Qualche volta mi vengono in mente i giocattoli con cui mi dilettavo un tempo.
Certo parlo di tanti anni fa, e non nascondo una certa nostalgia.
Mi sembra di avere ancora in mano la colt modello 1876 che poi rimettevo volteggiandola nel fodero del cinturone da caw-boy. Era un revolver di metallo argentato e si apriva a scatto per ricaricare il tamburo con piombini: accoglieva sei colpi e sparando si sentivano i botti.
Erano i tempi alla tv di rintintin e dei film western al cinema …
Poi c’era l’arco con le frecce che si appiccicavano al bersaglio di cartone, e che dire della sciabola da ufficiale nordista che luccicava sguainandola. Gli amici di scuola usavano in campagna anche la fionda che lanciava piccoli sassi.
Con queste armi si giocava insieme agli altri bambini, spesso compagni di scuola e di gioco, e ci si divideva in squadre opposte: c’erano gli indiani, pellirosse e quei bambini che combattevano giocando il 7° cavalleggero del tenente/colonnello Custer sconfitto a Little Bighorn nel Montana da Cavallo Pazzo.
Sono consapevole di scandalizzare molte mamme per via dei giochi militareschi, ma bisogna aggiungere che nessuno si faceva mai male. Erano i tempi nei quali i maschietti dovevano aderire alla cultura dominante, per impossessarsi di una certa identità.
Poi c’erano le automobiline sul modello di quelle vere, come la 500 Fiat, oppure la Jaguar E : erano tutte di metallo ed erano proprio belle come i soldatini che erano fatti sempre di piombo e mai di plastica.
Si giocava con le biglie colorate e con i coperchini delle mille bibite che erano a quei tempi in commercio.
Preferibilmente si stava all’aperto, nei cortili, quelli che ora sono occupati da tante auto.
Nelle stanze delle famiglie più agiate scorrevano lunghi trenini elettrici uguali a quelli reali, solo in piccole dimensione. La sera molti padri giocavano con i figli divertendosi un mondo.
Penso che oggi le competizioni ludiche tra figli e padri siano rappresentate da lunghe battaglie di giochi elettronici.
Le bambine invece a quei tempi si divertivano con le bambole fatte di stoffa di pezza, di cellulosa o di porcellana.
C’erano le case giocattolo minuziosamente costruite in legno con al loro interno le stanze in miniatura, come le camere da letto, le cucine con i frigo ecc., tutto in dimensione minuscola per immaginare un mondo. C’erano piattini, le pentoline… Le bambine imparavano persino a cucire, persino a ricamare vestitini in miniatura per le bambole.
Molte altre bambine facevano la collezione di tutte le Barbie.
Certo i modelli culturali negli anni 70 erano ancora questi. Le identificazioni dei piccoli di entrambi i sessi si adeguavano ai modelli culturali.
Era però nell’aria e in corso un rinnovamento culturale.
La rivoluzione studentesca aveva messo in moto una continua contestazione dei modelli tradizionali, in particolare il femminismo stava trionfando.
Per quanto riguarda i giocattoli, esistevano differenze da famiglia a famiglia: per esempio, c’era chi poteva permettersi una bambola ben curata e fatta di stoffe migliori e chi, invece, poteva permettersi solo una bambola di pezza.
Un po’ per i tempi differenti e un po’ per le possibilità economiche, si dava molta più importanza ai giochi semplici, a partire dai materiali. I bambini più piccoli adoravano la trottola, uno dei giochi più antichi per divertire i bambini. Un bel aquilone impegnava i bambini più grandi per l’intero pomeriggio in cortile.
I giocattoli si costruivano con poco materiale: il pongo era in primo piano.
Mi sembra che le attuali generazioni giochino con bambolotti, pupazzi di peluche o orsacchiotti giganteschi o piccoli di plastica. Le armi giocattolo sono ancora oggi esistenti, ma sono di plastica e non assomigliano a quelle reali: sono fake per la fantasia di bambini, tanto vale non giocare.
Mi sembra che i giocattoli si siano oggi trasformati prevalentemente in materiale didattico per asili nido o di infanzia, finalizzati ad educare alla non violenza e a non farsi male. Ma la fantasia si è spenta nei giochi?
Dai giocattoli di plastica o di gomma si passa direttamente ai tablet, e agli smart-phone?
In aggiunta i ragazzi usano i video-giochi, alcuni ne diventano e rimangono dipendenti.
Non c’è dubbio che esercitarsi a comprendere l’elettronica sia utile se non necessario per i giovani: a scuola infatti si usano i computer e persino gli smart-phone come del resto in tuto il mondo. Siccome nel futuro si vivrà di elettronica è giusto alfabetizzare i giovani sin dalla seconda infanzia.
So che esiste ancora il meccano, il traforo, il piccolo chimico, i famosi Lego, tutti giochi di un tempo. Ma non so quanto i giovani ne siano attratti…
Giocare implica immedesimarsi al come se fosse, ma non è.
Giocare nell’infanzia è come un po’ sognare per introdurre la realtà poco a poco.
Certo che quando i ragazzi sono adolescenti il pallone e la mountain bike sono giochi importanti.
I giochi d’oggi, mi sembra che avviliscano i bambini più piccoli e li allontanino dalla comunità.
Mi sembra che le bambine usino alcuni giochi tradizionali anche se le bambole sono parlanti.
Penso che i giochi debbano mantenersi insaturi, imperfetti, difettosi cioè permettere ai fanciulli di aggiungere quel che manca e per imparare a completare.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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