La mancanza di empatia è pericolosa?

La mancanza di empatia è pericolosa?

L’empatia è la capacità di cogliere lo stato d’animo dell’altro, la capacità d’identificarsi e mettersi spontaneamente nei suoi panni, percependo i vari moti del suo animo ed accogliendoli.

L’empatia significa, sul piano psichico e relazionale, essere con l’altro, partecipare.

Nelle relazioni, sentire insieme all’altro, o agli altri, significa sentire qualcosa che è anche in noi stessi. Si tratta però di sentimenti che sono diversi dai nostri, ma proprio grazie a questo siamo indotti a estendere il nostro mondo personale a quel che è anche fuori casa e accoglierlo.

Avventurarsi verso questo outdoor dovrebbe essere interessante e arricchente, mentre rimanere sempre arroccati nella propria posizione per mantenere il controllo aumenta l’ansia persecutoria e alimenta l’impoverimento psichico.

Per i non empatici, uscire di casa e guardare l’altro è impossibile perché conta solo ciò che è dentro, sotto controllo, e quel che è fuori sembra spaventarli.

La totale mancanza di empatia è una forma di alessetimia, che significa non aver le parole per esprimere le emozioni.

L’alessitimico dispone di una scarsa intelligenze emotiva. Un esempio: … Ho raccontato al mio amico tutto il fastidio che ho provato in quella circostanza, ma ho sentito che lui pur mostrando di ascoltarmi con attenzione, non ha provato nulla, né sembra aver compreso come mi sono sentito.

E’ probabile che le persone non empatiche abbiano assimilato sul piano relazionale dalle figure di attaccamento nella loro crescita, durante la prima infanzia, modelli eccessivamente concreti, poveri di sfumature emotive. Potrebbero aver così sviluppato una scarsa fiducia di base. Un pensiero banale, povero, basato su pochi essenziali scopi di vita concreti, potrebbe aver condizionato la loro struttura dei rapporti con il mondo. Un Sé poco capace di relazionarsi con l’altro, nonché dialogare con i propri interlocutori interni non conosce un’importante dimensione affettiva e emotiva del suo Sè: quella interiore…

Da un punto di vista sociale si osserva che in certe famiglie manca una cultura emotiva. Spesso il consumismo competitivo ha creato precarietà economica e non favorisce l’alfabetizzazione emotiva e affettiva di molta persone, nel senso che induce ad una vita tutta orientata al pratico e arresa al praticismo.

I sintomi di disagio psichico che la persona non empatica (alessitimica) lamenta segnalano una trascuratezza del mondo interiore, ostaggio di emozioni che non è grado di rappresentare ed esprimere, ovviamente senza rendersene conto.

L’attivazione delle dinamiche interiori a livello non cosciente, quelle che rappresentano le ombre del nostro carattere e personalità, si svolge all’interno della relazione intrapsichica con lo psicoanalista.

La psicoanalisi fonda la sua cura sulla disponibilità della persona a raccontarsi per conoscere quella dimensione di sé di cui ha sentore, ma non ancora padronanza.

Tale relazione promuove introspezioni che si manifestano in affetti che circolano anche all’interno della stessa coppia analitica. Il movimento degli affetti intrapsichici è utile a promuovere alternative a sofferenze che con il tempo si sono alloggiate in vicoli oscuri di quali sembra di non poter uscire.

Possiamo immaginare che chi con la mente non può uscire da casa propria per accogliere altro da sé, non ha la motivazione ad ascoltare emotivamente né se stesso, né gli altri.

Pertanto, le persone non empatiche non sono adatte a un lavoro psicoanalitico.

Da un punto di visto neurologico, le aree frontali cerebrali, la corteccia pre-frontale, l’emisfero destro deputato all’intelligenza emotiva, influenzano negativamente l’atteggiamento di chi è privo di emozioni.

Molta importanza ha la scoperta italiana dei neuroni specchio che favoriscono nel bambino l’imitazione. Quindi anche le successive relazioni con l’adulto sollecitano la capacità e la funzione di mettersi nei suoi panni, generando continui meccanismi relazionali a specchio che implementano il senso affettivo del rapporto.

In psicopatologia si annoverano casi di condotte narcisistiche con severi esordi psicopatici e psicosociali in soggetti anche privi di empatia. Questa doppia patologia che si rivela in questi soggetti dalla doppia diagnosi, può essere responsabile di severi danni agli individui, ma anche alla collettività. Infatti queste persone, immaginando di essere perseguitate, manifestano un bisogno onnipotente di emergere nell’abbattere ogni ostacolo sociale che si frappone tra loro e che limita la loro onnipotenza. Poiché non sperimentano emozioni, non si sentono né in colpa, né si vergognano delle loro azioni.

Ciò ben si coniuga con i disturbi narcisistici della personalità.

Per fortuna mi sembra che la scuola primaria, ma anche secondaria, si stia orientando verso il grave problema sociale della mancanza di empatia nei bambini e ragazzi.

L’Università, e precisamente il Dipartimento di Scienze della Formazione, sta laureando una categoria di professionisti dell’Educazione e di Pedagogia la cui professionalità è altamente adeguata a prevenire e seguire queste gravi carenze nella comunità.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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