Molti giovani che decidono di vivere assieme o di sposarsi partono dal ragionevole e romantico presupposto secondo il quale non si dovrebbe durante la convivenza mai litigare, ma anzi trovare una simmetria di convivenza ottima, se non perfetta, ideale per perfezionare sia condivisione sia complicità.
Le loro famiglie di origine erano costituite da genitori che andavano d’accordo quasi sempre, o comunque tali apparivano ai figli, per cui se accadeva un conflitto questo veniva espresso solo in assenza dei ragazzi.
Poteva accadere il contrario: in famiglia si litigava spesso con furore, anche con un po’ di violenza, o c’era poco rispetto e alla fine i genitori si sono separati.
I figli con le loro fidanzate o fidanzati si sono trovati anche per mantenere un progetto di convivenza che rispecchiasse la stessa pace dei rapporti immaginati o al contrario ridurre il rapporto a un’oasi di pace familiare che non hanno potuto vivere, chi ha sofferto le scene drammatiche della famiglia: mio padre trattava male mia madre a volte la picchiava e lei piangeva… oppure mia madre era fredda con mio padre e lo criticava sempre poverino…
In realtà ci si accorge per quanto le intenzioni siano buone da parte di entrambi che la convivenza implica un rapporto dove a un certo punto litigare con il partner è praticamente una sicurezza.
Litigare in coppia significa aderire al rapporto con un interlocutore che, oltre ad essere la persona più o meno desiderata ed amata, rappresenta anche una o più riferimenti interiori attraverso i quali discutere e dialogare. Come si potrebbe dialogare da soli? Certo non è escluso, ma sarebbe un vero dialogo?
Affinchè sia un dialogo proficuo occorre tantissimo tempo, più di una vita intera per imparare a darsi le risposte convincenti e che siano soddisfacenti.
Litigare quindi potrebbe essere, a di là del motivo contingente, un modo per allontanarsi e avvicinarsi dal partner, per conoscere meglio se stessi e conoscere anche l’altro. Tutto porta a smussare certi angoli e a volersi anche più bene.
Penso quindi che in una coppia sia naturale litigare e discutere animosamente con il partner. Tuttavia il fatto è che alcune coppie semplicemente litigano più di altre.
A volte si litiga spesso, a volte poco, a volte quasi mai, ma la coppia si sente statica, amorfa se non c’è animo conflittuale da sanare.
Penso in definitiva che litigare faccia bene alla salute della coppia.
Rinunciare per paura di perder l’altro non è una buona scusa, perché si rischia l’esplosione finale anziché andare alla pace cioè verso la stabilizzazione del rapporto.
In nome della tregua si liquidano in fretta i momenti d’attrito per poi ritrovare l’armonia anche per stanchezza insita nella dinamica litigiosa, ma penso che sino a che i litigi includano momenti produttivi valga la pena starci.
Quando però si sente che comincia a mancare il rispetto, il non essere ascoltati, dove la replica manca, prevale la noia, oppure l’angoscia che non si risolve, il rapporto sta per essere compromesso.
Succede di parlare in modo stereotipato sugli stessi argomenti alzando molto la voce, significa che la relazione non è in primo piano, ma sta subentrando una stanchezza estenuante perché l’altro non ti interessa più.
In realtà penso che sino a che il litigio corrisponde a un dialogo autentico, e finalizzato alla crescita della coppia, sia proficuo e arricchente, ma quando diventa troppo stereotipato, la coppia non esista quasi più, perché l’evoluzione potrebbe essere bloccata.
Un aiuto professionale potrebbe essere molto utile in certi casi, specialmente quando il linguaggio è frainteso.
Il tempo aiuta a decidere cosa fare!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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