Gentile Professore,
ho letto la domanda sulle persone insicure dopo il covid che le ha posto la Signora nel precedente articolo, ed effettivamente mi sono rispecchiata molto in quello che lei diceva.
Dopo il periodo di pandemia io mi sento molto più diffidente nei confronti delle persone, tanto da arrivare a odiare se qualcuno mi tocca mentre parliamo. Prima non ero così, non mi importava, anzi… mi comunicava empatia. Ma ora se lo fanno li guardo con disdegno!
Cosa è cambiato in me? Non mi piace questa sensazione di disagio!
Cara lettrice, essere costretti a isolarsi per difendersi dal contagio e per proteggere i propri cari da se stessi temendo di essere infetti, può in alcuni casi far regredire all’epoca durante la quale si era fanciulli, sia diffidenti sia ancora poco socievoli verso gli altri.
Stare chiusi in casa e per molte settimane induce poi ad una certa claustrofobia alla quale cisi abitua e per reazione inconsciamente si può scambiare il fastidioso e soffocante senso di chiusura in una reazione a causa della quale ci si abitua e può far prevalere l’antico bisogno infantile di essere protetti dalla madre casa.
Piano piano la posizione di attività verso le cose e verso le persone si attenua e si diventa sempre più passivi.
Ci si abbandona alle abitudini ripetitive e familiari, sempre le stesse cose stereotipate alle quali però ci si rassegna, facendo prevalere un senso di ricompensa per il sacrificio, un’aspettativa che non viene mai. La socializzazione, pur essendo in fondo un desiderio, può far sentire nel contattare gli altri di compiere uno sforzo nel rispondere adeguatamente e si può tendere gradatamente alla rinuncia anche a questo sforzo.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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