Empatia significa percepire la natura delle cose come se fossero cosa nostra. In altre parole, se ci rivolgiamo alle relazioni umane, significa sentire le emozioni di sofferenza oppure di gioia, cioè che il pathos dell’altro risuona dentro di noi e genera sentimenti positivi attivi, nonché di desiderio di complicità e condivisione.
Sentiamo parti dell’altro come se fossero nostre. Aggiungo che tale sentire dovrebbe portare a spingere di stare anche con l’altro.
Nel 1873 il filosofo tedesco Robert Vischer diede risalto a questa parola che già gli antichi greci avevano coniato nelle occasioni dei canti poetici quando si creava una particolare relazione emotiva e incantevole tra cantore e pubblico.
La fantasia umana con-sente di far entrare l’oggetto simbolico del sentire dentro di noi come se fosse all’interno del nostro stesso corpo.
L’identificazione introiettiva e proiettiva: meccanismi descritti dalla psicoanalista inglese M. Klein contemporanea e collega della figlia di S. Freud, Anna, che intuì queste psicodinamiche intercorrenti nella relazione madre-bambino.
Sentirsi in armonia, in sintonia con i sentimenti e le emozioni rappresenta qualcosa di più che comprendere l’altro.
L’empathy viene utilizzato dallo psicoanalista inglese W. Bion, che con il concetto di reverie intende esprimere il come il suo paziente possa esser percepito profondamente come se fosse para-sognato in tutti i suoi contorni di essere umano e di persona: io ti vedo, ascolto le tue parole, ma ascolto come tu senti e vedi il mondo davanti a te, cioè come te lo stai rappresentando, in questo senso io sogno con te. Ti sento al di là del tempo e dello spazio.
Anche l’opera d’arte si crea in virtù di sentimenti empatici verso gli oggetti inanimati e animati.
Darwin studiò la comunicazione mimica delle emozioni, e oggi la psicologia clinica conosce la funzione dei neuroni specchio scoperti dal neurologo G.Rizzolatti e D. Stern, spiegano come l’empatia non sorga dall’intelligenza cognitiva, bensì da un’organizzazione che predispone la nostra sensibilità che deriva dall’intero organismo.
Numerose osservazioni della psicologia sperimentale e della psicoanalisi, hanno iniziato a trovare conferme degli studi sperimentali degli ultimi anni.
In primo piano nella ricerca sull’empatia c’è la Neuroscienza che si avvale di un’interazione di studi e ricerche da parte della neurologia, della endocrinologia, biochimica, fisiologia, della psicologia e del metodo di ricerca psicoanalitico.
La dispatia rappresenta il contrario della empatia, cioè il rifiuto e il diniego dei propri sentimenti disconosciuti verso l’altro.
La simpatia invece, nonché l’antipatia, includono un’attitudine affettiva personale e anche certi attivazioni di sentimenti nei giudizi morali. Potrei descrivere che la simpatia implichi condividere passioni e valori della persona con la quale conversiamo. Simpatizziamo con gli amici e i conoscenti con cui abbiamo qualcosa in comune nella vita, per questo ci risulta facile parlare con loro.
Simpatizzare è condividere valori, passioni e affetti.
Pensiamo a una conversazione con conoscenti, colleghi di lavoro, amici, parenti e sconosciuti: se l’ideologia politica è simile, nasce potenzialmente una forte simpatia nella conversazione, se l’ideologia e il pensiero politico è differente è facile che nasca una forte antipatia.
Per non parlare degli sportivi simpatizzanti per una squadra o tifosi per questa. Il tifo può raggiungere livelli quasi deliranti.
Si tratta del bisogno di trovare un riferimento ideologizzante forte e onnipotente che stimola partitismo, sino a lotta fisica a violenza verso chi è considerato un vero nemico.
In alcuni casi si usano armi, e nascono sfide infinite, completamente prive di senso, se non spiegabili per un bisogno assurdo di sentirsi appartenenti a qualcosa di ideologizzato, cioè investito di onnipotenza.
Se la persona appartiene alla squadra scelta non si sa quasi mai perché troviamo la lotta per resistere a. È come aver tracciato una linea di demarcazione al di là della quale appaiono tutti nemici, e al di sotto della quale appaiono tutti fratelli di sangue.
La simpatia e antipatia, nasce per spesso per poche emanazioni emotive o discorsi poveri di sé verso l’altro che può essere interpretato come più ci fa comodo sentirlo, vederlo.
Pensate alle sette e alla superstizione quante simpatia e antipatia suscitano negli adepti!
La simpatia ha che fare con il pensiero cognitivo: diventano simpatici coloro che sono immaginati della tua famiglia come se fosse di sangue….
La simpatia positiva unisce e crea rapporti utili, l’antipatia molto meno!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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