L’autostima è un sentimento di Sé, non costante ma che perdura per certi lunghi periodi vita. Sentimento che fa sentire di valere nel mondo e, a confronto degli altri e dell’ambiente, in una misura che va da molto a molto poco.
Bisogna considerare che la misura dell’autostima, nel sentirla bassa oppure alta, deriva dal confronto che il soggetto attiva in se stesso: in altre parole dalla etero-valutazione del proprio Self che il soggetto percepisce come proveniente dall’esterno, cioè di quello che gli altri possono dire o complessivamente possono considerare, in base ovviamente alla loro conoscenza del soggetto. La conoscenza degli altri può essere profonda o superficiale. La media di queste impressioni, degli altri, si può considerare una valutazione del Self reale.
Ma tale valutazione degli altri che il soggetto percepisce, deve essere paragonata alla percezione personale e soggettiva, la quale è in relazione al proprio Self ideale.
Spesso la percezione di Sé può essere assai bassa, nonostante gli altri emettano messaggi positivi, perché il soggetto è molto perfezionista.
Tutte le azioni del soggetto, per esempio scolastiche, pur essendo valutate buone da quasi tutti gli insegnanti, sono considerate quasi negative dal soggetto, perché le sue aspettative verso sé e da se stesso sono molto alte secondo il suo Sé ideale perfezionistico.
Naturalmente si può ricavare che il perfezionista deriva dai bisogni narcisistici e che il narcisismo in eccesso deriva da una difesa da una propria insicurezza.
Il soggetto tanto più si percepisce insicuro, tanto più dovrà difendersi psicologicamente con un ruolo depressivo, malinconico, disfattista, specialmente se l’immagine di Sé è da se stesso, in quanto perfezionista, molto penalizzata, oppure con un ruolo artificioso opposto di vincitore.
Il ruolo di vincitore artificioso significa adottare un atteggiamento di negazione onnipotente: trasformare cioè inconsciamente, negando con rabbia e aggressività, l’immagine di Sé, che da negativa diventa un’immagine di chi vince tutto: non sono sfigato, ma sono gli altri a essere sfigati… La situazione ovviamente non è affatto risolta in tal modo, perché la difesa non è sostanza del Sé autentico e così il Self rimane fragile.
Se invece l’immagine ideale di Sé non è troppo distanziata da quella reale e oggettiva, e quindi gli eventi nei quali la persona ben riesce sono molti e incoraggianti, questa discrepanza si attenua insieme alle difese narcisistiche. Il soggetto manterrà così un buon e normale, o anche entusiastico, tono dell’umore.
Il senso di autostima potrà alternarsi da basso a alto in base alle situazioni esistenziali nelle quali ci sono successi e insuccessi, ma anche lungo una curva tanto oscillatoria quanto è debole o forte la Fiducia di base.
Cosa è la fiducia di base ?
La fiducia di base comincia a costruirsi sin dalla nascita.
Lo psicoanalista tedesco Erik Erikson chiarisce come il bambino nasca con il percepire il mondo come un posto buono dove egli può stare perché è ben accolto dalla madre innanzitutto, e poi dal padre e da tutti coloro che compongono la famiglia e rappresentano la madre-famiglia che offre un sentimento di attaccamento.
John Bowlby (1982) sostiene che: l’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba.
L’attaccamento riveste un ruolo centrale nelle relazioni tra gli esseri umani, dalla nascita alla morte. Si deve intendere l’attaccamento alla figura materna o un suo sostituto.
Bowlby identifica 4 fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento:
Dalla nascita alle otto – dodici settimane: il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano, nonostante riesca a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre. Successivamente, il bambino riuscirà a mettere in atto modi di relazionarsi sempre più selettivi, soprattutto con la figura materna.
Sesto – settimo mese: il bambino è maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto.
Dal nono mese: l’attaccamento con la figura di attaccamento diventa stabile e visibile, richiama l’attenzione della figura di riferimento e la usa come base per esplorare l’ambiente, ricercando sempre protezione e consensi.
Il comportamento di attaccamento si mantiene stabile fino ai tre anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente dove l’attaccamento gli permette di sviluppare una base sicura (madre) dalla quale può allontanarsi per esplorare il mondo e farvi ritorno. Qualora il bambino avverta qualche minaccia da parte del mondo esterno, smette di esplorare per raggiungere prontamente la madre al fine di ricevere conforto e sicurezza.
Mary Ainsworth ideò nei tardi anni ’60 un valido strumento di indagine, la Strange Situation, che si concretizza in venti minuti di osservazione all’interno di una stanza dove sono presenti bambino, la mamma e un estraneo. In quella occasione si possono osservare i diversi comportamenti e le reazioni emotive del bambino: studiare come si comporta il bambino nel momento della separazione dalla madre e nel momento della separazione da questa in compagnia di un estraneo.
Da qui si dedussero diversi stili di attaccamento: sicuro, quando il bambino si fida e si affida alla madre, insicuro ansioso ambivalente e insicuro evitante ogni relazione, quando il bambino non solo è convinto di non ottenere aiuto dalla madre o figura d’attaccamento, ma anche di essere rifiutato.
Il bambino che cerca presto l’autosufficienza troverà anche l’autonomia sul piano emotivo, crescerà autenticamente senza sentire di dover costruire un falso Sé (phony self) per stare al passo degli altri.
Nel caso il bambino invece abbia sviluppato un attaccamento insicuro ansioso e insicuro evitante la relazione troveremo anche un bambino disorganizzato, disorientato, con pianto facile, comportamenti stereotipati, durante la separazione dalla figura come la madre figura di attaccamento. Perché?
La madre (o figura di attaccamento) non è stata interiorizzata come oggetto stabile di riferimento sicuro e quindi il bambino non si sente libero di essere indipendente, curioso di affrontare il nuovo, di diventare protagonista del mondo.
Durante la fanciullezza, e poi l’adolescenza, dovrebbero funzionare i modelli operativi interni, che sono rappresentazioni mentali che, secondo Bowlby, si costruiscono nel corso dell’interazione col proprio ambiente.
I modelli operativi permettono di scegliere alternative possibili di fronte al mondo reale, per affrontare le difficoltà che si affacciano al ragazzo.
Inutile dire che se precedentemente non si sono costituite le strutture di permanenza dell’oggetto madre come riferimento, a questo punto principalmente interno, il ragazzo non sarà in grado di affrontare quel mondo sempre nuovo e cangiante che gli apparirà ostile.
Si può distinguere come l’auto stima sia il risultato di un comportamento fiducioso che deriva però da radici profonde che affondano nella fiducia di base che offrirà una permanenza stabile nel Self.
L’auto stima può migliorare anche molto se si impara ad elaborare le ragioni della disistima, e si incrementa un processo dove ciò che migliora va a far nascere una sorta di fiducia anche parziale.
La fiducia di base una volta ben costituita, non tramonta mai anche se la realtà è spesso avversa!
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P.s. In Italia l’attuale situazione di diffusione del virus non ci rende del tutto sereni per una preoccupazione di contagio incalzante.
I responsabili della gestione della medicina nazionale ci pregano di essere collaborativi, non solo di osservare un distaccamento sociale rinunciando ad aggregazioni di gruppo, ma di uscire di casa se non per ragioni più che motivate.
La responsabilità verso tutti (parenti, amici, medici che lavorano per la comunità) è in ognuno di noi nel trovare strategie di rallentamento di contagio per non perseverare per molto tempo questa situazione di Emergency.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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