Ci è sembrato che Armando Maradona sia stato adorato sin dall’inizio della sua carriera da un punto di vista sportivo, lo sia estremamente di più dopo il suo incredibile successo e sopratutto oggi, dopo la sua scomparsa.
Penso anche che continui ad essere venerato come un dio e così sarà per l’eternità. Si profila la venerazione di un’icona splendente nella storia come il più grande calciatore di tutti i tempi.
Attualmente vanno a ruba i feticci che lo riguardano, ossia le reliquia di Maradona, cioè si sa che ogni oggetto personale, anche minimo, valga già un tesoro.
Maradona oltre essere idolatrato per il calcio, faceva parlare di sé per la sua umanità, ingenuità e anche debolezza, ma anche per la sua generosità. Proveniente da quartieri tra i più poveri dell’Argentina il giocatore socializzava in strada con tutti e percepiva e trattava gli altri come fossero tutti suoi fratelli.
Insieme alle sue virtù di giocatore era simpatico nello scherzo, agace nelle battute. Univa alle virtù anche qualche debolezza: era stato in prigione per cocaina, era un po’ smodato in tutto, denaro, cibo, alcol e donne, ma è stato sempre assolto dalla folla perché per gli italiani i suoi difetti suonavano quasi come un plus valore e si valorizzava la razza latina.
Probabilmente i successi sociali corrispondevano per la gente anche a una vittoria del campione della giustizia sui poveri, un successo che trionfava sulla miseria e ingiustizie sociali. Infatti Maradona socializzava la sua gioia con tutti in modo che tutti gioissero al di là della squadra di calcio.
Penso che il suo popolare senso di universalità lo farebbe paragonare nella storia mitica greca a Ercole figlio di Zeus e di Alcmena, figlio dunque di un grande dio e di una donna mortale.
I miti nascono infatti nella antica Grecia e poi sono importati dalla grande Roma, che di miti già ne aveva da vendere.
La mitologia prolifera in seguito ad azioni e gesta che impressionano fortemente la fantasia e la mente degli uomini, cosicché in seguito alle azioni nasce un’epoca che poi s’iscrive nella storia dell’umanità.
Può anche succedere che con il tempo il mito diventi una narrazione sacra. A questo punto il mito consacrato diventa verità e anche fede. Può nascere attorno al mito un senso di fede religiosa e spirituale.
Per la verità il mito scaturisce dalla favola popolare e forse il bambino ne è il vero creatore.
Per questa ragione è necessario che al mito si aggiunga la fede come prova umana ma concreta della sua esistenza.
Il mito per continuare ad esistere deve essere riconosciuto da un potente capo che è considerato un eroe, un dominus che abbia potere e sia al di sopra di tutto. I miti sono presenti e vissuti tra noi, e ci saranno sempre, magari sotto nomi e simboli ed icone diverse.
Maradona è stato riconosciuto da tutti i capi di Stato e dal papa stesso con cui si è abbracciato e spesso baciato.
I miti che i bambini scoprono grazie a uomini antichi, donne e uomini saggi che narrano a loro con affetto non sono che favole significative che si traducono con il tempo in metafore.
Si raccontano storie di eroi come quella di Ercole, un eroe che, grazie alla sua mitica forza, compie mirabili imprese come le 12 fatiche.
Gli eroi sono soli come i titani che lottano contro il mondo ma alla fine muoino soli inaspettatamente come il compianto Maradona.
Pensiamo ai tanti miti greci: il mito di Prometeo, il mito di Narciso, di Teseo e il Minotauro, di Dedalo e Icaro e poi di Amore Psiche, il mito di Pigmalione e Galatea, Enea, Achille, Ettore, Ulisse e tanti altri.
Il mondo latino non manca con icone quali Romolo, Scipione, Cesare, ecc..
L’eroe combatte per la nostra salvezza, si sacrifica per noi e per questo è idealizzato: su di lui si pone tutto il buono e il bello che noi sentiamo nella nostra anima e l’eroe diventa il nostro divino.
La nascita del cinema, in alternativa al teatro, ha enfatizzato sia il mito sia il processo di idealizzazione del divo che ha appunto la stessa radice del divino.
Sigmund Freud aveva adottato molti miti per spiegare il mondo psichico e le dinamiche dello psichismo, in particolare quello di Edipo re.
Il mondo interiore dell’essere umano assorbe il mito come qualcosa di divino, di vero, e appare come semplice verità iconica, essenziale e trasparente, un monito che accompagna la vita. Infatti le favole sono semplici e durature nella memoria non solo dell’infante, ma sempre anche nell’adulto.
Il mito richiama un grande personaggio che contiene dentro se stesso tutte le importanti esperienze di un popolo a partire dalla semplice tribù. Si tratta di uno specchio universale nel quale si concentrano le caratteristiche peculiari di una comunità.
Nelle tribù erano innalzati e adorati i totem che erano anche sacri e che non si potevano violare, e così anche negli antichi popoli con tutti i loro dei.
L’icona che si riassume nel mito entra dunque in quella parte di noi essenziale, emozionale e suggestiva che è spesso inconsapevole e che costituisce il nucleo psichico centrale e sintetico che risiede in un contesto di penombra, quello che Freud chiamava inconscio.
Sembra che il mito consenta all’uomo di riconnettersi con la sua base psichica del passato ancestrale.
L’identità di ciascuno di noi si riflette nel proprio passato storico sebbene il cambiamento dovuto all’evoluzione mostri aspetti di sé assai differenti, ma il bisogno di riconnettersi alle radici è sempre attuale.
L’entità del mondo inconscio non significa soltanto inconsapevolezza, ma riguarda un mondo dove regna un arcaico sistema di segni del passato. Il mondo inconscio assomiglia al mondo onirico dove non c’è grammatica e sintassi, spazio e tempo, ma dove risiedono tanti colori emotivi, tanti teatri, tanta musica e tante fotografie. A ogni identità si sommano interiormente le esperienze di incontri avvenuti nella storia passata di ciascuno, ma anche i contributi di molte icone importanti di tanti eroi e miti primitivi.
Infatti come ha sostenuto lo psicoanalista C.G. Jung. l’inconscio è il collettivo di un popolo.
Nella profondità del nostro psichismo albergano non solo le tracce delle nostre esperienze, ma anche quelli di tanti altri che sono vissuti prima di noi che creano non solo la cultura di un popolo, ma anche lo spazio del cosidetto inconscio.
Sappiamo che una comunità, un un’alta percentuale di persone, diventa immune a un virus o in virtù di pregressi e risolti contatti con esso o in virtù di un efficace vaccino. Sappiamo altresì che persone della stessa comunità pur non avendo condiviso direttamente gli stessi contatti con il virus o senza essere stati vaccinati, possono ottenere la stessa immunità per il fatto che condividono lo stesso ambiente. Allo stesso modo vivere nella stessa cultura e civiltà porta a la popolazione a condividere sensibilità, punti di vista similari, pensiero come se certe esperienze fossero state acquisite e introiettate anche se non vissute di persona.
Forse proprio per tutto ciò anche le generazioni successive percepiranno Maradona come un mito intramontabile e come se lo avessero conosciuto concretamente.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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