Quando ero bambino, forse avevo sei anni, quando in un garage di una casa antica, mio nonno materno conservava una Fiat Balilla e Fiat topolino tipo A, quella con i fanali sporgenti dalla carrozzeria. Ricordo di essere entrato in quelle auto e di averle esaminate, studiate, toccate , odorate. Si, perché emanavano un odore di benzina, di motore, di meccanica, un odore del tutto particolare.
Ricordo come quelle auto si mettevano in moto: si azionava il contatto con la chiave e traendo un specie di tirante dopo aver attivato il tirante dell’aria. Il motore si accendeva, non al primo colpo, scoppiettava qualche volta, e rischiava di ingolfarsi. Allora c’era il carburatore che carburava aria e benzina piuttosto male, c’erano gli indicatori di svolta, le cosi dette frecce, concepite come semplici stecche di catarifrangente che uscivano a destra o a sinistra, senza lampeggiare e veramente essere viste, se non con molta attenzione da parte degli altri automobilisti. Le gomme molto sottili e alte davano ancora l’idea di una carrozza dell’ottocento, tirata dai cavalli. Che fascino !
A miei tredici anni le auto erano sparite, ma avevo imparato a usare la frizione delle auto come la nuova millecento e imparato a muoverle entro un ristretto spazio di manovra, e così mi sembrava di saper già guidare.
Le automobili erano allora quasi costruite artigianalmente. Il fascino delle auto inglesi mi avrebbe sempre attratto, la MG, la triumph TR3 e TR4, la Spitfire, la mini-cooper, la Jaguar E, ecc.
Le Alfa Romeo mi affascinavano pure: la giulietta berlina, quella spider, la duetto, ecc
Erano macchine costruite con altre concezioni di costruzione, non standardizzate.
Perché tanto stupore e fascino ?
Penso che l’auto rappresenti per molti di noi, sia in senso psicologico sia simbolico, una piccola casa vagante dentro la quale ti piacerebbe viaggiare e portare con te ciò che è più prezioso.
Alle auto ci si può molto affezionare come se fossero oggetti animati. Si può stabilire inconsciamente un dialogo.
So che per molte persone non è cosi: le auto sono considerate solo mezzi di trasporto verso i quali non si rivolgono sentimenti, ma solo indifferenza. L’importante è che funzionino e non ti lascino a piedi. Se le auto sono veloci o lente, è lo stesso, meglio se non sono tanto potenti perché le auto con tanti cavalli di potenza possono essere pericolose, perché troppo veloci, come se potessero diventare incontrollabili. Non sarebbe proprio cosi, ma sarebbero più controllabili.
Sembra a alcuni di noi invece che le auto d’epoca ti riportino a teatri storici della mente che ricordano tante esperienze che abbiamo vissuto: alcune tristi e drammatiche, altre molto belle.
L’auto d’epoca è innocente, non ti tradisce mai.
Lei ti guarda, seppur rimane ferma, ti fa la sorpresa di obbedirti ancora, accetta spesso di andare in moto e viaggia nella sua logica di un tempo con il suo tipico rumore di motore e odore di benzina e di tessuto del quale è rivestita nei suoi interni. Il volante è in qualche caso in legno, il cruscotto grande, stile laboratorio, magari all’interno di fasce in mogano e i sedili sono rivestiti di morbida pelle spiegazzata o di cuoio consunto.
Ogni epoca evoca ricordi speciali, teatri mentali unici.
Se vediamo le auto in uno scenario di un film, sono le auto che ci suggeriscono l’esatto anno storico nel quale certi avvenimenti sono raccontati e svolti, non i vestiti e nemmeno le acconciatura femminili e maschile che spesso sono fuorvianti.
Le auto continuano ad esistere da quando sono nate, con piccoli aggiustamenti, mentre i vestiti debbono essere rifatti dalle sartorie teatrali.
Un domani forse le auto saranno solo d’epoca perché i mezzi di trasporto saranno sempre più pubblici e assai veloci.
Conserviamo le nostre auto con rispetto e amore come simbolo di una civiltà che ha mantenuto la sua vitalità storica!
E’ possibile innamorarsi degli oggetti inanimati ?
Ci innamoriamo oltre che delle persone, degli animali che sono meravigliosi, anche quelli non domestici, ci innamoriamo delle piante e di tutta vegetazione. Ci innamoriamo persino delle rocce sul mare, dei monti ecc, ma del ferro, dell’acciaio, della baccalite, della gomma, del vetro?
Ebbene si, se questi materiali contribuiscono alla scocca di una bella auto specialmente se questa porta con sé dignità ed è anche rappresentativa della nostra casa simbolica, quando un ragazzo sente di possederla e poterla guidare mentre gli sta obbedendo .
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Le occasioni in cui ho avuto modo di vedere in moto un’auto d’epoca sono legate a celebrazioni speciali in città come Roma, Bologna: dove il traffico si devia per questa particolare circostanza, non potuto però, salirci, ma leggendo, invece, ripensavo al mio rapporto con le auto.
Fin da bimba, infatti, giocavo spesso con le macchinine, le collezionavo, con un pò di stupore degli adulti, inoltre con la baby-sitter andavo spesso fuori città in auto per divertimento : era bello ai miei occhi, perchè un’esperienza diversa e un pò misteriosa solitamente, poi, potevo suggerire una meta preferita.
Da adulta, invece, il rapporto con le auto, ( la prima ha preso fuoco durante un passaggio in città), in particolare l’esperienza della guida è diventata piuttosto altalenante, per le esperienze di un certo personale vissuto, che mi ha trovato a volte molto capace: a detta di altri, ed altre decisamente “fuori forma” per usare un eufemismo: forse in un certo senso sono molto “affettiva” nel rapportarmi alle automobili?
Raffaella
Bellissimo articolo. Sì, penso proprio che ci si possa innamorare delle auto, che leghiamo a periodi particolari della nostra vita. “Toh, guarda una 500. Era l’auto con cui mia madre veniva a prendermi a scuola”. “Una Giulia: ce l’aveva il padre del mio migliore amico”. Non c’è dubbio che le auto di un tempo avessero un’anima e difficilmente si potevano confondere anche da lontano, come purtroppo accade oggi in epoca di standardizzazione e conformismo stilistico. C’erano i grandi carrozzieri che personalizzavano auto di serie e poi le mettevano sul mercato; c’erano gli elaboratori che aggiungevano un po’ di cavalli al motore di un’utilitaria, rendendola anche esteticamente più cattiva e con una moderata- anche se non modica-spesa maggiore ti facevi l’auto sportiva, pure se non potevi permetterti la fuoriserie. Forse sono tutti questi motivi che mi spingono ormai da qualche anno a visitare la rassegna “Auto e Moto d’Epoca” che si svolge a Padova in ottobre. E -chissà-sono forse gli stessi motivi che hanno indotto alcune Case a lanciare con successo sul mercato il remake di alcune autentiche icone su quattro ruote. Amate non solo da chi ha vissuto le originali, ma anche dai giovani.