Molta gente confonde lo psicodramma con il teatro, oppure questa parola suona come una messa in scena esibita e ridicola e, una specie di litigata alla napoletana tra gente normale che si mette in vista, chiedendo attenzione e pubblico, rendendo più drammatico qualcosa che non lo sarebbe.
Non si tratta di teatro, né di catarsi, come intendevano gli antichi greci, cioè di semplice sfogo, catartico di ciò che opprime l’anima, cioè il mondo interiore. Il mondo interiore non va espulso, ma lo psicodramma favorisce la digeribilità delle esperienze indigeste: occorre, infatti, diventare sufficientemente padroni di noi stessi per amministrare la nostra libertà e potenzialità delle nostre azioni.
Si tratta dunque in primo luogo, di una psicoterapia su un piccolo gruppo (otto o dieci persone) che si svolge lungo un’ora e mezzo di tempo una, o due volte la settimana, spesso, durante le ore serali.
Lo spazio tecnico necessario consiste una stanza di media grandezza. Le sedie disposte a cerchio, e poste aderenti alle pareti consentono di mantenere al centro uno spazio vuoto che servirà da piccolo palcoscenico.
In questo spazio tanto concreto quanto simbolico, alcune azioni, sollecitate da emozioni spontanee dei vari partecipanti, sono espresse secondo un copione che è proposto da uno dei partecipanti e scelto dallo psicoanalista in base all’opportunità di rappresentare un tema psichico importante.I partecipanti cercando di non preoccuparsi di essere troppo intelligenti, o scrupolosi cercano di raccontare se stessi, così come esce la voce, o il pensiero di quel momento, anche seguendo un ordine sparso o poco logico. Più ci si avvicina all’idea di un racconto sognante meglio è!
Tutti raccontano e tutti si ascoltano. Il mondo psichico si muove nel gruppo e le associazioni mentali diventano tante e possono essere comunicate.
Lo psicoanalista principalmente ascolta e riferisce alcune intuizioni a tutti i singoli, anche allo scopo di far risaltare certe specifiche dinamiche che diventeranno percepibili agli altri del gruppo.
In questo modo, il pensiero che scorre diventa nutritivo e creativo di fantasie e immagini.
A questo punto, quando ciascuno che ha parlato, e ha anche ricevuto qualche stimolo, succede che aspetti psicologici sottostanti si muovono all’interno del gruppo, così possono essere espressi con il corpo che inevitabilmente già invia messaggi. Non si tratta di recitare come in teatro, ma di seguire di massima il copione raccontato da qualcuno che è stato scelto, per esempio un evento o un sogno rappresentabile nel hic et nunc, (qui e ora).
Il gioco che ora si svolge ha come fine: mettersi nei panni dell’altro. Si chiama: role-playing
Gli altri partecipanti s’identificano pure con gli attori che giocano e automaticamente possono scoprire di avere molto in comune, proprio alcune tra le stesse dinamiche anche appartenenti al passato; ma questo che accade lì e ora si trasforma in qualcosa di utile per tutti.
Questi ultimi sono spesso presi da desiderio di doppiare i giocatori dello psicodramma. Doppiare significa aggiungere qualche frase, con voce delicatamente differita dal discorso del copione già in atto, quasi suggerire usando una voce alternativa per arricchire i giocatori di quel che non sentono o non vedono. Si tratta di fornire un aiuto che aggiunge altri vissuti possibili e rinforza i punti di vista altresì possibili aggiungendo la voce di interlocutori che parlano in e con se stessi, ma che ancora non si sentono.
Ciascun singolo, uno per volta, può rapidamente situarsi alle spalle del giocatore scelto, senza interrompere il discorso in atto dei giocatori (a volte più di due) che stanno sullo spazio del palcoscenico.
A questo punto avviene il reverse playing con il quale a volte si comincia, per convenienza tecnica, e che consiste nell’invertire da parte dei giocatori la propria posizione mettendosi e interpretando l’altro, avendo imparato ancora meglio la parte dell’altro, avendo, precedentemente, già giocato il role-playing. Altre fantasie osservazioni ottenute dal movimento del corpo, dalle sue varie espressioni emotive di varie comunicazioni diventano visibili.
Gli interlocutori interiori che noi non conosciamo ancora diventano presenti, le voci che ci parlano dentro sono ora conciliabili con l’Ego di noi stessi e il Self diventa più ricco.
Vi ho descritto in generale, la psicoterapia, la cura con lo psicodramma. La tecnica psicodrammatica, inoltre può essere anche usata per sistemare con maggior chiarezza conflitti istituzionali o privati, educativi, dove lo scambio è frainteso. Cito esperienze con gruppi di giudici del tribunale e cancellieri, Cliniche con primari medici e infermieri. Aziende con conflitto del personale possono esser aiutati a sciogliere la confusione. La comunicazione in questi casi perde la sua non simmetria e quindi diventa conflittuale perché il potere in modo inconsapevole, sta da una sola parte.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Ho avuto modo di osservare come la confusione tra la catarsi e l’esperienza teatrale con lo psicodramma analitico, citata nelle prime righe, si dissolva più semplicemente dinanzi al confronto tra esperienze personali avute con la tecnica dello psicodramma analitico.
Mi chiedo, poi, quanto un’istituzione, che sia capace di leggersi progressivamente attraverso gruppi di psicodramma analitico, debba avere una certa sensibilità emotiva: per così dire insita in sè, come una curiosità o capacità di “sognare” e “sognarsi”, coniugando aspetti emotivi e professionali?
Raffaella
Che bell’articolo!!! Faccio psicodramma analitico da ormai 11 anni…e finalmente un professionista che con poche pennellate descrive efficacemente il senso di una psicoterapia a orientamento psicoanalitico che non venga con-fusa con “si fanno scenette” o si recita a teatro, con assoluto rispetto per queste attività ovviamente. Complimenti, Roberta