Il termine razzismo rappresenta un’imbecillità mentale perché, a mio parere, non esiste tale riferimento biologico a questa denominazione, rispetto a quanto dovrebbe significare nella realtà sociale.
Si tratta di un termine che ha fatto comodo a molti politici, in particolare del passato, al solo fine di demolire le popolazioni che erano temute per le loro bravura e virtù, cioè per il rischio di invasioni territoriali o di supremazia di poteri per diventare più forti e compatti.
Si affermava, e forse si afferma ancora adesso, che esistessero, o esistano, razze inferiori e razze superiori.
Ma i biologi, gli anatomo-patologi, gli scienziati in genere, non hanno mai trovato elementi per le quali si possano individuare differenze significative tra le razze.
Si possono trovare caratteristiche specifiche che appartengono a tutti gli esseri viventi e differenze significative tra la specie, differenze, anche enormi da un punto di vista culturale e sociologico, ma da un punto di vista biologico non il razzismo non ha alcun significato, perché il termine razza non è scientifico verso gli essere umani se non caucasica, negroide, asiatica indiana: gli uomini non sono stati isolati geograficamente abbastanza e a lungo tanto da creare varietà genetiche distinte.
L’uomo è da sempre in continuo movimento e le varietà continuano a diluirsi una nell’altra.
Come ha dimostrato il genetista Luca Cavalli-Sforza, che ha demolito i fondamenti biologici del concetto di razza, le civiltà non rappresentano una struttura chiusa e isolata.
Nel 1959 M.W. Battacchi scrisse un importante libro dal titolo “sul pregiudizio etnico della cultura dei settentrionali”.
Tale importante ricerca, oltre che da Battacchi, ha trovato già solo in Italia quel periodo molti altri importanti scienziati psicologi come Massucco-Costa, Fonzi e Meschieri, che hanno indagato sul conflitto sociale dell’immigrazione dei meridionali verso le città settentrionali, verificando il pregiudizio etnico tra i due gruppi.
Il regista Ettore Scola scrive che molti discriminanti sono quelli che ritengono i meridionali brutti, sporchi e cattivi.
Molta gente considera tali pregiudizi un vizio d’origine, scritto nel loro codice genetico, come una tara ereditaria, che si tramanda di generazione in generazione.
Non è una novità, ci sono tanti testi scritti sul meridione in merito. Si potrebbe accettare: nulla di nuovo sotto il sole!
L’analisi dello scrittore editore Valentini sul nostro Sud è a volte spietata e nota, come quel altrettanto noto editore di origine siciliana che sostiene che il Meridione ormai sia irrecuperabile e che forse sarebbe meglio lasciarlo andare alla deriva e abbandonarlo al proprio destino. Si sottovalutano le difficoltà di carattere storico, economico, sociale e anche culturale che ostacolano la rinascita del Sud
Lo scrittore traccia un elenco spietato delle cose che non vanno, e tuttavia sembra infine fiducioso e crede che il Sud si possa e si debba salvare.
Il libro fa riferimento ai tanti numeri, dati, ai rapporti annuali dell’Istat, che evidenziano come effettivamente l’Italia è spaccata in due.
In sintesi, è possibile che si siano sempre confuse le differenze culturali dal razzismo, che è quindi o frutto di ignoranza o semplicemente non esiste, se non come mezzo per prevalere politicamente su altri territori e persone
Al di là di differenze superficiali, come il colore o la forma degli occhi, il grado di parentela con qualsiasi altro essere umano è altissimo.
In epoca moderna, nessuno è mai riuscito a dimostrarne l’esistenza di razze nella specie umana, spiega Giovanni Destro Bisol, antropologo dell’università La Sapienza di Roma.
La biologia ci racconta piuttosto che siamo tutti molto simili o equivalenti da un punto di vista genetico.
Esiste un’umanità diversificata, in continua evoluzione e trasformazione.
Occorre in sostanza sciogliere questa sorta di paradosso secondo cui la nostra percezione dice una cosa e la biologia ce ne offre un’altra.
Non esistono negli esseri umani, in verità, basi genetiche che avvalorino l’ipotesi di disuguaglianze connesse con l’intelligenza, promosse da un comportamento diverso a causa di ragioni genetiche.
Il colore della pelle, la forma degli occhi e la struttura corporea non sono altro che l’adattamento alle diverse condizioni ambientali.
Esiste invece la Xenofobia, che significa, paura del diverso.
Molte persone adottano difese discriminatorie che hanno a che fare con la scissione mentale.
La scissione è il primo primordiale meccanismo di difesa che adotta il neonato per accettare l’impatto conoscitivo con le realtà che possono rimanere impresse come traumi.
Il bambino scinde automaticamente in due parti ( splitting) l’oggetto che in tal modo lo spaventa meno, e lo affronta un po’ alla volta. Si tratta di vedere il cattivo, distinto dal buono con un tempo che concede la identità sinteticai e l’elaborazione.
Già Renè Spitz aveva intuito come il bambino vedesse l’estraneo, senza la presenza della madre, come cattivo e pericoloso.
Melanie Klein parla di scissione del buono e cattivo a proposito del seno materno durante i primi sei mesi di vita.
In molte persone l’estraneo che ha la pelle nera è associato all’uomo nero che mangia i bambini.
E’grave fare confusione!
L’omofobia di uomini e donne in genere è pensabile in tal modo.
Ma i pregiudizi toccano tutte le sfere sociali.
Le donne, si dice, non sanno guidare, sono isteriche, sono deboli, sono tutte puttane!
Non parliamo delle false credenza in medicina, dove alcuni cibi risulterebbero pericolosi per la salute, mentre la scienza sostiene che sono invece salutari.
In molti casi, il pregiudizio dilaga ovunque e genera una cultura pericolosa !
I comunisti mangiano i bambini, i milanesi sono tutti polentoni, i siciliani sono tutti mafiosi, gli albanesi sono tutti ladri, chi porta i capelli lunghi non si lava, ecc, ecc..
Immaginiamo cosa avviene antropologicamente in molte parti del pianeta e quali possono essere le conseguenze!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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