L’espressione delle emozioni e dei sentimenti è spesso interpretata come una debolezza o un motivo di vergogna in molte culture. Ciò non accadeva solo nel passato, ma anche oggi una certa inibizione si può osservare in alcune persone: quelle che appaiono imbarazzate quando è ora di esprimere dolore o gioia nelle situazioni che inducono tali emozioni.
Il pianto spontaneo è in alcuni di questi casi completamente negato come un atto deprecabile e, se proprio questa manifestazione irrompe incontrollata e non è possibile fermarla, ci si nasconde e ci si scusa con impaccio e ritrosia davanti a chi osserva.
In verità bisogna aggiungere che sono molte le fonti emotive che coinvolgono le persone verso stati emotivi. Ogni espressione artistica è in primo piano, dalla letteratura a ogni forma di arte, includendo il teatro: negli ultimi cento anni il cinema e la televisione sono diventati protagonisti assoluti del mercato e vendita delle emozioni per una buona fetta di gente.
Spesso i partecipanti televisivi si esibiscono persino sfacciatamente consapevoli di attrarre pubblico e quindi audience di persone. Nelle abitazioni la gente può identificarsi lasciandosi prendere in segreto dalle proprie emozioni senza rischio di esporsi, e quindi di prendere contatto concreto con il proprio sentire, di fronte ad alcuno.
Le persone che sono abituate a nascondere le proprie emozioni temono spesso che manifestarle alla luce del sole possa significare mostrare debolezza, essere preda del giudizio degli altri, ma anche perdere il controllo di una parte interiore sconosciuta e pericolosa come avveniva nella parodia del dr Jekyll a Mister Hyde ideata da Stevenson nel 1886.
In realtà, in tal caso bisogna considerare che viene confusa l’espressione della emotività in se stessa con la paura automatica di mancanza di controllo del soggetto.
Si può dire invece che proprio l’abituarsi a manifestare le proprie emozioni può scongiurare il pericolo di perderne il controllo. Ma per saper manifestare i propri stati emotivi bisogna incominciare presto, come fosse un allenamento, già da quando si è ancora bambini.
Cerchiamo di comprendere meglio cosa sono le emozioni.
Si distinguono in emozioni primarie che, come scrive lo scienziato, psicologo Marco Walter Battacchi, sono innate e universali, quindi riscontrabili in qualsiasi popolazione, ed emozioni secondarie, quelle cioè che a partire dalle emozioni primarie si combinano e si sviluppano con l’evoluzione dell’individuo e con la sua interazione con gli altri.
Le emozioni quindi vanno in seguito a costituire i sentimenti e la struttura della personalità.
Sin dall’inizio della vita il bambino dovrebbe essere educato ad esprimere sia le proprie emozioni, sia i propri sentimenti per diversi motivi.
Diventare padroni delle proprie emozioni, saperle riconoscere in se stessi e poterle gestire significa acquisire sicurezza di Sé e anche il piacere di riconoscersi nella propria identità.
Significa non vergognarsi di ciò che è sentito in modo autentico e percepito nel proprio mondo interiore, ma anzi in tale modo, i sentimenti espressi permettono di entrare in contatto con se stessi, e non viversi spiati dal di dentro e cioè da ciò che non si conosce in se stessi in quanto è stato sempre represso.
Nelle persone fondamentalmente sane, la spontaneità emotiva non porterà verso esagerate o inaspettate manifestazioni di perdita di controllo e nemmeno verso rischiose azioni, ma al contrario, verso un rinforzo positivo dell’immagine di Sé.
Gérard Charpentier noto psicoanalista e psicosociologo canadese indica come la mancanza di contatto con le proprie emozioni e la scarsa gestione di esse possa condurre verso patologie del corpo e della mente. Ciò accade perché l’individuo, invece di agire attivamente nel teatro del mondo finisce per subire i moti psichici interni che si riversano sulle varie funzioni d’organo del corpo.
Corpo e mente vertono a mantenere sempre un equilibrio armonico, e l’espressione delle emozioni favorisce tale omeostasi.
Le disfunzioni della omeostasi possono interagire a livello psichico e neuro-fisiologico, neuro-endocrinologico, neuro-immunologico e persino genetico.
Le principali malattie organiche riconosciute possono colpire a livello del sistema cardio-vascolare, dell’apparato respiratorio, del sistema digerente, dell’apparato endocrino, dell’apparato muscolo-scheletrico. Possono colpire a livello di certi disturbi funzionali nella donna e funzionali nell’uomo. Non sono rare le malattie dermatologiche, ecc..
Il neurofisiologo Paul Mac Lean osserva che il cervello umano è tripartito in rettile, viscerale e neocorteccia.
Il sistema limbico appartiene a quello viscerale e controlla tutte le emozioni.
Freud dopo tutto neuro-patologo, ma che a quei tempi (1922), non aveva la possibilità strumentale di indagare ad un livello così sofisticato come ai nostri tempi (cento anni dopo), denominava Es l’area immaginaria del cervello che oggi conosciamo precisamente a livello neurofisiologico. Oggi sappiamo che l’area dell’Es verosimilmente comprende un insieme di circuiti sottocorticali che tutti i mammiferi condividono e che attivano emozioni di base, quali paura, ira, gioia, dolore. L’amigdala in particolare, grazie alla paura che fa scattare preventivamente nei mammiferi, permette di salvarci la vita e consente le relazioni sociali.
Le emozioni innate e primitive, unite alla progressiva coscienza di Sé, generano i sentimenti, che richiedono per esistere un tempo prolungato di permanenza in noi per essere poi sempre da noi riconosciuti. Sintetizzando quel che scrive lo studioso Antonio Damasio in tre passaggi:
- io sono colpito da un’emozione di ira,
- io mi sento arrabbiato (ma non sono ancora cosciente)
- infine, io mi rendo conto di essere arrabbiato, cioè solo ora io ho coscienza del mio sentimento di rabbia.
L’emozione, lungi da essere un disordine, è un sistema organizzato di cellule che tendono ad uno scopo. Pertanto considero che l’emozione non è espressione di debolezza, difetto e tanto meno di fallimento, ma è essa stessa una cellula che costruisce un sentimento.
Come scrive il filosofo, psicologo e psicoanalista Umberto Galimberti è opportuno che sin dall’inizio della vita dei bambini venga posta una particolare attenzione all’ascolto delle emozioni dei piccoli nell’ambito familiare e da parte delle assistenti nell’asilo d’infanzia al fine di non inibirne le naturali espressioni.
Nelle scuole elementari, e successive, gli insegnanti dovrebbero essere preparati a comunicare con empatia e persino frequentando un corso di teatro perché stare in cattedra adeguatamente è come recitare sentitamente al teatro.
Io personalmente proporrei corsi di psicodramma, ma ad orientamento psicoanalitico che uniscono una parte teatrale a una di analisi introspettiva delle emozioni.
E’ bene che gli insegnanti siano pronti ad affascinare, suscitare interesse verso i ragazzi e anche cogliere i loro sentimenti per educarli verso la coscienza di Sè nel sentire le proprie emozioni e a mettersi nei panni umani degli altri.
In questi giorni di guerra in Ucraina ci rendiamo conto della solidarietà umana e di come ci commuova non soltanto per chi soffre, ma anche osservando chi si prende cura degli altri, spesso rischiando la propria vita pur di salvare qualcuno in pericolo.
Forse educando ai sentimenti potrebbe esserci un giorno meno psicopatie sado-masochistiche.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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