Si può tradire il partner anche lavorando sempre

Si può tradire il partner anche lavorando sempre

Certo che non si tratta di vero tradimento: le compagne o compagni, cioè uno dei due partner, con cui si vive insieme da anni vorrebbero andare in vacanza, magari anche con il non più piccolo bambino, ma lei o lui lavorano sempre nel ruolo di professioni freelance.

Nel passato remoto si considerava che fosse più l’uomo a rasentare la psicopatologia sempre più diffusa che il mondo anglosassone denomina Itso, cioè da Inability to swich off, incapacità di staccare dall’attività lavorativa, oppure work aholic o addiction, cioè forte dipendenza compulsiva dal lavoro, ma da tempo le donne spesso lavorano anche più degli uomini, considerando le attività familiari e altro.

L’altro partner invece, desideroso di andarsene un po’ in vacanza, viaggiare o altro, si sente, pur con tutta la comprensione possibile, un po’ tradito o tradita.

Certo che si può andare in vacanza da soli o con amici e altro, ma preferibilmente, sarebbe più piacevole condividere con la persona con cui si hanno molte affinità e affetto.

Ci sono situazioni lavorative che si giustificano molto bene in quanto il partner non può per motivi professionali, interrompere quasi mai il proprio lavoro.

Ci sono situazioni di altro tipo che sono oggetto di infelicità per la parte di chi subisce l’assenza totale della vacanza insieme al partner: il rifiuto della vacanza preoccupa chi deve rinunciarvi perché apparentemente non ci sono soluzioni.

Il partner desidera lavorare perché è addicted, cioè dipendente compulsivamente?

Gli ormoni come cortisolo e quelli adrenalinici, dopaminergici si scatenano dall’ipofisi e l’organismo non può interrompere l’attività frenetica perché compensano il tono dell’umore della persona mantenendola su di giri.

Forse l’uomo o la donna compensa la melanconia endogena, antica o provocata dalla situazione affettiva recente o altre frustrazioni.

Nel caso si tratti di problemi compulsivi, si profilerebbe per lui o lei in vacanza, una situazione psicologicamente dannosa a causa della sospensione del ritmo di attività.

Secondo lo stile di riposo proposto dal partner, prevarrebbe nella calma della vacanza un senso di smarrimento sconcertante e la sensazione di perdita di padronanza delle cose.

Ma ci si domanderà, il desiderio di condividere con il partner tempo e spazio di non lasciarla/o solo/a, non vince la resistenza di attrazione verso il lavoro?

In alcuni casi, sembra proprio di no!

Ecco allora che l’altro compagno durante le vacanze sente il tradimento.

Spesso purtroppo in questi casi, cioè nei casi severi, anche durante l’anno il lavoro può sembrare più importante che condividere una vita insieme al marito o moglie.

In casa infatti quei momenti domestici che includono il sonno e il pasto (quest’ultimo è frettolosamente affidato a una cena sobria), le espressioni del viso indicano distrazione o assenza.

Il punto complesso sta nel fatto che le persone che soffrono di dipendenza compulsiva da lavoro raramente desiderano curarsi.

Ricordo quando in passato qualcuno di queste persone, quelle che soffrono di questo disturbo, si era rivolto a me presso l’Università, ma come tutte le compulsioni, quando sono severe, è difficile che i protagonisti mantengano la costanza che una psicoterapia, specialmente a orientamento psicoanalitico richiederebbe: l’approccio di cura aiuterebbe a elaborare le cause più profonde di tale comportamento difensivo.

Purtroppo queste persone fuggono dopo poche sedute.

Anche se queste persone soffrono la loro stessa compulsività, prevale in genere in loro un senso di vergogna nel prendersi cura di se stessi che non possono dominare e così tornano a nascondersi nel lavoro frenetico che sembra a loro più appagante.

Per chi è abituato a godersi l’attivismo continuo e la propria euforia …penso che sia difficile accettare di fermarsi un po’ per conoscere se stessi.

Per questi pazienti compulsivi, penso che siano più seduttive certe psicoterapie con approccio cognitivo comportamentale, perché non richiedono troppo al paziente e permettono di aprirsi alle emozioni e sentimenti.

Penso comunque che prima o poi, per questo tipo di paziente che iper-lavora per difendersi da qualcosa, il sistema adottato come fuga da qualcosa che spaventa, non possa durare all’infinito.

Qualche alternativa più sana s’imponga nella sua personalità e deciderà di fare qualcosa di alternativo e di positivo.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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