Perché diventando anziani ci si può commuovere più facilmente rispetto a quando si è giovani ? di Roberto Pani

Perché diventando anziani ci si può commuovere più facilmente rispetto a quando si è giovani ? di Roberto Pani

Nella terza età nonostante il declino fisico e cognitivo, le persone anziane sono in genere molto più sintonizzate sulle proprie emozioni positive quell che derivano dai propri film emotivi interiorizzati nel sistema libico del proprio cervello.

Alcuni si riconoscono come improntati al razionalismo come in passato e negano e controllano le loro emozioni ogni volta che insorgono di fronte a stimoli esterni.

Ogni sensazione ed emozione antica che riecheggia viene censurata e rimossa. Nel corso degli anni molti anziani hanno raccolto attraverso la loro sensorialità e incontri emotivi per esempio attraverso ricordi musicali, sapori di cibo o odori che si riferiscono a precise situazioni cosicché tali stimoli spingono a rievocare precisi episodi vissuti. Ma una buona parte di loro preferisce controllare la propria sfera emotiva e non abbandonarsi ad alcuna rievocazione del passato, perché in tal modo si sentirebbero persone fragili. Il controllo razionale delle emozioni e la rimozione inconscia degli eventi è dunque adottata come metodo per mantenere la latenza dei propri vissuti di vita .

Altri anziani al contrario, sono sollecitati da analoghi stimoli che riguardano sensazioni, eventi e ricordi: tali memorie possono ben evocare alcuni denominatori comuni che si riconoscono in valori interiorizzati. Questi anziani sono stati in passato a contatto con tali valori, ma non li avevano ben assorbiti ed elaborati. Alla loro età avanzata prevale il desiderio di recupero della coscienza di tali valori ben maturati e così si abbandonano ad ascoltare le emozioni che da latenti si risvegliano: in tal modo tale sentire si esprime a un livello di coscienza più elevato che in passato e non è raro che la commozione si esprima di fronte a opere d’arte magistrali, atti di coraggio umano canzoni che nel passato  dell’anziano erano sorvolati.

Inoltre per tutti gli anziani si sa che invecchiare non è semplice. Anche in questo caso  molti di loro cercano di allontanare la coscienza dalle conseguenze dell’invecchiamento perché si tratterebbe di gestire a livello psicologico e materiale lo spazio misurabile in anni che fra l’altro non sempre è garantito. Sia che pur con ottimismo l’aspettativa di tempo che separa dalla modalità in cui la nostra identità di persone naufraga nell’infinito del nulla e non può essere paragonabile all’aspettativa delle persone giovani o adolescenti. Coloro che godono della fortuna di essere credenti in una fede religiosa sono rassicurati in buona parte dall’idea di una loro vita eterna.

Ma per tutti coloro che hanno superato una certa età, seppur cercando di difendersi dal pensiero di essere mortali, giunge un momento durante il quale emerge in loro un desiderio più o meno inconscio di dare un senso alla propria vita passata.

Le reazioni sono come si è detto di due tipi: negazione e razionalizzazione, oppure coscienza e ascolto delle proprie emozioni.

Sorge allora più o meno in tutti un desiderio di rivalutazione di ciò che è accaduto. Questo si esprime o euforicamente con orgoglio dei propri ricordi, oppure con un abbandono minimo alla depressione di colore nostalgico che non è detto che non sia benefica, catartica, liberatoria. Tali sentimenti  spesso possono attivare commozione proprio mentre certi episodi vengono in mente. Penso al Leopardi:… immensità  s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mar…

L’idea di una vita mortale che ha sempre preoccupato l’umanità sin dalle sue origini, aveva portato nel III secolo A.C. il filosofo Epicuro a creare una ricetta rassicurante con il suo quadrifarmaco al fine di pacificare gli Ateniesi. Egli sosteneva che la morte non ci deve far paura perché quando c’è lei non ci siamo noi, e viceversa. Sino al II secolo P.c.n Lucrezio che tradusse in latino nel suo De Rerum Natura la filosofia di Epicuro ricorda in sintesi le quattro considerazioni epicuree: la morte non ci deve spaventare perché di fatto non la incontriamo mai, poi ci abituiamo alle malattie sequeste  sono croniche, e se non lo sono, la morte della quale non dobbiamo avere alcun timore, ci libererà dal dolore e così non soffriamo più. Infine gli dei ci attraggono a loro stessi, ma non si curano di noi, quindi possiamo sentirci liberi dal peccato e dalla colpa.

A mio parere, molto giustamente la psichiatra statunitense Elisabeth Kubler Ross nel 1926 con il suo libro La morte e il morire  aggiunge alla filosofia di Epicuro l’osservazione secondo la quale non è la morte che ci spaventa in se stessa, ma il morire, cioè quando e come capiterà l’evento.

Le emozioni dell’anziano dunque o sono tenute sotto controllo al fine di non fare emergere alcune presunta debolezza, oppure fluiscono con maggiore libertà sempre avendo presente a livello esistenziale che il tempo della vita è limitato.

Ecco perché in alcuni anziani appare che la gestione delle emozioni sembra migliorare con l’avanzare del tempo.

I non più giovani percepiscono che le aspettative debbono essere limitate, ma al tempo stesso percepiscono anche che ciò che hanno vissuto rimane un valore di per se stesso comunque le cose siano andate.

Non esiste una felicità assoluta a cui aspirare come se fosse una cosa concreta da possedere, se non in alcuni momenti magici. Purtroppo solo certi giovani invece smarriti in una società un po’confusa si buttano alla ricerca disperata di possederla e scivolano nella filosofia dello … non voglio pensare, voglio star bene a ogni costo, essere felice ad ogni costo …

Chi ha avuto successo nella vita sa bene che la chiave della felicità non è aspettare con illusione.  L’autenticobenessere coincide con la capacità di valorizzare il presente pensando a possibili progetti per il futuro con semplicità e un minimo di ottimismo.

Esprimere le emozioni e gli affetti resta comunque un grande patrimonio per gli anziani  che sono in grado di ricordare ed esprimerle anche quando nella peggiore delle ipotesi sono colti dalla malattia di Alzheimer la cui smemoratezza più o meno severa penalizza la porzione del cervello, come  ipotalamo, amigdala e parte deputata alla sfera cognitiva.

 Pertanto poter esprimere le emozioni e scambiare gli affetti è per gli anziani la più grande ricchezza.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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