Ipocrite e Galeno, precursori della medicina greca e romana, consideravano il temperamento un intreccio di elementi costituzionali e di diversi umori del corpo come lemma, bile gialla, bile nera, il plasma, albumina, tratti di personalità e altri conformazioni corporee.
Nella teoria psicoanalitica di Otto Lemberg, distingue il concetto di temperamento dal concetto del carattere cioè l’insieme delle tendenze innate, che permettono all’individuo di reagire all’ambiente nel quale si trova soggettivamente e con il quale si difende e si protegge.
Tale modo riguarda la soglia d’intensità, e di frequenza delle risposte affettive
Le emozioni positive e i sentimenti di piacere o dolore e aggressività.
Il concetto di temperamento in genere viene utilizzato con riferimento ai tre ambiti di significato seguenti:
Ciascuna persona usa un proprio stile cognitivo cioè un modo originale e proprio di organizzare pensieri, concetti ed esperienze emotive, che in parte deriva dalla nascita, e talvolta viene considerato parte del temperamento. In altre parole, appena nasciamo, impariamo cognitivamente a gestire piccole difficoltà che però richiedono un metodo o una organizzazione per gestire ciò di cui abbiamo bisogno. Con l’andare del tempo tale metodo organizzativo rimane in noi come patrimonio e si integra con caratteristiche della nostra personalità che non sono innate, ma che sono costruite in base ai vari incontri con le persone e alle loro esperienze.
Questa seconda integrazione soggettiva conduce all’interiorizzazione di interlocutori che ci parlano dentro, percepiti come cattivi e buoni, oppure medi e che influenzano neurologicamente e fisiologicamente il nostro corpo generando specifiche e soggettive emozioni.
I neurotrasmettitori come le endorfine, la serotonina, la dopamina, cortisolo, e catecolamine come vortioxetina, istamina, acetilcolina, noradrenalina, adrenalina contribuiscono alla costruzione del sentire le emozioni e i sentimenti, cioè a crear dei vissuti sulle cose del mondo e delle persone.
Quelle persone per esempio sono cattive, antipatiche, oppure buone, generose, mi giudicano male – bene, mi sento costretto a vivere per non deludere ecc.
L’identità di genere nella persona si configura come un tratto della personalità che è considerato ancora piuttosto controverso.
Da un lato sembra che l’identità di genere sia parte del temperamento innato e che indichi la differenza di comportamento maschile e femminile.
L’identità di genere deve essere considerata separata dal sesso biologico.
Vanno comunque distinte le preferenze sessuali dall’identità di genere perché i contesti e le condizioni culturali sembra producano una forte influenza nell’identità sessuale della persona.
Alcuni disturbi di personalità possono interferire con gli orientamenti sessuali (omosessualità).
Il funzionamento del sistema endocrino, in particolare nella produzione del testosterone sono correlate in qualche modo sia al comportamento sessuale sia all’identità di genere, ma l’identità di genere non può essere retroattiva
Per quanto riguarda la psicopatologia, fattori temperamentali genetici determinano solo le caratteristiche di temperamento delle personalità normali, perciò i diversi tipi di disturbi mentali in linea di massima non dipendono dal temperamento dell’individuo, cioè sarebbero in qualche modo acquisiti nelle esperienze di vita.
roberto.pani
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
__________________________________________
E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...
Riprendendo il capoverso in chiusura del post, osservo quanto le esperienze acquisite nel corso della vita siano una grande risorsa oltre che una preziosa incognita.
Cosa si può dire dell’autismo?
Raffaella
Anche gli autistici migliorano se ben curati e seguiti opportunamente
roberto.pani