Si potrebbe dire che il concetto di casa per la psicoanalisi sia simbolicamente inteso come il luogo degli affetti e come un polo materno. E’ la sede delle radici, dove il bambino nasce insieme alla figura materna.
La casa è un contenitore simbolico dove risiedono gli affetti, la gestazione e l’allattamento del bambino, dove si dorme nella culla e il bambino si sente protetto. Nella casa si raccontano le favole, c’è il gioco, c’è calore umano. Nella casa vige un codice che il grande psicoanalista Franco Fornari denominò negli anni 80, con queste iconiche evocazioni, codice della notte.
Il codice delle notte dunque si fonda su regole opposte a quelle aristoteliche, cioè non sono sillogistiche.
I Codici sillogistici (tesi-antitesi-sintesi) secondo Fornari, hanno rappresentano per duemila anni il codice dell’ordine del giorno che a sua volta codifica scienze quali la matematica, la fisica e tante altre scienze esatte…
Seguendo Fornari, ricavo che il lavoro sociale della gente alla luce di un’ analisi psico-sociologica, non si può non tener conto della psicologia degli affetti che sottende le dinamiche di massa e della gente.
Nel codice della notte è implicito l’ordine del sonno e del sogno, dell’arte e degli affetti.
Nel codice del giorno è implicito l’ordine pratico del fare per mezzo della ragione.
La psicofisiologia del sonno e del sogno riconosce che il sonno sia pensiero libero e che è sempre presente e attivo durante la notte, perché non ci sono altri impegni per chi sogna, salvo disturbi fisici.
Il sonno segue neurologicamente il ritmo circadiano che è di 24 ore, ma nella notte, durante il sonno, il pensiero notturno NON E’ imprigionato dalla grammatica e dalla sintassi, tipico del mondo diurno, ma poi nemmeno condizionato dal tempo, dal senso e dalla spazialità.
L’ordine della notte corrisponderebbe alla dimensione pulsionale animale, dell’irrazionalità primitiva, dell’infantilismo sempre in agguato. A ben guardare, non solo i fenomeni umani sono sottoposti alla logica notturna, ma anche quelli corporei. Non solo il comportamento umano risponde alla logica del tempo circolare e di contraddizione, ma anche il comportamento dei fenomeni naturali, fisici, chimici, biologici ne sono sottoposti.
Seguendo il pensiero di Fornari, la gente si riunisce in gruppi per lavorare. Il gruppo viene riunito in squadra e formato per eseguire una serie di compiti, disposti in un ordine esplicito e razionale. L’ordine del Giorno è il principio di realtà, l’Ego razionale, l’impegno comune, la base logica e ragionevole del gruppo, il compito da realizzare, la performance sulla cui qualità il gruppo valuterà se stesso e sarà valutato.
Gli ingegneri, quando progettano, discutono, decidono o costruiscono le loro creature, esprimono il contenuto seguendo solo la prospettiva che il codice dell’ordine del giorno suggerisce. Questa è la logica illuminista! In altre parole se l’ordine del giorno viene espletato completamente, significa che il gruppo ha lavorato bene; altrimenti significa che il gruppo ha funzionato male. Si tratta in questo caso per Fornari di una visione ingenua perché considera solo i contenuti tecnici del gruppo, ma trascura i metodi, i processi e le dinamiche.
E’ un processo che si basa insomma solo sulla logica, ignorando del tutto il codice affettivo della notte.
Da un punto di vista neurologico, l’emisfero destro del nostro cervello sarebbe deputato all’ordine delle notte di colore emotivo, mentre l’emisfero sinistro sarebbe deputato alle azioni concrete ad opra delle ragione delle scienze esatte.
La psicosociologia dimostra che vivere mantenendo separati i due ordini è un errore.
Chiunque abbia esperienza diretta di lavoro di gruppo sa che raramente si esegue l’ordine del giorno previsto, come ci si aspetterebbe, e anche quando ciò avviene formalmente è raro che sia frutto di un lavoro di gruppo soddisfacente.
Se l’ordine del giorno è espletato non significa necessariamente che il gruppo abbia lavorato bene, oppure se non viene espletato, non significa affatto dire che il gruppo abbia lavorato male.
I termini bene e male nel nostro caso non sono validi riferimenti, ma valgono piuttosto due variabili essenziali al lavoro di gruppo: l’efficienza e la soddisfazione.
In realtà, un gruppo di lavoro funziona bene quando realizza il suo compito con la massima efficienza (rapporto fra mezzi e risultati) e con la massima soddisfazione dei membri. Un gruppo va male quando non perviene alla massima efficienza e alla massima soddisfazione.
Il polo della casa in effetti che appartiene all’ordine della notte e che include significanti come l’ordine del sonno e del sogno, e anche delle emozioni e degli affetti non può vivere separato dall’ordine del fare, dell’operatività e viceversa.
Quel che accadendo in queste settimane e mesi invece che viviamo profondamente questa dicotomia lontano dal fare.
L’ordine della notte senza l’ordine del giorno è infantilizzante, come l’ordine del giorno senza l’ordine della notte è automatizzante.
Se ci prefiguriamo socialmente che avesse come icona un mondo interiore la casa, vediamo gli affetti, il calore, la dinamica del sonno e sogno, la poesia, la letteratura, l’arte, l’estetica, il bello che fa parte del grande polo materno, ma abbiamo bisogno di sentire l’icona del padre che regolamenta i nostri desideri grazie a norme che grazie ali saranno interiorizzate.
Senza l’icona del padre non ci sarebbe futuro, perchè non ci sarebbe attrazione ideale, ma ci sarebbe solo desiderio inespresso e statico.
Senza l’icona materna non ci sarebbe materia per regolamentare: sarebbe come avere internet senza materiale da inviare.
Ma questi due poli debbono integrarsi tra loro, e mai respingersi.
Spesso nella vita quotidiana non è facile che i due codici convivano assieme.
In realtà dovrebbero i due codici convivere integrati in una sola unità: diurna e notturna, performativa ed affettiva, razionale ed emozionale, logica e psico-logica. Ogni gruppo di lavoro ha un ordine del giorno, coi relativi contenuti manifesti, ma ha nel contempo punti di vista distanti, ma compenetrabili.
In senso lato, possiamo affermare che tutti i gruppi sono da considerarsi gruppi di lavoro, anche quelli il cui ordine del giorno è implicito, vago o flessibile.
Il carattere decisivo di un gruppo di lavoro o di un lavoro di gruppo, non è il lavoro, il compito, l’attività da svolgere, l’obiettivo da ottenere, ma l’esistenza ed il funzionamento plurale del gruppo.
Un ordine del giorno espletato da uno solo o pochi membri del gruppo, non è un lavoro di gruppo riuscito. Un ordine del giorno espletato senza la piena soddisfazione di tutti i membri, che sentono tutto arido, cioè senza un mantenimento o incremento dell’appartenenza e dell’investimento, non è un lavoro di gruppo riuscito.
Un lavoro di gruppo riuscito invece è un lavoro che risponde pienamente ai due ordini, diurno e notturno.
La vita quotidiana che viviamo all’esterno è vitale, varia e ricca di stimoli più evidenti nel loro insieme. E’ fatta di razionalità, ma anche di compensazioni affettive, di riconoscimenti aziendali che potrebbero essere viste come rimproveri affettivi, sgridate, giudizi, ma anche come ricompense e abbracci come riconoscimenti ricevuti dal padre o dalla madre.
Certo in questo lungo periodo di solitudine del Codiv-19 l’integrazione solita desiderata tra l’ordine della notte e del giorno non può verificarsi. Il mondo appare sospeso in un sonno, o dormiveglia prolungato in un limbo e in uno stato d’infanzia esadolescenza prolungata.
Il fatto che molta gente lamenta di non aver voglia né di leggere, nè di fare, pur avendo numerosi propositi di sistemare molte cose a casa, si può spiegare di viversi abbandonata senza un futuro tangibile che da forza e speranza di concretizzare.
Come dicono gli esperti e anche il governo, presto rivedremo la luce dell’ordine del giorno!
Penso a Dante nel 34 canto dell’Inferno (135):
Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto
d’un ruscelletto che quivi discende
per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
col corso ch’elli avvolge, e poco pende.
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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