Un nuovo farmaco viene messo in commercio dopo che le sperimentazioni hanno dimostrato che il principio attivo di una medicina è efficace più o meno come ipotizzato, e che le controindicazioni sono percentualmente chiare e prevedibili.
Diversi metodi di sperimentazione di un farmaco portano a sicurezze sugli effetti farmacologici, quelli positivi, quelli indesiderati, quelli nocivi, rari e improbabili, le vere controindicazioni, sintomi lievi all’inizio della cura, ecc..
Per esempio un gruppo di pazienti che soffrono di una malattia yz sono trattati con una pillola che contiene uno zuccherino da ingerire con un po’d’acqua.
Ad un altro gruppo di pazienti viene somministrata la pillola con il contenuto che si vuole sperimentare, cioè con la sostanza farmacologica attiva e composta con i suoi eccipienti.
Si osservano le reazioni dopo il tempo previsto come necessario per verificare gli effetti sui pazienti.
Le percentuali di miglioramento debbono risultare evidenti a favore del farmaco che sarà ancora studiato sino a che non si otterrà un quadro completo per l’approvazione finale derivanti dai vari Ministeri della Sanità.
Nelle sperimentazione dei farmaci dovrebbero esserci collaborazioni internazionali con l’approvazione del Ministero Mondiale della Salute.
In tal modo il farmaco sarà introdotto nel commercio o respinto.
Succede spesso che la sostanza attiva del farmaco provi l’efficacia positiva del farmaco stesso, ma si può osservare che tale positività non si differenzi tanto dall’effetto placebo che è rappresentato dallo zuccherino e che non produce di per sé alcun effetto.
In certi casi accade che non si differenzi affatto.
In tal modo si possono nascere le domande scientifiche e tecniche sulla scarsa o indiscutibile efficacia positiva e migliorativa della salute dei pazienti.
Cosa sta alla base del placebo che di per sé invece qualche effetto positivo spesso lo genera?
Molto spesso i pazienti dichiarano in buona fede al medico al quale si sono rivolti per aiuto che i loro sintomi sono più severi di quanto non siano in realtà. In un secondo tempo si accorgono di sentirsi leggermente meglio e attribuiscono ciò al farmaco che in effetti era il placebo.
La suggestione influenza la convinzione che il farmaco migliorerà la loro situazione patologica e in effetti anche a livello psico-neuro-ormonico le endorfine saranno di aiuto nel dolore percepito e anche il cortisolo agirà per il meglio abituando l’organismo al dolore.
L’esperienza positiva fa mantenere la percezione verso un andamento positivo.
Se assumiamo un farmaco che ci fa bene, ce ne ricordiamo per le volte successive e compiamo delle associazioni a seconda delle esperienze vissute.
Inoltre il camice bianco svolge una certa funzione di autorevolezza che spinge molta gente che è in quel momento paziente a compiacere, ma compiacendo, stanno meglio perché il dottore ai loro occhi se lo aspetta.
Però se le aspettative del medico sono pessimistiche, la cura avrà l’effetto nocebo.
I pazienti trattati per diversi giorni con farmaci con sostanze autentiche, possono continuare a sperimentare miglioramenti nella cura anche se, ad un tratto e a loro insaputa, il farmaco viene sostituito da un placebo.
Se un paziente riesce a vincere l’insonnia con un sonnifero e dorme può prendere un placebo per qualche notte e continuare a dormire.
Il rapporto con il medico e il modo nel quale il farmaco è somministrato possono davvero fare la differenza.
E’ anche interessante sapere che in alcuni casi in cui la malattia non è grave, certi pazienti si curano da soli assumendo sostanze come integratori fatti di erbe completamente inefficaci per il loro problema.
Dico ciò non per svalutare le erbe che invece possono essere efficacissime, ma mi riferisco a erbe che sono predisposte per altre cure di malattie, sembrano funzionare come lenitive in ugual modo.
Il bello è che spesso il paziente è consapevole che non ci sarebbe compatibilità nella cura tra quelle erbe e certi sintomi.
Il placebo sta nell’appagamento di assumere qualcosa di medicamentoso!
Quindi senza aspettarsi troppo, non sottovalutiamo il potere suggestivo e psicologico del placebo, specie nella cura della pressione arteriosa, nell’insonnia, nelle leggere cefalee, nell’ansia moderata e altro!
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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