Penso che l’autenticità si riferisca alla nostra interiorità, al di là di quello che vorremmo apparire o crediamo di essere e comunicare.
Se parliamo di una legge in un documento, ad esempio, dovrebbe, in sede giudiziaria e notarile, essere autentico quando è stato compilato secondo i principi prescritti dalle normative o dai giuristi.
E’ doveroso riferirsi all’interpretazione di una legge secondo ciò che il legislatore ha cercato di intendere, andando post litteram normae.
Heidegger parla di inautenticità e impersonalità, di anonima, quando l’Ego di un individuo inserito in un ambiente sociale ignora la gruppalità del Noi.
“Per quanto riguarda la morte” – scrive il filosofo – “l’uomo si trova a non avere scelta o alternativa nella propria esistenza, perché tale condizione non solo è una realtà permanente con cui dovrà misurarsi comunque, ma è l’unica che, quando si realizza, annulla e rende impossibili tutte le altre.
Solo la morte, però, è costitutiva dell’esserci come tale, mentre le altre possibilità pensabili non realizzano la vera essenza degli uomini.”
Heidegger continua scrivendo che una vita dedicata totalmente alla famiglia, o al guadagno, o ad un mestiere specifico, sviluppa nell’uomo un’esistenza inautentica. Un’esistenza quotidiana, sostanzialmente insignificante e anonima, dove prevale l’adeguamento a modelli impersonali.
Penso che la ricerca dell’autenticità sia l’unico scopo esistenziale che ripaghi dello stesso sforzo.
Il sentimento che mantiene aperta nell’uomo la minaccia della morte è l’angoscia, che non è da intendere come timore cioè causa della propria debolezza o di desiderio di fuga dal proprio destino, ma un’angoscia che testimonia il momento di comprensione emotiva della propria nullità.
Pensava anche Heidegger che di fronte all’angoscia della morte l’uomo si sente in presenza del niente, dell’impossibilità possibile della sua esistenza.
E ancora: “solo l’angoscia, mostrando ogni situazione alla luce della morte, gli consente di realizzare la storicità dell’esistenza, evitando di cristallizzare la su possibilità già verificatesi; e d’altro lato, vivendo a contatto con la morte, l’uomo riesce ad accettare più liberamente anche quelle circostanze che tendono a ripetersi, per poter restare fedele al destino suo e della comunità alla quale appartiene.”
Penso che l’autenticità degli esseri umani sia connaturata e coincida con la ricerca in se stessi della propria profonda identità.
Tale coscienza di Sé, delle proprie origini sia biologiche che psichiche, serve all’essere umano per non sentirsi una nullità e, in particolare per non sparire dal mondo, per non dissolversi nel nulla.
Si tratta di esorcizzare il morire che, in realtà più che la morte in Sé, è il fantasma concreto da cui deriva veramente il senso di terrore.
Quello che sappiamo della nostra morte è la conoscenza di un limite della vita, ma questa consapevolezza non spaventa in sé, perché appare come un concetto astratto.
L’identità corrisponde al senso autentico di Sé: il Self è descrivibile come una struttura che si costruisce dall’esistenza del proprio corpo, dal come si appare allo specchio e socialmente agli altri della comunità, dalla propria salute fisica, dalla posizione di successo o meno in seno alla Società e infine dalla propria dignità.
Cercare in se stessi credibilità, verità autentiche, significa addormentare le parti sovrastrutturali e mantenere le proprie radici del Self forti, libere e non facilmente dissolvibili.
L’immagine del Self è governata del nostro Ego proprietario di casa, ma anche da interlocutori, personaggi che convivono con l’Ego nella casa del Self.
Tali interlocutori che sono cresciuti attraverso le varie e passate esperienze di incontri, rappresentano stati mentali ed emozioni, cioè il nostro vissuto delle cose.
Se noi come meccanismo difensivo viviamo interpretando in eccesso, in base anche ai pericoli contingenti, rischiamo di vivere fingendo la nostra esistenza. Utilizzando alcuni dei nostri personaggi interiori rischiamo di sentirci deboli, di essere facilmente cancellati dal mondo che rispecchia a noi stessi la nostra identità.
La ricerca di autenticità rafforza il nostro Ego che abita il Self e genera unità sintetica e rinnovato senso della vita.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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