È una donna che si sente in tanti modi e per tante ragioni, come una perdente. Il discorso in parte vale anche per gli uomini, ma la loro sfiga sembra connessa con il non sapere o potere conquistare una ragazza, perché sono per qualche ragione inadeguati o non ci sanno fare.
Il termine sfigata o sfigato, è di recente uso nel linguaggio italiano comune. Mi sembra che questa espressione che sembrava volgare, dialettale, oggi sia stata consolidata dalla visione della serie dei film di Fantozzi i quali sono stati proiettati negli anni sessanta-settanta e che hanno contribuito alla totale diffusione nel linguaggio, anche forbito di tale termine.
Inizialmente s’intendeva dire che il soggetto avesse la fortuna contro, quindi significasse sfortunata/o.
Oggi non mi sembra più che sfigato significhi che il caso non avvantaggi le persone sfortunate.
Mi sembra che indichi una costituzione fisica e mentale di un’immagine permanente di svalutazione di Sé.
La sfigata/o sembra che si porti con Sé una condizione che derivi dal DNA e che non ti abbandoni mai e ti porti a un continuo insuccesso a essere perdente nella vita, di arrivare al momento sbagliato.
Se esiste un concorso, una gara nella quale è molto facile vincere, quando concorri tu stessa/o, tutto si trasforma in modo tale che tu non potrai riuscire nell’intento.
Se vuoi fare un viaggio, il giorno della partenza ci sarà sciopero degli aerei o dei treni o degli autobus o della metropolitana che ti deve congiungere con un altro mezzo in coincidenza del raggiungimento di una meta.
Ci sono incidenti più seri, ma la/o sfigata/o non vive un dramma, è semplicemente incapace di stare a galla e di far bella figura. Gli sfigati ad un certo punto come se la loro condizione fosse una res, una sostanze sanno già che tutto andrà male o malino, anche nella migliore delle ipotesi. Sembra che in ceti casi, non si occupino più di raggiungere l’obiettivo che sarebbe il vero esame da superare, ma di non fare brutta figura per non sentirsi svalutati ulteriormente.
I nerd sono giovinastre un po’ fuori forma che spesso si vestono male, si truccano male, anche se non vorrebbero, o sopra tutto, quel che indossano, anche se firmato dalla moda del momento, risulta loro addosso come uno straccio.
Sei pettinato con un taglio sbagliato per loro. Sono scarsamente igieniche/i e spesso si prendono tutti i virus e batteri che circolano in quella stagione, più di una volta al mese.
Insomma le sfigate/i sono ingenue/i, grossolane, goffe/i, ma in particolare, loro sentono in se stesse/i di essere indegne/i del club della normalità, non appartenenti al circolo della vita. Alcune/i di loro fingono di non dare importanza a ciò che non va in loro, ma sono tristi , soffrono di disturbi lievi , ma ne sono affetti, asfisiati, con disturbi come l’erpes labiale, dermatiti da contato, psicastenia, cioè malinconia e ostinazione puntigliosa, paure ingiustificate, ecc
Fantozzi nei vari film non ne indovina una. Nelle aziende dove lavora si prende la colpa degli errori degli altri, se decide una gita, sicuramente quel giorno soleggiato, porterà poco dopo, pioggia insistente. Forse si subirà un guasto alla sua bianchina, a piedi cadrà nel fango impantanandosi e in una buca e sporcando il vestito nuovo e facendo brutta figura!
E’ infatti nella brutta figura e nell’indegnità che lo sfigata/o trova la sua debole identità, più che nelle disgrazie!
L’idea della sfiga dunque non è accettabile come valore da una società narcisista e dove conta la fortuna del vincente, il potere, il denaro come valore e la visibilità splendente condivisa da tutti.
Mai dire che Sabato e Domenica non hai nulla da fare perché non hai impegni con nessuno, saresti sfigata/o!
Lo sfigato è anche per noi il personaggio del fumetto Paperino, mentre Gastone rappresenta il contrario. Non so quanto la visibilità dei social-network sia una difesa contro la paura di apparire sfigati?
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
__________________________________________
E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...