Se la famiglia di origine costituisce una minaccia per la nuova coppia

Se la famiglia di origine costituisce una minaccia per la nuova coppia

Quando i due fidanzati decidono di vivere assieme, dopo un po’ di felice esperienza lungo la spesso passionale frequentazione, potrebbero anche vivere un’ansia in vista di abbandonare la famiglia d’origine.

Paradossalmente accade spesso che la convivenza o matrimonio con il partner sia determinato da un bisogno impellente di staccarsi dalla prima famiglia dalla quale i giovani si sentono protetti, ma anche controllati sin da quando erano bambini.

Anche in questo caso tuttavia la fantasia di evadere dall’atmosfera genitoriale e l’atto stesso di andarsene può in molti casi essere vissuta come una trasgressione che genera angoscia e insicurezza. Spesso l’angoscia è camuffata dall’idea di rinascita che illumina l’animo per non dover più rispondere alla supervisione dei controllori e quindi da una certa euforia in vista dall’indipendenza.

L’attaccamento alla famiglia d’origine può comunque essere piuttosto sano e quindi può avvenire con un minimo di difficoltà, e in genere con la buona tendenza risolutiva di elaborare bene il lutto conseguente al distacco.

In questo caso, si delineano poco a poco due famiglie che sono tra loro in contatto, ma senza collidere né colludere.

In altre parole, vige il rispetto reciproco sulle differenze di stile dei vari punti di vista anche se a volte sono assai differenti o addirittura opposti. I genitori di entrambi i giovani, pur non condividendo magari individualmente l’atteggiamento della nuova coppia rispetto a valori  e punti di vista, al modo di pettinarsi o di vestirsi, non si oppone, né con critiche dirette, ma nemmeno indirette.

Questo può significare che le famiglie di origine sono abbastanza in buona salute, perchè fondamentalmente autonome e non predomina in loro il bisogno inconscio di servirsi dei figli per esercitare il vecchio potere basato sulla funzione genitoriale.

La loro disponibilità si limita a consigliare su ciò che viene richiesto e solo se viene richiesto e aiutare laddove possono e sempre se c’è un bisogno domandato dai figli.

Succede però spesso che in alcune famiglie patriarcali o matriarcali la iper-protettivitità, agìta da parte dei genitori sui figli, inneschi un meccanismo di controllo al quale è difficile rinunciare.

I figli maschi sembra che abbiano la meglio sulle madri quando queste non riescono più a trattenerli all’età della adolescenza dall’avere le prime esperienze amorose.

Allora alcune madri cercano il controllo sui figli partecipando con spirito apparentemente sportivo alle conquiste femminili delle loro creature. Parteggiano, suggeriscono e diventano alleate nelle varie prodezze di seduzione dei loro maschietti elevati ad eroi.

Ma i figli inconsciamente non si sentono mai veramente liberi e tendono a mantenere il legame con le madri mettendole sempre al primo posto per tutta la loro vita. La loro scelta del partner femminile diventa difficile perché il paragone inconscio avviene sempre con la propria madre che in fondo al loro cuore è insuperabile.

Le ragazze figlie di questo tipo di madre sono più a rischio perché l’identificazione con la madre che già è iperprotettiva è duplice.

La prima identificazione, come per il maschio, è offerta dalla figura della madre nutritiva, cioè quella arcaica che è sempre dentro di noi. La seconda è ovviamente quella con la donna adulta che ha avuto certe particolari vicissitudini.

La ragazza in altre parole, nel cercare di costruire una propria identità nel suo modo di essere e di agire, non può non confrontarsi con la prima donna che ha conosciuto che è proprio la madre stessa

Deve contattare le eventuali sensibilità, debolezze materne, riconoscere il suo modo di rapportarsi agli uomini incluso il tipo di rapporto con lo stesso padre.

Il rischio che si corre in questo caso consiste nel fondere a livello inconscio la relazione primaria con quella secondaria. La madre diventa l’oggetto unico, molto potente dal quale è assai arduo attuare interiormente una separazione definitiva.

La separazione definitiva non significa affatto considerare la madre in modo ostile, ma attuare una sufficiente autonomia interiore da poter liberamente scegliere in modo adulto la propria vita sentimentale in considerazione del proprio futuro.

E’ noto che la così detta sindrome del nido pieno significa la sensazione che prova la famiglia di origine quando i figli grandi non escono di casa per vivere la propria vita.

Ma la sindrome del nido vuoto consiste nell’opposto: l’angoscia del vuoto quando i figli abbandonano la famiglia originaria per crearne una nuova o comunque escono di casa anche solo per essere single.

Se i genitori hanno vissuto tutti quegli anni immaginandosi solo dei genitori accreditati dalla loro funzione è comprensibile che si trovino spiazzati senza figli da controllare.

Spesso alcuni genitori non si rendono conto di trattenere i figli a sé e non consentono lo sviluppo del processo di individuazione e differenziazione dal covo familiare. I figli crescono ma non sono in grado di sentire la propria vita senza quell’atmosfera che li ha accompagnati sino a dove si trovano in età adulta.

Sentono se stessi insicuri con davanti a sé una vita che non si sentono di vivere perché non sentono di poggiare su una base solida. Qualche genitore ha risuonato al proprio mondo interno come se ci fosse un interlocutore che dicesse: non preoccuparti faccio io per te! Ma quel genitore interno non suona più queste rassicurazioni e il Sè autentico deve mettersi interamente alla prova delvivere come protagonista!

Molti figli poi si sentono in colpa di lasciare i genitori intristiti e spesso depressi e così vanno ad abitare non lontano da casa e continuamente si recano a trovare i genitori mantenendo anche un contatto telefonico assiduo. I genitori chiedono anche per telefono cosa mangi oggi, con chi sei, cosa farai…

Le difficoltà spesso si possono osservare già quando i figli per iscriversi in alcune Università si spostano da casa emigrando in città lontano dalla residenza dei familiari con i quali hanno convissuto sino a quel momento.

I Centri di Consultazione che sono presenti nelle principali Università italiane registrano con frequenza crisi psichiche in giovani ultraventenni che si sono allontanati da casa pur essendo essi stessi desiderosi di sperimentare situazioni diverse da quella familiare.

Le famiglie d’origine possono inconsapevolmente già sabotare il processo di crescita dei propri figli e immaginiamo  le nuove coppie che questi sperimenteranno in futuro.

Ma tornando alla nuova coppia, ciò che può metterla in crisi in modo grave si verifica quando un partner si rende conto di non essere più importante per l’altro con cui convive, cioè quando l’altro pone il partner in secondo piano rispetto alla famiglia d’origine che emerge invece in primo piano assoluto.

Situazioni nelle quali circolano costantemente nella coppia espressioni che risuonano come: mio madre e mio padre dicono che tu … (frasi svalutanti) e avevano ragione, oppure … loro hanno più bisogno di me ed io debbo interamente occuparmi di loro … mettono a serio rischio la stabilità della coppia.

Da un punto di vista della logica sociale la nuova coppia dovrebbe mantenere una certa autonomia dalle famiglie di origine, nel senso che le coppie vorrebbero avere davanti a sé un lungo percorso nel futuro.

In teoria le nuove coppie dovrebbero rappresentare l’eredità positiva selezionata dal passato che si compenetra nell’anticipazione e progettazione di un buon futuro: il futuro infatti dovrebbe avere un Noi e rispecchiare i desideri della giovane e nuova coppia di protagonisti, liberi e creativi.

In pratica, le situazioni sono purtroppo complesse, ma l’avvenire della convivenza non ci sarà se il passato s’impone troppo sul presente, cioè se le coppie non riescono a sperimentare il senso del Noi e consolidarsi liberamente a causa della dipendenza affettiva dalle famiglie di origine, se questa rimane troppo forte e vincolante.

Le nuove coppie dovrebbero galleggiare senza salvagente e impedire le incursioni nella loro vita privata dei genitori.

Ovviamente l’autonomia delle nuove coppie non significa ignorare le famiglie d’origine che come sempre è avvenuto nella storia. I genitori sono stati sempre onorati da affetto e gratitudine proporzionale a ciò che i figli hanno psicologicamente ricevuto ricambiando con cure e attenzioni sulla salute dei genitori più anziani.

Accade anche che i genitori siano in crisi tra loro come partner e che le famiglie di origine si ricostituiscano con nuove persone. I nuovi membri di queste famiglie possono cercare di compensare una sorta di loro intrusione nel proteggere i figli del partner attuale e essere troppo iperprotettivi verso di loro. Ti rubo il genitore, ma sarò dalla tua parte!

Insomma ci possono essere tante complicazioni nelle costruzioni delle famiglie come tutti vediamo, cioè eventi che si possono ripercuotere negativamente durante la crescita dei ragazzi. Le esperienze sono tante e assai differenti, ma entrambi i partner della coppia dovrebbero considerare quanto uno dei due potrebbe essere troppo dipendente dalla famiglia d’origine e compromettere nel futuro la stabilità della coppia attuale e in particolare nel futuro.

Questa dipendenza può configurarsi sin dall’inizio della propria storia, nel momento in cui uno dei partner non è deciso a difendere i confini della nuova situazione dalle intrusioni eccessive della famiglia di origine. La nuova coppia ha infatti bisogno di crescere e di avere i protagonisti capaci di sperimentare la vita interna privata con una certa autonomia e capaci di dialogare tra loro.

Le interferenze della famiglia di origine possono spostare l’epicentro degli eventuali interessi dei nuovi partner che dovrebbero essere trasparenti il più possibile e metabolizzati dai protagonisti generando uno squilibrio, con il tempo devastante.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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