Il bambino nasce e si trova in uno stato psichico amorfo.
Oggigiorno la neuroscienza è in grado di aggiungere qualche concetto di conoscenza.
Il neonato ha bisogno psichicamente di integrarsi con l’ambiente che lo circonda e lo fa differenziandosi dalle cose.
Da un punto di vista neurologico, l’attività mentale autoreferenziale si collega con la corteccia prefrontale mediale, cioè con la parte anteriore del lobo frontale.
Questo atto psico-neuro fisiologico genera un protagonista, cioè un’istanza, che si differenzia, a livello sensoriale del neonato, dal materiale circostante che è rappresentato dagli altri (principalmente la madre con la quale è inizialmente bio-simbiotico) e dagli oggetti-cose.
Questo atto autoreferenziale è da Freud denominato Ego, o Io. La neurologia moderna accetta tale concetto e aggiunge osservazioni e spiegazioni sulla base delle conoscenze moderne.
L’ego tende a mantenere i propri confini, a essere coeso, grazie al tessuto nervoso, cioè alle cellule neuronali, i neuroni e gli assoni, che sono un raggruppamento connesso e interattivo con sostanze ormonali che si chiamano neurotrasmettitori.
Alcune tra le aree corticali sono particolarmente interessate, principalmente quelle frontale-temporale.
Se questa coesione cedesse e si frantumasse avremmo una demenza oppure una caduta del primo abbozzo di identità.
Il bisogno del neonato di essere egocentrico è in prima istanza la conseguenza dell’auto-riconoscimento di se stesso. Il mondo gira inevitabilmente attorno al bambino che richiede sia attenzione, sia conferma di Sé.
L’egoismo è spesso connesso con l’egocentrismo infantile, ma gli adulti si riconoscono egoistici in virtù del contesto etico-sociale.
Situazioni conflittuali avvenute nell’infanzia spingono il bambino, e poi l’adulto, a comportarsi in modo egoistico. Certe preferenze vissute nei confronti degli eventuali fratelli nel dividere le torte, reali o simboliche, possono indurre il bisogno di conservare e possedere una maggior quantità dell’oggetto creando competizione esagerata, ma inconsapevole.
L’egotismo è imparentato con il narcisismo.
Si tratta di un compiacimento di Sé come stile di vita.
Il bisogno di sentirsi esistente, visto dagli altri in quanto s’accorgono di lui/lei, è sia importante quanto antipatico.
Sia gonfiare il proprio Sé, sia vantarsi di Sé, auto-celebrandosi, diventa un’abitudine tanto sgradevole quanto necessaria.
Il disturbo narcisistico di personalità, può con il tempo aggravarsi e diventare una vera patologia clinica e si riconosce per la grande importanza attribuita a se stessi che può degenerare al punto di perdere la capacità di comprendere le cose dal punto di vista degli altri.
Gli individui con disturbo narcisistico di personalità, a livello dei border-line, hanno un senso d’identità molto fragile e di conseguenza hanno bisogno di sedurre per manipolare le persone in modo intrusivo per catturare ciò che sembra a loro che egli possiedono, come se cercassero di aggrapparsi invidiando la loro presunta ricchezza e di impadronirsi della loro personalità.
Il bipolarismo è un altro disturbo della personalità frequente e narcisistica, e quando si manifesta in modo maniacale grave rivela la grandiosità, la megalomania, un narcisismo moltiplicato all’estremo.
Colui che ne soffre non sa gestire un mondo nel quale di base si sente inferiore e inadeguato.
Probabilmente il caretaker non è stato in grado di favorire l’interazione con il neonato che è fondamentalmente basata sull’affetto.
Il piccolo per reazione ha dovuto considerarsi al centro del mondo, anche nella posizione di adulto, proprio per gestire la sua sopravvivenza.
I propri interlocutori interiori, i personaggi emotivi introiettati che sostengono nel gestire il reale del mondo, sono percepiti come suoi nemici.
Alcuni genitori possono creare illusioni accorrendo esageratamente alla minima richiesta del bimbo anche quando egli è già abbastanza cresciuto. Alcuni di loro non pensano che il bambino andrebbe seguito considerando la sua crescita e il suo sviluppo emotivo e cognitivo: al minimo lamento o pianto si comportano come se il bambino fosse rimasto sempre un neonato. Oppure i genitori si congelano in un atteggiamento rigido o stereotipato come se lo sviluppo del piccolo non avvenisse. Fanno molta fatica ad identificarsi nel cambiamento del bambino.
Ci sono varie ragioni per cui alcuni interlocutori interni (la mente è gruppale) impediscono nei piccoli la crescita armonica, e quando diventano adulti, molte persone, mantengono inalterate certe parti infantili e ingenue, quindi egocentriche, coerenti con l’epoca della prima infanzia.
Continuano cioè a vivere il mondo in modo limitato ai loro bisogni attraverso la loro visione ristretta ed egocentrica, mai mettendosi nei panni dell’altro e degli altri, quasi non esistessero.
L’adulto in alcuni casi diventare egotista, quando per motivi difensivi considera se stesso in modo megalomanico e presuntuoso.
Non si tratta di crescita dell’autostima, come suggeriva il letterato francese Stendal, ma l’egotista sperimenta una sopravalutazione di Sé esagerata e non corrispondente all’approvazione psicologica degli altri che conoscono bene la persona.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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