Questa frase è naturalmente allegorica e penso che sia una citazione che è stata pronunciata da tante persone illustri come Socrate, Seneca, Shakespeare, Nietzsche, Einstein, Oriana Fallaci, Marilyn Morroe e chissà quanti altri …
Può sembrare una frase paradossale, ma sotto intende che l’attesa di un evento certissimo, che però nasconde il quando, il modo e il come poiché avverrà, può terrorizzare al punto da esserne ossessionati.
L’attesa ossessiva in certi casi si trasforma nella fantasia paradossale di farla avvenire presto al fine di controllarne l’angoscia e liberarsene per sempre. Come se si trattasse di un temuto intervento chirurgico: aspetto con ansia che venga quel giorno, così mi metto in pace!
Distinguo tale concetto dal desiderio di scomparire dalla faccia della terra di un malato terminale che è stato colpito da una terribile malattia degenerativa, ad esempio la Sla (Amiotrofic lateral sclerosis), che non lascerebbe scampo sino alla fine e nel frattempo porterebbe ad atroci sofferenze.
L’eutanasia della quale ho parlato altrove riguarda un altro concetto: ho tanta paura di soffrire che non vedo l’ora che ciò accada.
Mi riferisco invece a possibili atteggiamenti del comportamento umano che rimangono inconsci, ma che possono mirare, seppur indirettamente, ad accorciare la propria vita, forse proprio per esorcizzare il morire stesso, inseguendolo.
Naturalmente certi aspetti masochistici sono assai moderati e non debbono essere interpretati nel modo ipotetico di accelerare il corso della propria vita.
Fumare non è sano, ma rientra nella normalità di chi cerca almeno un piacere e sa moderarsi consapevolmente perché sa che non giova alla salute.
Pensiamo invece a una persona che fumasse quasi tre pacchetti di sigarette al giorno, o bevesse quotidianamente un’intera bottiglia di wisky.
Certe persone bulimiche mangiano sino a pesare trecento e oltre chili.
Sappiamo che certi giovani inventano sport di sfida che appaiono a noi micidiali: alcuni di questi, come saltare sul tetto di treni che sfrecciano in direzione opposta o volare con tute speciali a forma di uccello gettandosi freneticamente nel vuoto da un’alta montagna, sfidino la vita.
Ci sono persone che, analogamente a questo meccanismo ansiogeno, temono d’innamorarsi, cioè di cedere all’amore come se certi sentimenti rappresentassero una trappola mortale e generassero una dipendenza letale.
Queste stesse persone desiderano amare ed essere amate, ma l’attesa di questi eventi sembra essere cosi faticosa da preferire fuggire dalle relazioni, anche se una parte di loro volesse andare avanti.
Penso agli aspetti masochistici dell’essere umano piu’ come a meccanismi psicologici di ambivalenza, (amore/odio) la cui oscillazione e prevalenza di uno stato psichico sull’altro serve a proteggerci da qualcosa che profondamente temiamo.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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