Non sono scandalizzato dalle parole ed espressioni che ormai in ogni contesto si usano con un turpiloquio di parole che sembrano essere scabrose, ma che a forza di essere usate sono diventate parte del quasi comune linguaggio espressivo. Sia in televisione, sia al cinema, meno nei giornali ma comunque ovunque si usano nelle conversazioni intercalari pieni di parole e allusioni dirette e indirette riferite a qualcosa che tentano di scatenare scandalo antipuritano con citazioni sessuali.
E’ un’abitudine ormai tanto diffusa che non turba ormai nessuno: però diventa un modo di nascondere la propria rabbia o delusione, cioè i propri sentimenti che potrebbero essere espressi in modo più specifico e dettagliato.
Vittorio Sgarbi non mi è mai sembrato, né volgare, né banale nell’uso del linguaggio.
Perché?
L’adoratore della bellezza e dell’estetica raffinata usa parole che esprimono sentimenti forti, per esempio, capra! capra! oppure lumaca piccola e vergognosa, moscerino e tante altre che alludono alla critica di un comportamento che non lo garba.
Spesso Vittorio è dissacrante, anticonformista, ma non banale e viscido anche nelle offese.
Sembra dire che quel comportamento è tanto osceno quanto anti estetico, inaccettabile, estendendo il concetto di brutto a qualcosa che è volgare, viscido, disonesto, scorretto.
Penso sia bene usare parole adatte a ciò che ci irrita e ci infastidisce e non sempre cazzo, ti spacco il culo, va a fare un bocchino, va a cagare, ecc
Usare queste parole sconce comuni ed altre non aiutano a esaltare la propria disinvoltura di personalità a fornire al linguaggio colore e grinta, non esprimono anticonformismo, ma al contrario provincialismo stereotipato.
Nel dizionario disponibile di molti italiani ormai prevale un linguaggio che vorrebbe essere libero, ma che attua una continua ripetitività delle stesse parole considerate rivoluzionarie perché non puritane.
In altre parole, le parole sconce limitano il vocabolario soggettivo della sintassi e grammatica del linguaggio specifico, abbassano il livello socioculturale e estetico delle persone, demoralizzano l’entusiasmo della gente che percepisce una volgarità diffusa, un abbassamento del pensiero.
In ogni programma teatrale e cinematografico, nelle aggregazioni sociali, sempre alcune battute che vorrebbero scandalizzare il pubblico, vengono pronunciate ad hoc e per far ridere la gente e mai possono mancare in una prospettiva progressiva in aumento dove la censura di un tempo è completamente decaduta.
Ripeto che non si tratta di scandalo puritano che viene contestato, ma l’abbassamento del livello della cultura e del pensiero. Freud nel 1912 con Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio descrive: sembra che gli uomini usano le battute piccanti sessualmente per far colpo sulle donne, soprattutto se cercano relazioni durature.
Il senso dell’humor femminile rifiuta le battute sessuali attraverso le barzellette maschiliste, specialmente se sono alla ricerca di una relazione seria.
Tuttavia, esiste una affermazione famosa negli attuali studi sessuali negli USA che ricorda che se fai ridere una donna su barzellette sessuali, l’uomo sarebbe già a metà dell’opere di conquista.
Bisogna però fare attenzione a non esagerare quando si cerca di fare colpo al primo appuntamento, poiché le nostre battute possono essere percepite come uno specchio molto veritiero della nostra personalità.
Freud scrive che, per esempio, scienziati dopo un importante e stressante convegno che impegna la conoscenza e l’intelligenza andando al bar bevono alcol per rilassarsi, e una volta disinibiti come sono a quel punto, si raccontano barzellette tra loro a sfondo sessuale di fronte a una donna che funge da spettatrice.
Lo scopo è non solo seduttivo, ma anche eccitante e sdrammatizzante.
Certo che le parole sconce, in certi casi, sono pronunciate per sdrammatizzare le conversazioni per renderle informali.
Il punto interessa quando tale abitudine diventa stereotipata.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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