Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Freud costruì il setting, cioè l’ambiente fatto di atmosfera con poche normative, considerato una specie di laboratorio adatto e funzionale a lavorare sul racconto e libere associazioni del paziente.
Il setting includeva alcuni comprensibili limiti: l’orario da rispettare, l’uso del sofà, o lettino, cioè un dormier comodo, un tempo limitato nello svolgimento della seduta, un onorario mensile.
Lo psicoanalista è collocato a sedere dietro le spalle del paziente rilassato sul lettino, non incontra lo vista dello psicoterapeuta al fine di differire gli sguardi che possono inibire il pensiero libero ed emotivo di entrambi i protagonisti della coppia.
Il fine dell’analista era, ed è, ascoltare il mondo interno dell’analizzante che si esprime con fantasie libere ed emozioni. Il fine è assorbire tale mondo interiore per comprendere empaticamente e restituire i nessi che aiutano il paziente a metabolizzare e a essere più padrone della propria esistenza.
Per curare si debbono sciogliere certi legacci che rendono la vita dell’interessato stereotipata come in una prigione secondo una coazione a ripetere senza mai potersene liberare.
Anche Giacomo era prigioniero della casa Leopardi, del padre, Conte Monaldo e della sua immensa libreria.
Era prigioniero di un Borgo selvaggio, pieno di pregiudizi popolari, con pochi stimoli poche aperture al futuro.
Era prigioniero del suo corpo striminzito, piccolo, debole e ingobbito.
La bella natura, compresa quella femminile che tanto amava, gli era lontano, ma da sempre da lui sognata.
I suoi lamenti catartici, al di là del suo ottimismo, diventano versi sublimi.
Un esempio, tra i più facili da comprendere, il suo Infinito.
Come il setting psicoanalitico, funziona da limite per creare al di là del blocco la libertà di spazio mentale. Serve ad ascoltarsi ed elaborare ciò che è mal seppellito e bloccato, così la siepe del colle di Recanati funzionava per Leopardi.
Sembra che la simbolica siepe di Recanti apra a Giacomo un mondo di sentimenti profondissimi, un mondo di silenzi sovrani, di profondissima quiete che senza spazio né tempo, come nei sogni, spaventa tanto è radicalmente profonda ed immensa. Però è bello e dolce sentirsi liberi e non oppressi, sentirsi vivi e risorgere dalla prigionia.
Il silenzio può spaventare, ma è liberatorio ed è dolce nella sua radicale infinità.
Apre il cuore alle fantasie più profonde e creative.
Setting e siepe possono avere qualcosa in comune: limitare, ma al tempo stesso, stimolare ad andare oltre, verso il volo libero e creativo.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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