I Parte
La psicoterapia come disciplina scientifica è nata alla fine dell’800 quando era ormai imperante nella scienza biologica la teoria evoluzionista di Darwin (1859,1871). Seguendo questo indirizzo, Wundt (vedi Mucciarelli 1985), fisiologo e infine padre della psicologia sperimentale e scientifica, alla fine del secolo introdusse la ricerca della vita psichica cosciente, Anche S. Freud dichiarò (1927) che la scientificità della psicoanalisi si fondava sulla sua personale accettazione della teoria evoluzionistica.
La psicoterapia psicoanalitica dopo il suo fondatore S. Freud ha attraversato diverse vicissitudini sino a che oggi si rivela una Scienza Interpretativa seppur non esatta, come del resto la stessa medicina, ma assai accreditata e che si colloca con le Scienze affini, cioè tra la psicologia sperimentale, la neurobiologia, la fisiologia. Le vicissitudini avverse non riguardavano i buoni risultati clinici della sua applicazione, né della sua tecnica, ma dalla sua metapsicologia, quella che anche a Freud aveva creato una certa difficoltà, proprio nel riuscire a spiegare in modo coerente ed esauriente il successo clinico del metodo psicoanalitico .
Le cause della debolezza delle teorie Freudiane dovevano ricercarsi nella scarsa conoscenza che ancora alla fine dell’800 si aveva in particolare della neurobiologia, (la cellula neuronica trova un suo riconoscimento dopo il 1891). Queste lacune scientifiche indussero Freud, nonostante le sue geniali intuizioni cliniche e arricchite ed ampliate anche da suoi successori, a cadere in alcuni errori.
In genere, un neurologo ottocentesco riteneva che le idee fossero sostanze contenute nel cervello e che fossero percepite come immutabili e copia fedele della realtà. Si attribuiva quindi alle idee una realtà concreta invece di considerarle un epifenomeno della attività cerebrale. Tali idee potevano venire attivate e cambiavano la loro azione a seconda della collocazione nel cervello: nella corteccia quelle coscienti e sottocorticali le altre.
Nel 1918 dopo anni di successi teorici e clinici della psicoanalisi, ma anche dopo la deludente e dolorosa scissione da Jung nel 1914, (C.G. Jung La libido: simboli e trasformazioni), Freud introdusse per gli allevi psicoanalisti un trattamento di ampia ed esauriente analisi personale al fine di evitare che problemi personali non risolti nei futuri colleghi inficiassero le relazioni con gli stessi pazienti. I suoi stessi allievi conoscevano abbastanza bene la tecnica psicoanalitica in se stessa avendola sperimentata, ma solo a scopo didattico grazie al Maestro stesso, cosicché il trattamento psicoanalitico non aveva risolto i loro problemi essendo stato dedicato presumibilmente un percorso didattico peraltro troppo breve.
Quindi lo stesso Freud propose gli psicoanalisti dovessero per primi meglio elaborare i contenuti del proprio inconscio per evitare che loro stessi facessero una personale confusione con i problemi dei pazienti per non averli a sufficienza riconosciuti proiettando o introiettando fantasie inconsce senza coscienza o controllo di ciò, come era avvenuto con lo stesso Jung che non era stato analizzato da nessuno.
Nel 1920 si dette inizio a Berlino ad una prima scuola per il training dei futuri psicoanalisti. Dopo 10 anni Max Schur, il noto psicoanalista viennese e medico personale di Freud, fece una valutazione positiva della attività svolta, ma sottolineò che nei riguardi degli allievi si assisteva ad un pericoloso indottrinamento delle teorie psicoanalitiche uguale a quello dei seminari ecclesiastici. Alcune intuizioni cliniche dei colleghi di Freud invece di essere considerati dei validi contribuiti che avrebbero arricchito la stessa tecnica analitica sembravano generare scissioni all’interno del movimento psicoanalitico e così tutto ciò cominciò a impensierire Freud. A nessuno venne in mente, come verrà detto in seguito, che la psicoanalisi non doveva assomigliare a una religione laica e che invece era necessario che fosse sganciata dall’idea di una dottrina e perché avrebbe corso il rischio di essere scambiata con una sorte di setta: occorreva una tecnica flessibile e modificabile in base alle singole realtà dei pazienti. La flessibilità inoltre era necessaria per integrare e assorbile i contributi scientifici che negli anni sarebbero seguiti.
Dalla morte del maestro (1939) sino circa alla fine del 1980 la psicoterapia condotta con il metodo psicoanalitico internazionale dal 1910, (International Psychoanalytic Association) godette di un certo crescente successo e di ottima accoglienza da parte della gente, nonché dai pazienti, quelli che poterono mettere alla prova questo tipo di cura.
Certo che in quel periodo degli anni 80 ci fu un ostinato conservatorismo delle scuole di psicoterapia che ai critici suonava come una sorta di ecumenismo psicoterapeutico motivato da una comune fragilità teorica. Si doveva evitare che le scuole criticassero seriamente le altre, (Jungiane, Lacaniane, Eriksoniane, ecc) perché queste avrebbero fatto altrettanto e avrebbero minacciato l’identità della psicoanalisi. La psicoanalisi in realtà doveva ancora crescere e irrobustirsi tanto da poter accogliere i contributi e i pensieri sempre crescenti di nuovi psicoanalisti come D.Winnicott, M. Mahler, G. Klein, A. Bion e tanti altri che sino ai giorni nostri avrebbero estremamente nutrito la teoria e la tecnica psicoanalitica.
Tuttavia dopo 50 anni di dominio assoluto della psicoanalisi, alcuni psicologi visto il vuoto che la psicoanalisi lasciava nel mercato a cause delle critiche che la svalorizzavano, tentarono di introdurre altre tecniche per brevi aiuti terapeutici, (crisis management). Nuovi interventi con vari strategie si proponevvano di agire direttamente sul comportamento e sui sintomi, trascurando del tutto l’approccio all’inconscio, cioè rinunciando al metodo introspettivo.
Questi interventi che agivano solo sui sintomi, riguardavano aspetti della vita personale quali il comportamento, la psicologia della gestalt (dell’insieme), le relazioni sociali o familiari e agiva ecc. Eliminate o corrette le cause che sembravano causare i sintomi, il soggetto migliorava anche per una certa suggestione e ciò accadeva anche quando i suoi disturbi riguardavano cause inconsce che infatti non venivano esplorate. Chi aveva avuto l’idea di una certa tecnica, cercava dei seguaci e diventava un caposcuola.
Ponendosi in concorrenza con la psicoanalisi, queste scuole cominciarono a vantarsi di realizzare anche loro una parziale guarigione e per mantenere l’originalità della la strategia terapeutica, con quel fattore specifico ideato che si considerava psicoterapeutico, si battezzava anche l’identità della scuola con con quello stesso dettaglio escogitato come mezzo terapeutico.
Siccome, come abbiamo visto, ogni approccio che si presentava come psicoterapia breve sembrava ottenere dei risultati di effetto positivo, le scuole sono ad oggi diventate centinaia, generando però una certa confusione nella gente e nei mercati internazionali, confusione che ancora oggi continua e che penalizza tutte le psicoterapie, non sapendo il potenziale paziente in grado di sapere quale psicoterapia sia la migliore.
Contemporaneamente, gli psicoanalisti riconosciuti dalle società nazionali private e internazionali la cui laurea di base era in medicina, eccetto un quarto del quorum tra i candidati riconosciuti la cui laurea di base era in psicologia, venivano sottoposti, previa una rigorosa selezione ad un training altrettanto impegnativo.
Il trattamento psicoanalitico al quale gli allievi erano sottoposti con scopo, sia personale, sia didattico era condotta dagli psicoanalisti senior con funzione di training ed era meticoloso e molto impegnativo. Il numero delle sedute settimanali era elevato e il percorso durava per l’allievo diversi anni prima di essere ammesso al training vero e proprio che era costituito dai seminari pratici e dalle supervisioni dei casi clinici che gli allievi prendevano in cura.
In mezzo a questa confusione di psicoterapie i giovani allievi psicoanalisti continuavano a curare i propri pazienti come nella tradizione classica, sempre cioè con l’uso del noto sofà, e le supervisioni li accompagnavano come sempre rivelandosi indispensabili al loro training psicoanalitico.
Gli psicoanalisti didatti con funzione di training in quel tempo (anni 80) si dimostravano severi e puntigliosi prima di lasciare che i giovani medici ormai divenuti nel frattempo anche psichiatri, neurologi e psicologi clinici, potessero far parte definitivamente delle società psicoanalitiche come membri Associati, (in seguito, se meritevoli, ordinari e poi didatti). In effetti gli allievi maturati dal training e pronti per esercitare la professione, si dimostravano perciò molto ben attrezzati ad esercitare la professione di psicoanalisti.
Ma a molti critici esterni scientisti di varie università, epistemologi, filosofi della scienza, l’aspetto teorico delle teorie psicoanalitiche continuava a rimanere un punto d’ombra che oscurava l’aspetto scientifico.
Dal 1990 al 2000 ala metapsicologia psicoanalitica continuò a essere oggetto di parziali svalutazioni in particolare da parte dei Filosofi della Scienza capeggiati dal tedesco Karl Popper che già nel 1934 aveva scritto un trattato su ciò che è da considerarsi scientifico. Da un punto di vista epistemologico alcuni critici condannavano la psicoterapia psicoanalitica, pur ammettendo il suo successo nella cura, ma relegandola a pseudoscienza.
In effetti Freud da medico ci aveva assai tenuto che il metodo psicoanalitico fosse da considerare scientifico. Si adoperava con forza nel dimostrare che il metodo della sua psicoterapia, pur non dovendo essere condotta necessariamente solo da medici, poteva guarire le nevrosi, senza visitare il corpo e senza l’uso di farmaci.
La sua grande ambizione in ambito accademico medico però era quella di trasmettere il metodo psicoanalitico ai posteri, cioè al mondo dei futuri medici, considerando la psicoterapia una scienza medica, seppur non utilizzava il modello medico classico, (sintomo-diagnosi-cura-risultati.
Il padre della psicoanalisi però voleva che i due modelli, (medico/psicologico) s’integrassero, e in questo obiettivo sembra oggi che egli sia riuscito. La psicoanalisi affinché funzionasse bene doveva essere ben condotta da comprovati e ben formati psicoanalisti. In realtà Freud non vedeva opportuno rispolverare la questione teorica che egli stesso anni prima aveva dovuto abbandonare perché gli appariva insolubile, (Progetto di una Psicologia del 1895). La situazione critica però alla luce delle scienze del 2000, avrebbe portato a un grave rischio di collasso sempre a causa delle sue teorie in realtà fondate su metafore. Le metafore poi potevano risultare implicitamente sostanzializzate per così dire reificate: infatti certe psicodinamiche che clinicamente conducevano a ottimi risultati, non trovavano alcun sostegno nella teoria.
Ma la scienza senza una teoria adeguata valida non è scienza!
In quel periodo di svalutazione della psicoanalisi come scienza, le psicoterapie basate sul cognitivismo e comportamentismo, si diffusero enormemente e ancora con loro altre tecniche come terapia della gestalt, musicoterapia, aroma-terapia, danzo-terapia e tante, tante altre …
II parte
Dopo il 2000 la neurobiologia e neuroendocrinologia scienze che sono entrate a rivalutare la psicoanalisi stessa fino a essere confermata e denominata come Scienza Interpretativa e psicoterapeutica.
In che modo?
Sappiamo che la medicina considera il corpo umano sia da un punto di vista oggettivo, cioè anatomico, biochimico, fisiologico, endocrinologico, e la cura si svolge per mezzo di diversi metodi tra i quali anche gli interventi chirurgici, ecc. Sebbene oggi la sensibilità del medico, forse anche grazie alla psicologia sia mutata a favore della umanizzazione del paziente, l’organo da curare rimane sempre l’obiettivo principale.
Ma il corpo di cui si occupa la psicoterapia psicoanalitica non è anatomico, ma è un corpo come noi lo sentiamo singolarmente, a volte palpitante di emozioni oscillanti dal positivo al negativo. Questo accade poiché la vita psichica in realtà ha a che fare con la vita emotiva che crea sentimenti che sono la reazione ai nostri vissuti, derivanti a loro volta dalle esperienze di incontro con le cose.
I vissuti, sono appunto costituiti da quell’insieme di fantasie inconsce, spesso fantasmi che dominano la nostra mente, quando scacciano con forza i pensieri coscienti e sono sostituiti da ansie, paure, angosce, fobie, sintomi di catastrofi abbandoniche, depressioni, vari sintomi somatici, ecc.
Le emozioni, i sentimenti che derivano da esperienze in particolare precoci ci parlano all’interno di noi stessi, cioè all’interno del mondo meno conosciuto, quello interiore che per giunta è inconscio, neurovegetativo dal punto di vista del corpo.
La psicoterapia psicoanalitica si occupa proprio di quel mondo che è assai vasto e non cosciente, ma che esistendo fa sospettare della sua esistenza attraverso i sogni e certe fantasie sciolte, non controllate dalla coscienza, nonché nel caso di severe psicopatologia attraverso alcune visioni deformate o deliri o voci deliranti. Quelle fantasie e pensieri inconsci del cui fluttuare in noi stessi è difficile accorgersi perché siamo vigili e attenti alle faccende quotidiane, testimoniano e confermano l’esistenza di questa realtà.
Si può percepire pertanto il come e il quanto il mondo interno condizioni la nostra vita cosciente e come sia parzialmente sottoposto al controllo della ragione spesso ad essa sfuggendo. Non si può ignorare la vita psichica interiore e inconscia che è in conflitto con la ragione perché il mondo interno è molto più vasto di quanto si creda, perché porta con sé tutta la nostra storia remota e forse anche quella primitiva di altre generazioni come voleva Jung, (mondo archetipo).
La ragione grazie alla quale l’umanità è incredibilmente evoluta, costituisce però spesso una difesa che nega le nostre pulsioni naturali e fantasie inconsce.
Tali pensieri e fantasie inconsce risuonano in noi come interlocutori che ci trasmettono tutte le nostre emozioni percepite sotto forma di personaggi invisibilii che ci parlano dentro. Possiamo immaginare e riconoscere grazie al lavoro psicoanalitico questi ultimi come personaggi teatrali che dialogano con il nostro Ego, (io esisto, io protagonista, funzione propriocettiva di Sé) all’interno di noi stessi particolarmente mentre dormiamo, ma anche durante il giorno.
I pensieri e fantasie notturne si identificano con i sogni, quelli diurni sono sogni ad occhi aperti.
I grandi scrittori che fanno grande la letteratura lo hanno sempre saputo da Dante a Shakespeare, da Hugo a Joice, da Svevo a Dostoevskij da Tolstoj al nostro Pirandello, ecc. che le loro opere letterarie derivavano in parte dai loro personaggi interiori.
Il dialogo con i nostri personaggi interiori da parte dell’Ego non è razionale, ma segue una grammatica e una sintassi diversa apparentemente incomprensibile, come è appunto il linguaggio dei sogni: tali dialoghi si svolgono al di fuori del tempo e senza spazio cosicché è difficile decodificare il linguaggio di certe fantasie oniriche e anche interpretare i segnali del corpo quando esse producono emozioni di gioia o d’angoscia, benessere, malattia, ecc
Le neuroscienze ci raccontano come le reazioni emotive dovute ai movimenti psichici come lo stato dell’umore, influenzino dalla mente al cervello alcuni neuroni ed assoni. I milioni di anni della evoluzione hanno disegnato il nostro cervello per rispondere alle nostre emozioni.
Grazie alle mutazioni genetiche alcuni nostri antennati sono stati in grado di superare gli ostacoli e di riprodursi meglio di altri ed hanno trasmesso ai discendenti queste caratteristiche biogenetiche. Tutti noi nasciamo quindi con un programma biologico, la cui realizzazione si è con il tempo sempre modificata, evoluta, adattata.
Ora nell’Homo sapiens, a livello dell’encefalo partono così stimoli dal profondo talamo, cioè dal sistema limbico: questa parte interna e antica del cervello si divide in una parte più recente e di superfice, corticale che contiene l’ippocampo, l’ipofisi (memoria esplicita o dichiarativa) e più ancestrale, subcorticale.
L’asse ipotalamo–ipofisi–surrene è il principale mediatore ormonale della risposta allo stress. Infatti nella parte subcorticale del sistema limbico, cioè nella parte più antica e profonda del cervello sono riunite una serie di strutture cerebrali e un insieme di circuiti neuronali connessi al lobo limbico contenenti la amigdala (memoria primordiale, memoria implicita automatica).
Il sistema limbico è connesso al sistema neuroendocrino che permette il contatto e l’integrazione tra sistema n. automatico, vegetativo che promuove la secrezione di neurotrasmettitori che influenzano il tono dell’umore.
Il sistema endocrino emette infatti per ordine del cervello neurormoni come serotonina, dopamina che trasmettono e alzano il buon umore, oppure come cortisolo, adrenalina, noradrenalina che stimolano l’attivazione del sistema nervoso vegetativo e uno stato di allerta, nonché l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna, della conduttanza cutanea, e di altre misure psicofisiologiche, contribuiscono una disregolazione della via noradrenergica.
Oggi quindi sappiamo che le contrapposizione del mondo conscio a quello inconscio trova il supporto nel cervello tra parte corticale e subcorticale: questa ultima che appunto include prevalentemente il sistema limbico, corrisponde infatti a quello che Freud chiamava processo secondario e primario cioè conscio e inconscio.
I processi psichici che condizionano il tono dell’umore trovano conferma appunto nella funzione dei neurotrasmettitori ormonali che condizionano chimicamente la vita psichica nell’aspetto ciclotimico e affettivo.
Inoltre sappiamo che l’emisfero destro dell’encefalo svolge la funzione psichica inconscia e affettiva e di intuire, di sentire la musica, di predisposizione al disegno, ai processi fantasiosi, alla creatività, ai colori al di là del temo e dello spazio come nel mondo dei sogni.
L’emisfero sinistro del cervello ha a che fare con la mente razionale, cognitiva che impara il linguaggio, la scrittura, conosce i numeri, i ragionamenti logici inseriti nello spazio e tempo proprio quando siamo svegli e attenti a qualcosa di concreto. I due emisferi sono collegati tramite il che li coordina e collega anche la corteccia cerebrale con il midollo allungato.
Il Ponte aiuta nel trasferimento di messaggi del sistema nervoso tra le varie parti del cervello il midollo spinale. Nel cervello femminile si osserva un Ponte più spesso rispetto a quello del maschile. Si è ipotizzato che la donna sia in grado di far funzionare in contemporanea i due emisferi cerebrali.
Questo potrebbe implicare che una donna laureata in ingegneria sia in grado di essere anche una poetessa.
III parte
Ma come si accennava, 20 anni or sono le cose per la psicoanalisi andavano diversamente.
Secondo Karasu (1989) infatti già negli anni 80 in parte a causa del fatto che la psicoanalisi negli USA era entrata in crisi, si diffusero rapidamente 800 tipi di psicoterapia nella sola California.
Un’altra ragione che provocò tale crescita delle improbabili psicoterapie in alternativa alla tecnica psicoanalitica introspettiva si deve al vasto territorio americano che costringeva a viaggiare continuamente da uno Stato ad un altro. Pertanto cercare cure rapide anche se incomplete o addirittura fuorvianti per giunta meno costose rispetto alla psicoanalisi era diventata una moda.
Il boom degli psicologi ancora non psicoterapeuti raccontava una società americana multietnica instabile, in tormento nevrotico che richiedeva risposte comportamentistiche immediate per gestire i sintomi senza pensare, (crisis manegment).
Molti americani si sentivano coccolati ogni qualvolta sorgevano ansie che venivano prontamente sedate da parte degli psicologi anche tramite risposte telefoniche ad hoc.
Questa modalità a distanza è stata adottata recentemente anche in Europa per motivi legati al lockdown a causa del Covid.
Certo Freud che vedeva nella psicoanalisi l’unica risorsa psicoterapica efficace perché si proponeva di arrivare alle cause dei sintomi, nell’immaginare un possibile setting psicoanalitico così variato si sarebbe rivoltato nella tomba? Oppure forse il Maestro essendo aperto alle novità e al cambiamento non sarebbe stato così rigido da rifiutarlo d’emblée?
Comunque a quei tempi negli USA la metapsicologia psicoanalitica era considerata impegnativa e il metodo di cura appariva troppo costosa perché richiedeva un impegno protratto nel tempo con una frequenza settimanale piuttosto alta. Da notare che i pazienti di Freud si distendevano sul sofà per le sedute tutti i giorni eccetto la domenica, perché il Maestro riteneva che la frequenza alta avrebbe contenuto le angosce del paziente procedendo a una certa velocità nel viaggio psichico così come gli argini di un fiume più sono alti, maggiormente dovrebbe l’acqua scorrere in esso velocemente: allo stesso modo l’alta frequenza delle sedute avrebbe dovuto garantire una maggiore stabilità nel paziente.
Sebbene la psicoanalisi fosse stata portata da Freud insieme a Jung e altri colleghi negli USA sin dal 1909 (Le 5 conferenze alla Clark University) e là si fosse rapidamente diffusa, negli anni 70/80/90 il bisogno di gestire i sintomi nevrotici nella popolazione americana costringeva a rinunciare a una cura selettiva verso i pazienti motivati, attenzione che richiedeva tempo e denaro.
Inoltre l’americano medio non amava distenersi sul lettino per più di una/due volte la settimana e associare le fantasie durante l’ora di analisi su ciò che scorreva in se stesso.
Una delle prime resistenze della persona alla cura psicoanalitica sorge come preconcetto secondo cui, ascoltare se stessi significherebbe immaginare mostri terrificanti che abiterebbero a il proprio interno e quindi inaccettabili per molta gente. Inutile dire che tali preconcetti da parte dei soggetti stessi dovrebbero invece diventare oggetto di cura, perché indicano una presunta scarsa fiducia in se stessi
Negli Stai Uniti queste paure, insieme all’alta frequenza delle sedute che erano previste presso a poco in quei anni, il costo complessivo, la necessità di viaggiare molto da parte dei pazienti che lavoravano, la relativa lunghezza del trattamento psicoanalitico, indusse anche le assicurazioni che coprivano mensilmente la spesa a cercare interventi terapeutici più corti e centrati solo sui sintomi.
In sintesi, la psicoterapia psicoanalitica ha ripreso oggi il prestigio che ha sempre meritato pur nel periodo durante il quale i detrattori la annoveravano come pseudoscienza.
Effettivamente alcune contraddizioni che furono evidenziate negli anni 70/80 anche da molti osservatori psicoanalisti americani oltre i filosofi della scienza quali Poper, come George Klein negli USA (1970 ) e Fossi (1981) in Italia indicavamo che le metafore che Freud stesso aveva dovuto usare per sistemare teoricamente l’apparato psichico, in mancanza di conoscenze sulla neurobiologia dell’800 erano state reificate e usate come fossero concretezze su cui contare a livello scientifico. Inoltre la duplicazione dei concetti risentivano di un’atmosfera e di una logica del tutto romantica: l’Ego era in contrapposizione al No-Ego. L’inconscio in contrapposizione al conscio.
La denominazione dei meccanismi di difesa dell’Ego erano presi a prestito dalla Fisica dell’800, come sublimazione, condensazione, ecc.
La psicoterapia psicoanalitica ha colmato queste passate lacune, ben integrandole con il sistema neurologico e non in contraddizione con la Psicologia Sperimentale e con la Fisica Moderna.
Per quel che riguarda la tecnica e il setting psicoanalitico non è più rigido come un tempo.
L’uso del sofà è a discrezione della coppia analitica cosicché il face to face può essere una modalità adottabile, specie con pazienti che temono la posizione supina immaginando impotenza e sottomissione al medico. Anche la frequenza delle sedute considera il tempo e le possibilità economiche dei pazienti e un setting once a week può essere accettato, seppur la cura sarebbe più efficace se le sedute fossero 2 alla settimana.
Ciò che rimane un prerequisito per iniziare una psicoterapia psicoanalitica riguarda la motivazione a sostenere un percorso laddove ascoltarsi, raccontarsi e un’apparente dipendenza fanno parte degli scopi della cura. Il senso del pudore che è bene che sia in tutti noi, non dovrebe valere troppo durante le sedute di psicoanalisi poiché la coppia analista e analizzante desidera collaborare per lo stesso fine che è in generale una fortificazione del Self e il raggiungimento della sua autonomia.
Quella che appare una dipendenza oppressiva con il timore che si cronicizzi è in realtà il tipo di situazione antica spesso nucleare che si evidenzia attraverso le emozioni del paziente, ma che è oggetto sia di cura, sia di risoluzione.
Bibliografia
Darwin, C. (1871). L’Origine dell’Uomo e la Scelta Sessuale. Milano, Rizzoli (1997).Freud S. (1895) Progetto di una Psicologia –
Freud, S. (1927). Post scritto a: Il problema della analisi condotta dai non medici. Boringhieri
Freud S. 1892-1899). Progetto di una Psicologia tradotto da Bollati Boringhieri 1982
Fossi, G. (1981). La dicotomia teorico-osservativa. Riv. Psicoanal.,27: 239-258.al gene alla Psicoanalisi evoluzionista ed alla Psicoterapie). WWW. ilmiolibro.it
Klein G. (1970) La teoria ia psicoanalitica —- R. Cortina Milano.
C.G. Jung ( 1912 )La libido: simboli e trasformazioni tradotto da NewtonCompton editori 1975
Popper,K. (1934). La Logica della Scoperta Scientifica. Torino, Einaudi 1970.
Karasu.T.B. (1989 ) . New frontiers in Psychotherapy. J.Clin. Psychiatry, 50:46-52
Wundt W. Vedi Mucciarelli, G. (a cura di) (1985). Wilhelm Wundt. Antologia di scritti. Bologna: Il Mulino.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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