E’ noto che i nostri gusti culinari sono spesso visibilmente diversi, nonostante si appartenga alla stessa Nazione.
Gli italiani sposano in genere la cucina mediterranea, che include pasta, legumi, pesce, carne, vegetali e frutta, noci.
Ma le varianti nelle Regioni si contano in tante.
Innanzitutto nel centro Sud si usa come ingrediente principale l’olio e alcune spezie.
Nel centro Nord si usa invece prevalentemente il burro e vari latticini, si cucina usando molto il forno e poco il barbecue e la griglia.
Per molte gente la curiosità di sperimentare cibi nuovi è molto spiccata e avventurosa, in altra gente la tradizione e cibi conosciuti rappresentano la bandiera da seguire e che mai possono tradire.
Ci sono famiglie o gruppi che hanno non solo gusti completamente diversi l’uno dall’altro, ma anche i tempi sono cambiati.
C’è chi salta un pasto a colazione, chi lo salta al lunch, c’è chi fa merenda, chi mangia tardissimo alla sera.
Da diversi anni infatti il pasto serale è diventato per alcuni l’unico pasto che è considerato il principale.
Le abitudini sociali sonno estremamente cambiate in trenta anni. Capita sempre più di frequente che qualcuno non sia più tanto rispettoso e disdegna quel che non gli piace, che però qualcun altro al contrario mangia e apprezza.
Questo in particolare capita rispetto a certi cibi, come le acciughe, i frutti di mare, la bottarga, i ricci di mare, caviale, selvaggina e anche carne di cavallo, spezie, pesce crudo come sashimi.
Questi contrasti nelle coppie penalizzano l’umore perché appaiono come de-valorizzazioni dell’altro, inteso come persona.
Come dire a volte al compagno/a: come vesti male, non hai alcun gusto, quello che compri è poco fine sei grossolano nei gusti!
Hanno, a mio parere, diritto di cittadinanza alimentare tutte le persone al mondo che siano carnivori, vegetariani, vegani, divoratori di carboidrati, sia coloro che vivono in medio ed estremo oriente e gli altri che vivono nella geografia territoriale e climatica del globo.
La libertà di scegliere il cibo induce una apertura culturale tale da rompere continuamente sia il tipo di cibo sia lo stile e il gusto.
La rottura degli schemi tradizionali per via dei cambiamenti storico-geografici-politici ci induce a capire il senso del cibo.
Non si tratta di un solo gusto, che è si costruito diversamente nella gente grazie agli incontri e frequentazioni primarie che ci hanno portato ad amare piatti o degustazioni a ore differenti o di quantità differenti, ma da come mentalmente abbiamo elaborato il gusto del cibo nelle nostre esperienze.
Pensiamo alle ostriche: molta gente ne va matta. Chissà cosa rappresenta quel gusto? Così avviene con la bottarga o con il caviale?
Molta gente prova disgusto? Perché?
C’è gente che si sente come Ulisse che non si stanca mai di cercare il nuovo, che si fa legare all’albero maestro della nave, ma obbliga i compagni a non liberarlo mai se non superata la musica vocale delle sirene ingannatrici e omicide! E’ il forte desiderio di Ulisse legato alla contropartita rappresentato dal rischio attrattivo dal canto della morte, se fosse liberato dai lacci.
C’è gente che percepisce il rischio della libertà di assaggiare cibi nuovi e si àncora alla necessità di mangiare i cibi della tradizione ricercata al millesimo.
Un continuo oscillare tra la ricetta tradizionale e la ricetta integrata con ingredienti completamente rivoluzionari.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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