La creatività umana deriva, in fondo, dal bisogno innato di vedere il mondo in modo magico.
Il vissuto umano delle cose che ci circondano, dalle persone che contattiamo agli oggetti inanimati, si costituisce grazie a emozioni che si formano in base agli stessi innumerevoli incontri che ci capitano sin dalla nascita.
Ciascun incontro può essere fatale per costituire rappresentazioni mentali significative, eventi ed emozioni che non solo perdurano nella nostra mente, cioè conservati nella corteccia, nel sistema limbico e nell’ippocampo, ma si assimilano e si accomodano tra loro, aggregandosi in modo diverso.
Tali incontri esperienziali danno origine alla riformulazione di ricordi ed emozioni, che si trovano nel sistema limbico, grazie all’amigdala, cioè un gruppo di strutture nervose interconnessa di forma ovale, quasi come una mandorla, che reagiscono a emozioni selettive come, in particolar modo, al pericolo e alla paura.
Ormoni come adrenalina, dopamina, noradrenalina entrano in circolo e alimentano altre emozioni.
Le varie emozioni animano vissuti interiori, che sono come personaggi che ci parlano interiormente, e ci suggeriscono quel che sembra a noi meglio fare, dove andare, ecc..
Così immaginiamo come persone sane, in base a tali suggerimenti provenienti da questi interlocutori interni, che le cose del mondo siano fatte in quel modo, pur mantenendo un giudizio sufficientemente oggettivo del reale.
Tuttavia il mondo è comunque assai rivestito del nostro soggettivismo che deriva da tutte le esperienze d’incontro del passato. Nel cercare ciò che comprendiamo essere per noi interessante, desiderabile e attraente, tendiamo a trasformare più o meno leggermente il reale.
Tale trasformazione può diventare creatività, scoperta, invenzione.
Sotto tutto questo sta il senso del magico, un pensiero sognante che nell’infanzia può essere normalmente abusato per sopportare ciò che è difficile, ma che permane in seguito anche nell’adulto.
Vivere significa quindi giocare con il reale e creare il nuovo, influenzati dal magico.
Le relazioni e i rapporti positivi sottendono un’interazione positiva che accetta la passione, la curiosità, i vari interessi.
Qualche volta il bisogno di magia, porta all’ingenuità, all’eccessiva idealizzazione, all’egocentrismo eccessivo, al disturbo narcisistico della personalità, alla cecità mentale, al delirio sociale.
Normalmente la magia, arricchisce la nostra fantasia e la voglia di scoprire il mondo, trasformando la passività e il pessimismo, spesso connaturato, in attività, ricerca, voglia di viaggiare e conoscere, sperando di appagare la magia che è sempre in noi.
La cura psicoanalitica, come ho già scritto, si basa su una interazione che ha una base di gioco, cioè che presuppone il come se, cioè una finzione autentica che avvia alla coscienza mentre contiene un po’ di magia. L’interazione giocosa alla base permette di funzionare meglio, a livello di autonomia e di realismo.
Conoscere i propri sogni serve a conoscere i propri desideri di magia, non a continuare cronicamente a sognare ciò che non c’è come nella favola di Peter-Pan e di Cinderella.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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