioni sceniche, spesso riferite all’infanzia e utilizzate nella relazione duale tra paziente-psicoanalista.
Le scene modello possono illuminare il senso delle motivazioni del pazienteattraverso le scene che imprigionano nostri eventi psichici in una sorta di coazione a ripetere.
Questa ripetizione della quale lo psicoanalista s’accorge e cita e rievoca al paziente spesso, come se fossero una fotografia consueta e familiare, permette di rivedere nel comportamento del soggetto in trattamento psicoanalitico qualcosa di costante.
Si tratta di un nucleo di base come chiave di recupero rapido del passato è perciò a disposizione di entrambi i partner nella coppia psicoanalitica.
Si tratta di una modalità intersoggettiva e intrapsichica che genera complicitàattraverso la quale avviene una specie di scambio di emozioni, di sensitività e sensorialità, di visualizzazioni di ciò che è accaduto nel passatoe che risiede nella mente del paziente, ma ora anche in quella dello psicoanalista.
Le scene modello possono essere così repentinamente condivise e immaginate in concreto e utilizzate per fini costruttivi da i due partner nella coppia.
Ciò può incredibilmente aiutare l’analista a intuis-legere il mondo interno del paziente a proposito della dinamica che emerge, sia dai modelli introiettati e raccontati con esempi e citazioni, sia come parti autentiche e provenienti dal Sé.
Userò il concetto di scena-modello di per descrivere il significato delle scene di un film e il loro uso in psicoterapia psicoanalitica.
In particolare, una scena-modello designa non soltanto una sintesi narrativa di una relazione conflittuale trascorsa, ma anche un episodio importante e incisivo della vita familiare o di persone significative che sono fortemente impresse nella memoria e possono essere vissute come un possibile inizio di una fase nuova nella vita del paziente.
Per esempio, in psicodramma analitico creato a Parigi da autori come i Jean Paul e Janie Lemoine e Didier Anzieu, G. Lebovici, J. MacDougall, W. Bion, (E. Croce, L. Mele, Cesare Musatti,
- Petrella, a Bologna, R. Pani, R. Biolcati, didatti nella SIPsA, a Rimini-Riccione.. C. Carnevali, e a Roma, sede centrale SIPsA-Coirag e tanti altri psicodrammatisti, aderiscono con funzione di training, (vedi SIPsA- Coirag, Psicodramma Analitico): lo psicodramma psicoanalitico è infatti espressione della mente gruppale del Sé della quale scrive lo stesso W. Bion.
Il gruppo terapeutico è in grado di cogliere configurazioni relazionali e modi di funzionare affettivi che costituiscono la base della personalità.
Il meccanismo di rispecchiamento e d’idealizzazione assume aspetti diversi in base agli interlocutori interiori che ci parlano dentro. Io vedo in te una parte di me stesso anche se trasformata e distorta.
La scena modello assume caratteristiche e funzioni diverse a seconda della posizione nella quale si gioca una scena nel palcoscenico del piccolo teatro di un piccolo studio psicoanalitico..
La scena-modello può assumere l’immagine di una storia accaduta e significativa, di un mito, di un film, di una leggenda, persino di un quadro o di una fotografia artistica.
In un gruppo un singolo partecipante si presta a contenere caratteristiche specifiche da essere riconosciuto e caratterizzato da tutti gli altri partecipanti del gruppo.
La scena-modello tipica della posizione che si rappresenta ha caratteristiche diverse da quelle della scena modello di un altro partecipante, ma è in grado di completare ciò che manca nei vari partecipanti.
In altre parole, il gruppo di psicoterapia e di psicodramma analitico in particolare, è unità sintetica in sé, ma con tante facce di me stesso, anche se non immediatamente riconoscibili.
Ora pensiamo: quanti film che abbiamo visionato da quando siamo nati, ci vengono in mente durante la nostra vita, come se rappresentassero scene modello che ci ricordano una realtà che abbiamo vissuto? Questi film li abbiamo confezionati in un certo modo, come se fossimo stati noi stessi ad esserne i registi.
Quante musiche magistrali sanciscono scene modello di film classici che vengono citati o pensati da noi stessi nel corso del tempo?
Tali racconti filmati e visionati rappresentano in qualche modo racconti di noi stessi.
Tali film rappresentano la nostra anima buona, nobile, generosa, onesta, ricca di valori o esattamente il contrario tanto da farci sentire in colpa e vergognosi.
Il film è spesso citato in una seduta psicoanalitica per semplificare ciò che paziente-analista vogliono rappresentare concretamente e velocemente per essere più complici.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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