Un’amica americana di New York City che ama molto l’Italia viene ogni anno a farmi visita a Bologna per poi intraprendere viaggetti per visitare lungo il nostro territorio italiano perlustrando tutte le città d’arte e i luoghi interessanti.
Mi ha fatto spesso notare che quando lei durante i periodi di vacanza, cercando un ufficio pubblico, o un luogo pubblico, quale la prefettura, una farmacia, un ufficio amministrativo oppure postale, persino un bar, un cinematografo, non riesce subito a trovarlo sebbene le informazioni ottenute siano state esatte.
La ragione è data dal fatto che le entrate-uscite di quel posto sono occultate da gruppo o gruppetti di persone che si mettono a chiacchierare davanti all’accesso.
Non ho saputo mai risponderle, e però ho notato che in effetti, succede anche a me di far fatica a individuare l’entrata di una particolare bottega in una città o meglio ancora di più in un paese che non conosco, proprio perché rimane nascosto dalla gente che si pone davanti: ed è come se non potessi riconoscere l’ufficio, perché appare come se non ci fosse. Dove ? – chiedo io? Là dietro quel gruppo di persone, guardi dietro, c’è l’entrata, in alto è segnalato con il nome, ma è scolorita– mi si risponde gentilmente.
Bisogna a volte sapere che esiste perché si é già frequentato, per riconoscerlo, come accade nella città in cui si abita che proprio lì c’è quel che si cerca e si entra a colpo sicuro, chiedendo, permesso! alla gente che si é accalcata sulla soglia dell’entrata di quel luogo.
Noi italiani facciamo gruppo sociale familiare facilmente, ma questa abitudine di fermarsi davanti alle entrate-uscite non spiega perché ci si ferma proprio lì! Non si potrebbe parlare agli altri che si sono uniti e vogliono di la propria opinione, muovendosi di qualche passo, lasciando libero il passaggio ?
Mi appare come se ci fossero tanti bambini che si aggregano davanti a un luogo protetto, familiare.
Questa gente per esempio davanti a un ufficio amministrativo, territorializza l’accesso davanti alle entrate per discutere di problemi, magari connessi con i motivi per i quali sono entrati, magari scambiandosi informazioni preventive.
Spesso si consiglia di ritornare all’ufficio pubblico preparati con certi documenti burocratici per riuscire a scorrere più facilmente ad un altro sportello dell’ufficio pubblico e ottenere permesso.
La burocrazia in Italia, si sa ,è terribile, bisogna ottenere tante piccoli certificati dichiarazione e auto-dichiarazioni, firme, documenti di residenza, fotografie recenti, documento d’identità, ecc
Oggi molta burocrazia per fare domande e ottenere permessi, licenze sono smaltite dal computer, ma c’è chi non sa usarlo a dovere!
Come dicevo, questo fenomeno di sociale aggregazione in gruppi che intralcia le entrate avviene ovunque ci sia un luogo pubblico, a meno che non stia piovendo o nevicando: è un fenomeno italiano e forse mediterraneo oppure di tutti Paesi latini?
In alrtr Paesi la gente scorre per strade, individua i luoghi giusti per parlare ma lascia correttamente liberi passaggi alle entrate.
Il bisogno di contatto sociale, di solidarietà, forse anche di sfida, di padronanza, perché spesso ci si lamenta di qualcosa che non va, rispetto alle leggi vigenti e ciò accade proprio davanti a quel luogo.
Le ragioni ci sono e sono sacre quelle per le quali tanta gente ha spesso ben ragione di protestare per qualcosa di eccessivamente amministrativo, burocratico, costoso, inadeguato.
Non credo che il fatto di mettersi davanti alle entrare dei luoghi avvenga per mancanza di educazione, (che a volte potrebbe anche starci ), ma per uno spirito di fratellanza carbonara, per un bisogno di contatto fisico che unisce la gente che ha lo stesso interesse e l’accesso dell’istituzione.
La distanza di sicurezza che si mantiene nei Paesi del Nord è mantenuta civilmente in tutte le occasione all’insegna del non toccarsi, dovuta a una sensibilità ispirata al rispetto civile e sociale: è lo stesso spirito per il quale le file che si creano per ottenere un biglietto d’entrata, per esempio ad uno spettacolo, sono ordinatissime e pazienti.
Non è la mia una critica verso il mondo latino, ma un’osservazione delle differenti culture.
Noi italiani in media, siamo generosi, educati e rispettosi degli altri, ma non distinguiamo bene l’atteggiamento affettuoso familiare dal funzionamento civile.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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