I selfie si sono automatizzati: quel aggeggio che permette di trovare, per eseguire una foto, una prospettiva adeguata a distanza, facilitando l’esecuzione ripetuta di fotografie con il cellulare che non ha quasi limite.
Tempo fa la fotografia di una coppia veniva eseguita come se fosse scaturita da una forte emozione e dentro un contesto ben pensato per mantenere nella propria memoria un clima e un’atmosfera indistruttibile.
E’ pur vero che, sempre tempo fa, per avere una foto in coppia bisognava chiedere ad uno o alcuni passanti il disturbo di farsi fotografare e così le foto si collezionavano a fatica.
Le foto erano poche, ma buone.
Oggi succede che gli smartphone ne collezionano a centinaia e migliaia fino ad esaurire la memoria del telefono.
Ho visto molta gente che non ritrova più la foto che cerca, non ritrova quelle importanti che significherebbero specifiche situazioni, troppe foto sono state depositate nella memoria del telefono molte uguali e inoltre spesso non le ritrova perché non le ricorda.
Fotografare significa catturare l’immagine di un’oggetto, paesaggio, persone, ecc. per averle sempre con se e comunque possederle, non perdere ciò che piace.
Si direbbe che la gente con l’uso elettronico di captare le immagini senza costo della pellicola abbiano aumentato l’abulia dei fotografi, il consumismo delle immagini.
Il consumo esagerato può decontestualizzare il senso dell’oggetto, come se fosse tutto uguale.
Rappresenta il trionfo di una realtà non autentica nella quale ciascuno si identifica con tutti, mentre nessuno si riconosce come se stesso, nell’omologazione della massa.
L’imposizione delle mode e degli stili di vita attraverso la pubblicità omogeneizza tutti i paesaggi, tutti personaggi che appaiono nelle foto come macchine indistinguibili.
Penso che la fotografia d’autore sia un atto dell’anima del fotografo come se fosse un pittore.
Quella foto diventa una istantanea che propaga emozioni. C’è in essa un punto di vista che colpisce la fantasia.
Quel riquadro, fermo nel tempo, esprime una certa vitalità, quella che l’autore percepisce, quella che l’immagine contiene.
Il punto da cui la foto viene scattata è importante, come l’oggetto, come il colore del tema e l’ora della giornata.
Le foto del computer, cioè dello smartphone, i selfie potrebbero trasmettere poche emozioni e del ricordo della situazione spesso sono prive, anzi ne cancellano il motivo per cui si sono state immagazzinate nella memoria.
Ammalati d’immagine, scopriamo spesso solo l’apparenza delle cose!
Naturalmente ci sono eccezioni e non intendo biasimare chi si diverte nel modo che sceglie di fotografare.
Esiste la qualità, ma anche la quantità: è difficile avere entrambe le caratteristiche!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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