Bisognerebbe domandarsi se è veramente necessario iscriversi all’Università?
Intendo dire che ci sono passioni, interessi professionali in un giovane che non richiedono una laurea, ma un diploma superiore e una formazione riconosciuta ad hoc. Ci sono oggi molti master abilitanti e specifici per un’attività professionalizzante.
Occorre considerare che ciò che piace per cui un giovane si sente portato, dovrebbe incontrare anche una sorta di bisogno sociale, una sorta di mancanza di un servizio sociale che comincia a far capolino lentamente. In tal modo non si rischia troppo di trovarsi ad aver coltivato qualcosa che non incontra alcun interesse, né bisogno sociale.
Per esempio, quando dopo la maturità classica fui indirizzato a studiare Giurisprudenza, lo feci perché mia nonna con cui avevo vissuto sin da bambino, prevedeva una possibilità di carriera presso uno studio di avvocatura per via di un contatto familiare con un noto avvocato. Dopo una anno durante il quale riuscii a superare diversi esami, mi accorsi che l’idea di continuare mi demoralizzava sempre più.
Desideravo studiare Filosofia, grazie al transfert che avevo avuto con un’insegnante che mi aveva trasmesso parecchia passione per quella materia.
Ma mi accorsi che già da adolescente la Filosofia mi piaceva perché mi sembrava propedeutica alla Psicologia Clinica. A quei tempi di Psicologia non se ne parlava se non raramente e sembrava ai più una scienza tanto astratta quanto astrusa. Cesare Musatti e Emilio Servadio furono i primi psicoanalisti che dopo la seconda guerra mondiali riportarono la psicoanalisi come scienza di cura in Italia
Per non perdere gli esami già superati a Giurisprudenza, mi iscrissi in Filosofia per ottenere di farmi abbonare 4 esami , cosicché in 3 tre anni mi laureai. Rimaneva il desiderio di Psicologia. Vinsi un concorso alla Università Statale di Milano per una scuola di specializzazione in Psicologia Medica che avrebbe accettato pochissimi allievi non medici solo perchè lo stesso Freud era stato a favore in un testo che si chiamava: “ il problema dell’analisi condotta dai non medici” del 1926 in favore di Theodor Reik . Ma il corso di studio della specialità includeva alcuni esami di medicina per cui io chiesi di studiare i testi originali per avvantaggiarmi e per ottenere anche la laurea in medicina.
Cesare Musatti mi aveva detto che con la laura in medicina avrei avuto più possibilità di essere accettato al Training psicoanalitico.
Le cose mi andarono bene cosicchè ancora esercito questa professione dopo tanti anni.
L’interesse e la passione non è mai venuta meno e mi ha sempre sostenuto in tutti questi anni di formazione e di studio.
Ora senza passione io credo che si facciano buchi nell’acqua, senza uno studio accurato di come andrà nei prossimi anni il mercato, si rischia di perdersi nel nulla.
Da quando io ho cominciato a esercitare la professione , si sono aperte Facoltà di Psicologia a meno di 100 kilometri in tutta Italia un boom che ha abbassato di molto la qualità professionale.
Tanti laureati non servono e la laurea non dovrebbe essere più considerata un mito soprattutto per le famiglie dove i laureati erano visti un tempo come degli eroi Oggi solo alcune lauree contano ancora. Le ingegnerie varie, gli economisti e gli informatici di ultima generazione. Di medici ce ne è sempre un gran bisogno insieme al sacrificio.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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